Valorizzare l'olio extravergine di oliva come ingrediente distintivo: la parola a tre chef

Attraverso le opinioni di tre chef campani - Ernesto Iaccarino, Giuseppe Stanzione e Paolo Barrale -, una panoramica sull'olio extravergine d'oliva e sulla necessità di ridefinirlo come ingrediente nella cucina contemporanea

04 aprile 2024 | 12:03
di Vincenzo D’Antonio

Nonostante le tante cultivar che ci sono nel nostro Bel Paese, l’olio extra vergine di oliva quasi mai ha ruolo saliente nella ricerca e nello sviluppo di nuovi sapori e combinazioni originali che conducano a esperienze culinarie sempre più piacevoli e interessanti.

Insomma, quasi sempre l’olio evo è ancora inteso una commodity. Una parte dei ristoratori è ancorata a scelte di acquisto dettate dal costo piuttosto che dagli utilizzi in cucina.

Lo scenario degli oli nell’ambito della Dop economy

La categoria degli oli di oliva conta 50 denominazioni e rappresenta l’1,0% del valore alla produzione del comparto cibo Dop Igp e l’1,3% del valore dell’export agroalimentare Ig. La quantità sfiora le 13.500 tonnellate, con una produzione piuttosto abbondante nella campagna 2021/22 nelle regioni del Sud e una disponibilità più scarsa per alcune Ig del Centro e del Nord.

Le prime quattro produzioni (Terra di Bari Dop, Toscano Igp, Sicilia Igp, Mazara del Vallo Dop) valgono da sole il 74% circa della produzione totale. Circa l’utilizzo dell’olio evo nella ristorazione ci siamo giovati delle argomentate opinioni di tre talentuosi chef che operano in Campania, la regione in cui da un anno esiste l’Olio Campania Igp: Ernesto Iaccarino (Don Alfonso 1890 - Sant’Agata sui Due Golfi), Giuseppe Stanzione (Il Glicine - Amalfi), Paolo Barrale (Aria - Napoli).

Ridefinire l'Olio Extravergine di Oliva: da commodity a ingrediente d'eccellenza

La prima questione che poniamo sul tavolo impatta forte ed inequivocabilmente proprio sul concetto sopra espresso: così tante cultivar ed ancora la percezione che si ha dell’olio extravergine di oliva è melanconicamente renderlo assimilabile a commodity?

Al riguardo Ernesto Iaccarino così si esprime: «È vero quello che dici. Purtroppo, ancora oggi, in Italia e nel mondo, l’olio extravergine di oliva viene visto solo come una commodity e non come un ingrediente che può esaltare un gusto piuttosto che un altro. Su questo dobbiamo fare una riflessione. L’Italia è il Paese al mondo con il maggior numero di cultivar di alberi di ulivo. I nostri ulivi producono oltre 500 varietà di olive, corrispondente a circa il 42% delle cultivar di olive in tutto il mondo. In Spagna al secondo posto ci sono circa cento varietà. Tutta questa biodiversità nasce soprattutto da due fattori: uno, il microclima dell’Italia che è su un parallelo geografico magico dove ci sono le quattro stagioni; due, una conformazione morfologica quasi unica al mondo. La nostra Penisola è attraversata da nord a sud da una catena montuosa che sembra quasi una colonna vertebrale. Circondata dal mare Mediterraneo. Per quasi tutta la penisola abbiamo mare pianura collina montagna da nord a sud del Paese .Ora tocca a noi chef valorizzare questo incredibile patrimonio».

Analisi articolata, precisa, corretta che trova piena rispondenza in quanto ci dice lo chef Giuseppe Stanzione: «L’Italia possiede il maggior numero di cultivar di olive al mondo, oltre 500, ovvero circa il 42% delle cultivar di tutto il mondo. Grazie al successo della Dieta Mediterranea dove come ben sappiamo grano, ulivo e vite ne costituiscono i cardini, l’olio extravergine d’oliva ha vissuto un importante riqualificazione così divenendo uno dei prodotti alimentari più amati ed esportati nel mondo. Non è più inteso come un prodotto di “commodity” bensì come ingrediente di fondamentale importanza sia per i suoi benefici nutrizionali sia per la sua capacità di conferire carattere ed esaltare il sapore delle pietanze, potendo spaziare dai piatti più semplici e delicati a quelli più decisi e complessi, grazie alle diverse ed innumerevoli caratteristiche e sfumature che ogni cultivar presenta. Per racchiudere e dare idea in poche parole del grande utilizzo dell’olio evo nella nostra cucina, usiamo sempre dire “Ad ogni piatto il suo olio”».

Il cerchio si chiude con il pensiero di Paolo Barrale: «Io credo che attualmente l’olio extravergine di oliva sia l'ingrediente più in crescita tra quelli annoverati tra i tre prodotti cardine della Dieta Mediterranea. Ma non sottovalutiamo l'aumento del costo, al quale consegue un differente posizionamento dell’olio extravergine di oliva lo porta naturalmente ad una differente posizione»

Il paradosso dell'Olio Extravergine di Oliva: aumento dei costi, calo dei prezzi

Qui si comincia ad intravedere un paradosso apparente che andrà ad influenzare sin dalla prossima campagna olearia le dinamiche di mercato e, ad esse correlate, i disequilibri tra la domanda e l’offerta. Il paradosso è che aumentano i costi di produzione dell’olio evo e contestualmente c’è un calo generale dei prezzi.

Stralciamo testualmente quanto riporta il bollettino dello scorso 19 marzo:

“Nella corrente settimana è in ribasso il mercato degli oli di oliva italiani”.
Al mercato di Andria, l’Extra Vergine va dal minimo di 9.40 €/kg al massimo di 9.60 €/kg.

E vogliamo guardare un attimo i prezzi degli oli di semi?

Eccoli:

  • Girasole 1.00 € /kg
  • Mais 1.20 €/kg
  • Arachide 2.32 €/kg
  • Soia 0.95 €/kg 

C’è di cosa riflettere !

Qoco: ad Andria celebrazione della cultura gastronomica e dell'Olio Extravergine di Oliva

A proposito del mercato di Andria, capitale dell’olio extravergine di oliva, la scorsa settimana, proprio ad Andria, si è svolta la XVIª edizione di Qoco.

Qoco è il contest a scala gourmet capace di far incontrare la cultura gastronomica internazionale con quella locale attraverso un percorso articolato di prove ai fornelli, cene, degustazioni, tour, tutto fruibile dal pubblico. E arriviamo alla seconda considerazione: il fatto che raramente l'olio extra vergine di oliva entra nella ricerca e nello sviluppo di nuovi sapori e combinazioni che portino ad originali esperienze e a piatti particolari.

Qui la riflessione di Ernesto Iaccarino parte proprio da Qoco: «L’evento Qoco che si è svolto la scorsa settimana ad Andria assume significati più profondi rispetto ad una semplice gara gastronomica. Qui si sono selezionati alcuni tra i migliori giovani cuochi del mediterraneo facenti parte dell’associazione Jre che si sono sfidati su piatti a base di olio extravergine d’oliva, e viene premiato soprattutto l’abbinamento con la cultivar più giusta. Penso che questo sia un messaggio culturalmente molto importante, perché si prova a formare le generazioni future di chef all’uso appropriato di questa incredibile materia prima».

La vincitrice di “Qoco Un filo d’olio nel piatto”, è stata la cuoca vietnamita Hue Dinh Thi del Ristorante “Trippa” a Milano, con un piatto a base di verdure miste denominato ”Basta due fili”.

Olio Extravergine di Oliva in cucina: il ruolo essenziale degli chef e della diversità delle cultivar

Ascoltiamo cosa ne pensa Giuseppe Stanzione: «Non credo ci sia oggigiorno un piatto che venga preparato o completato come si suol dire, senza un filo d’olio prima di essere servito. L’olio evo è sempre più utilizzato in cucina, e diventa sempre più sostituto dei grassi presenti nelle più svariate ricette sia dolci che salate. Tuttavia, vero è che l’olio evo raramente è oggetto principale, assoluto, di partenza nello sviluppo di nuovi sapori e combinazioni che portino ad insoliti e d interessanti esperienze. E ciò accade un po’ per la sua composizione non semplice da bilanciare, e un po’ per il suo forte potere caratterizzante capace di annullare tutto il resto. Eppure, per creare nuove combinazioni e sapori interessanti con l’olio extravergine è sufficiente saper scegliere quello giusto e dosarlo con sapienza lasciandogli sprigionare la sua massima espressione nella sua più totale purezza».

Questo, invece, il pensiero di Paolo Barrale: «perché in un piatto mangi le proteine, che siano vegetali o animali non cambia; tuttavia, il punto di vista dell'olio è fargli svolgere solo il ruolo di lubrificante».

Giunge la domanda diretta rivolta ai tre chef: «Quali oli (intesi come cultivar) adoperi tu in cucina?»

Ernesto Iaccarino così risponde: «Per noi l’olio extra vergine di oliva è un ingrediente talmente importante che abbiamo deciso di acquistare un’azienda agricola per produrlo. Qui abbiamo oltre alle varietà locali (tipo la Minucciola o la Rotondella) anche alcune varietà che abbiamo preso da altre regioni d’Italia come il Frantoio (Toscana) e la Nocellara del Belice (Sicilia)» Soluzione vincente, senza dubbio alcuna, quella della famiglia Iaccarino!

Sentiamo Paolo Barrale: «Le tre cultivar che adopero prevalentemente in cucina sono Ravece , Monti Iblei, Penisola Sorrentina».

E Giuseppe Stanzione si esprime in modalità articolata: «Nella mia cucina gli olii e di conseguenza le differenti cultivar vengono scelti in base alle loro caratteristiche ed in relazione ai piatti proposti. Gran risalto, oltre che per la grande qualità, viene dato alle cultivar campane, anche per un fattore di territorialità e di tradizione. Non abbiamo in Italia un olio extravergine migliore di un altro, ognuno è un capitolo a sé, ognuno ha i suoi profumi, i suoi aromi le sue sfumature in base alle caratteristiche del territorio da cui provengono. Tra le cultivar che più utilizzo e che sono sempre presenti troviamo senza dubbio la Ravece e la Rotondella; poi spazio un po’ su tutte le eccellenze delle altre regioni proponendo mese per mese delle diverse cultivar; te ne cito alcune: Frantoio, Leccino, Carolea, Itrana, Coratina, Ogliarola».

Altra domanda diretta, rivolta agli chef: «Mi dici un tuo piatto, uno solo, dove l'olio è ingrediente connotante?»

Lo chef Paolo Barrale ci mette simpatico humour e risponde così: «Bufala, bufala, bufala».

Lo chef Giuseppe Stanzione così suadentemente racconta: «Pane all’olio, caramellato al miele di zagara e gelato all’olio evo delle Colline Salernitane. Un piatto che ho proposto negli ultimi anni dove l’olio è in assoluto l’ingrediente principe; è un piatto dolce, che prende spunto da un piatto di base salato della tradizione povera contadina, il classico intramontabile pane e olio».

Lo chef Ernesto Iaccarino ci dice: «In realtà utilizziamo in tutti i piatti le varie cultivar che produciamo. Nelle lavorazioni del pesce utilizziamo la Nocellara del Belice che è la varietà più elegante e meno tannica che abbiamo, per le verdure utilizziamo le cultivar locali anche per esaltare il territorio, mentre per le carni utilizziamo la cultivar Frantoio».

Gli spunti di riflessione sono tanti, ma qui ne esponiamo solo uno, il seguente. Esistono 50 oli tra Dop e Igp e quindi all’incirca altrettanti consorzi, il cui scopo statutario è tutela e valorizzazione. Ecco, e sia come tutela e sia come valorizzazione, ma non si pensa di effettuare momenti formativi per la ristorazione? Una domandina semplice. Tutto qui.

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Alberto Lupini


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