A fine febbraio, il Cerved lanciava l’allarme: 140mila attività sarebbero a rischio usura e riciclaggio. Il doppio rispetto all’anno precedente. Un dato che raccontava della fragilità a cui imprese e territori sono esposti a causa della crisi di liquidità indotta dal Covid e le conseguenti chiusure. Senza flusso di cassa e le spese che continuavano a correre, gli imprenditori sono diventati preda delle mire della criminalità organizzata. Un buco nero? Non proprio. A sostegno delle vittime di usura ed estorsione, infatti, gli strumenti non mancano. A partire dal Fondo di solidarietà nato da un’idea di Giovanni Falcone e che ora diventa sempre più strategico per sostenere le aziende che cercano di agguantare una ripresa legale.
A fare il tagliando del fondo, in collaborazione con il Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura è stata l’Università Bocconi di Milano. Insieme, a partire da luglio 2020, hanno istituito un Organismo permanente di monitoraggio e analisi del rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata. Un osservatorio dal quale sono emerse considerazioni e indicazioni per calibrare al meglio la lotta all’illegalità mafiosa; cominciando dallo stesso Fondo di solidarietà.
Eleonora Montani: «Con la pandemia l'usura è aumentata per bilanciare i mancati proventi da estorsione»
«La pandemia ha agito in modo diverso su usura ed estorsione», afferma Eleonora Montani che insieme a Michele Polo, Giacomo Rapella e Michele Vasca ha presentato, il 21 luglio, i primi risultati del monitoraggio alla presenza del prefetto di Milano, Giovanni Cagliostro e della ministra all’Interno, Luciana Lamorgese. «Da un lato – spiega Montani – l’estorsione è calata perché a causa di bar e ristoranti chiusi o esercizi commerciali che funzionavano a singhiozzo anche la criminalità organizzata ha sospeso la richiesta del pizzo tramutandosi in una sorta di welfare mafioso più diffuso e sottile. Dall’altro lato, l’usura ha visto aumentare l’attività in un momento di forte crisi di liquidità che ha permesso alle organizzazioni criminali di reimmettere nel mercato lecito capitali illeciti con due effetti principali: la messa a reddito di proventi di azioni criminali e legando a sé numerosi operatori del tessuto economico-sociale».
Infiltrazioni criminali, trend (purtroppo) nazionale
Un trend che è stato verificato su tutto il territorio nazionale: «È difficile pensare di fare una classifica dei territori più esposti. Di certo, ci sono Regioni in cui la presenza della criminalità organizzata è più capillare e organizzata come Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e pure Basilicata. Ma questa rete diventa sempre più pervasiva anche al Nord, senza alcuna distinzione fra centro e periferie», afferma Montani. A livello di settore, quelli più colpiti risultano essere la coltivazione e l’allevamento (15,9% dei casi), il commercio al dettaglio (15,2%) e l’attività di ristorazione (13,8%). «In alcuni casi – racconta Montani – abbiamo osservato come l’estorsione fosse considerata quasi un costo necessario per il proseguo dell’attività. In altri, quelli di usura, c’è stata una sottovalutazione della situazione che si andava instaurando. Eppure, è difficile non comprendere la reale matrice di un’offerta o richiesta di denaro. Chi accetta lo fa perché non conosce le alternative».
L'attvità del Fondo di solidarietà ha bisogno di qualche aggiustamento
Per uscire da questo circolo vizioso, le imprese possono far richiesta al Fondo di solidarietà mira a sostenere e reinserire nell’economia legale le attività vittime dei due reati, concedendo elargizioni a fondo perduto alle vittime di estorsione e prestiti decennali a interesse zero alle vittime di usura, ristori commisurati ai danni patrimoniali e personali subiti dalle stesse. Tutto risolto? Non proprio. «Se le vittima di estorsione riescono a rientrare nell’economia regolare e migliorare le proprie condizioni una volta denunciato il reato, per le vittime di usura la cosa è più difficile dal momento che la denuncia arriva, magari un per vergogna, quando ormai la situazione è ormai compromessa», afferma Montani. Detto diversamente, gli esercenti vittima di usura non riescono ad utilizzare il mutuo a tasso zero decennale messo a disposizione dal Fondo per rilanciare la propria attività perché, nell’82% dei casi, utilizzano le somme per pagare i debiti arretrati. Con il rischio che anche queste risorse finiscano nelle mani sbagliate. La principale raccomandazione contenuta nello studio è perciò quella di equiparare il trattamento delle vittime dei due reati, concedendo elargizioni a fondo perduto, anziché prestiti, anche a chi è caduto nelle mani degli usurai.
Oltre a ciò, però, serve un cambio di mentalità imprenditoriale. Per riuscirsi, la proposta dello studio è quella di potenziare e comunicare maggiormente le attività delle varie associazioni antiracket e antiusura triangolando la loro attività a favore delle vittime con il supporto di professionisti del settore contabile: «Il loro supporto è necessario per far scattare un cambiamento che sia duraturo nel tempo», conclude Montani.
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Alberto Lupini
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