Umbriasì, da Perugia una lezione per promuovere il turismo regionale

Il tour operator coordina dal capoluogo tutte le principali attività turistiche che si svolgono sul territorio della regione Umbria. Un metodo virtuoso di reale promozione del territorio

24 ottobre 2019 | 10:21
di Vincenzo D’Antonio
Il nostro Belpaese, lo sappiamo, ha un cuore verde bellissimo e mistico, e questo cuore verde è l’Umbria. L’Umbria è stata sovente relegata nel passato soltanto a meta di turismo devozionale (secondo gli ultimi numeri l'Italia è leader in questo settore) e di fuori porta domenicali volti a saziare i robusti appetiti di quanti predisponevano palati e stomaci alle prelibatezze della norcineria tradizionalmente intesa (sappiamo ormai quanto turismo ed enogastronomia debbano viaggiare a braccetto).


Perugia

Da qualche anno a questa parte, al cospetto del dirompente fenomeno del cosiddetto turismo 4.0, con i cambiamenti che nel mondo coinvolgono gli alberghi, le case vacanze, la ristorazione ed il modo stesso di viaggiare e di soggiornare a causa di colossi quali Airbnb e Booking, con il ruolo egemone dei social media in una comunicazione che si commuta in relazione (ovvero comunicazione a due vie), il management umbro a ciò preposto, sia esso pubblico che privato, associazione di categoria in ruolo diligente, sta studiando ed attuando nuove, accorte e lungimiranti strategie aventi ad obiettivo la valorizzazione del territorio e l’incremento world wide del suo appealing.

A tale riguardo ci sovviene la gustosa leggenda del birillo rosso di Foligno. L’assunto di base è che, in intreccio matriciale di storia e geografia, il Mediterraneo è al centro del mondo, l’Italia è al centro del Mediterraneo, l’Umbria è al centro d’Italia, Foligno è al centro dell’Umbria e al centro di Foligno c’è il bar con la sua sala biliardi che ha nel centro un biliardo dove al centro c’è un birillo rosso. Ecco, ne consegue che quel birillo rosso è il centro del mondo.


Foligno

Forti di questo birillo rosso, approdiamo all’immagine dei cerchi concentrici. Eccoci. Punta di compasso sul birillo rosso e prima apertura di compasso di qualche centinaio di km, ovvero, in altri termini, il mercato domestico. Si gioca in casa. Nessun problema di lingua, conoscenza diffusa dei luoghi dei Santi, si pensi innanzitutto ad Assisi e Gubbio (San Francesco è il Patrono d’Italia), ma si pensi anche a Santa Rita da Cascia ed a San Benedetto da Norcia (Patrono d’Europa). Per non parlare del beato Jacopone da Todi. Ed il comune sentire di una cucina genuina ovviamente terragna (ma i pesci lacustri del Trasimeno sono ghiottonerie), con punti di forza negli oli, nel maiale e nel tartufo oltre alle particolari specie di lenticchie e di cipolle.

Seconda apertura di compasso, nell’ordine del migliaio di km, ovvero il mercato Ue (fatta salva la Brexit). Coesistenza di turismo di gruppo e di turismo individuale: devozionale in prevalenza il primo, colto ed esigente il secondo con interessi spiccati per l’arte, i paesaggi e la buona cucina. Per molti di costoro il viaggio in Umbria non è il primo viaggio in Italia. Terza (ed ultima) apertura di compasso nell’ordine di qualche migliaio di km, ovvero tutto quanto non è Europa con la netta scissione tra Occidente, parliamo fondamentalmente degli Usa, ed Oriente, e qui oltre ai consolidati flussi nipponici destano grande interesse l’emergente flusso cinese.

Insomma, un terzo cerchio che dobbiamo immaginarci diviso in due semicerchi, quello Ovest e quello Est. Per costoro, al netto di casi numericamente non ancora significativi, non può parlarsi di Viaggio in Umbria con ciò volendo intendere “esclusivamente” in Umbria. Molto probabile che il trip sia impostato e percepito come “viaggio in Italia”, se non addirittura, ahinoi, viaggio in Europa. Ne consegue che si tratta di saper porre in luce le peculiarità umbre, e magari così facendo si scopre che il territorio umbro è davvero unique ed ha fascino tutto suo. Non a caso, a proposito di Appennino Umbro, davvero intrigante la definizione, si è cominciato a parlare di “montagna del Mediterraneo”. E questo assunto apre, è il caso di dirlo, nuovi orizzonti al turismo umbro.


Orvieto

Fin qui i cerchi concentrici atti ad agevolare la segmentazione del mercato per provenienza (ma ci sarebbe da agire ortogonalmente e suddividere anche per generazione). Ed ecco l’arguto e sapiente agire del management umbro che ha generato creatura imprenditoriale, Umbriasì con sede a Perugia. Umbriasì oltre ad essere un ben funzionante tour operator, ovviamente focalizzato sull’incoming Umbria, è anche braccio consulenziale per le entità locali preposte al governo del Turismo, ragguardevole fra esse la Cciaa di Perugia.

E quali le leve in azionamento? Ne individuiamo, in prima approssimazione, cinque.

1) La commutazione delicata e da dosare attentamente tra un turismo esclusivamente devozionale, che va comunque salvaguardato e tutelato, verso un turismo colto che forse, lo si cita come mero esempio, può apprezzare gli affreschi di Giotto con le Storie di San Francesco nella Basilica Superiore di Assisi senza che ciò comporti coinvolgimento di fede.

2) La commutazione netta, sebbene anch’essa graduale, tra un’offerta ristorativa che da “cucina tipica umbra” sappia e voglia diventare “un’ottima cucina, con adeguato servizio di sala, che abbia radici nella tradizione umbra ed attinga alle eccellenze del patrimonio agroalimentare umbro (norcineria inclusa) senza che ciò però significhi abiurare dall’anelito al miglioramento continuo. Troppe volte si nota l’autocompiacimento nel proporre pietanze aduse che purtroppo arrecano impronta vetero ad una cucina che ha in sé i prerequisiti per spiccare l’opportuno balzo in avanti. Interessanti le prime presenze di scuole di cucina e di cuochi a domicilio. È fenomeno da tenere sotto osservazione.

3) L’ampliamento e l’innalzamento degli standing qualitativi dell’hospitality, sia quella tradizionale alberghiera, a sua volta presente con catene e con strutture singole a conduzione familiare, sia quella emergente extralberghiera che ha dalla sua il vantaggio della confidenza nativa, almeno nella maggior parte dei casi, con le transazioni in rete. In simbiosi con l’innalzamento qualitativo della ristorazione si pensi a quei ristoranti che dispongono anche di alcune camere a beneficio dei clienti che fruiscono di cena e che non hanno voglia alcuna di rimettersi in viaggio dopo gradito pasto.

4) L’individuazione precisa, precisi i ruoli, degli attori dell’intermediazione, siano essi tour operator confezionatori di pacchetti, siano esse le agenzie di viaggio, che dei suddetti pacchetti sono la componente di comunicazione e vendita all’end user. In digital society, dove la disintermediazione impera ed i gangli intermedi declinano, questi soggetti hanno due destini segnati: la lenta scomparsa di quanti non intercettano le nuove esigenze del “digital traveller” e, dal lato opposto, il rigoglio di quanti, sapendosi adeguare agli scenari emergenti, diventano “sarti” per confezionamenti su misura ed artefici di proposte attrattive per segmenti ben precisi: lo small group in Van che soppianta il torpedone da cinquanta posti.

5) L’agenzia di viaggi, il paradosso è solo apparente, dal detenere l’asset della dovizia informativa e della competenza specifica adesso invece deve esibire, per mantenere ed accrescere valenza di ruolo, l’asset di chi sa distinguere i suoni dai rumori, di chi sa scegliere nel mare vasto.

In conclusione, quale che sia il cerchio di pertinenza tra i tre concentrici, ottenuti con centro compasso sul birillo rosso di Foligno, il territorio umbro per quegli intrecci matriciali di cui si diceva ha una sua unicità impossibile da clonare. Ne consegue come ambito naturale quel turismo lento che coinvolge il turista al punto tale da trasmutarlo da forestiero/straniero ignoto ai residenti, in “cittadino temporaneo” bene accolto nella comunità borghigiana. Poi costoro dovranno pure andare via dall’Umbria e tornare alle loro residenze, ma sarà l’Umbria che non andrà più via da costoro.

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Alberto Lupini


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