Il turismo riparte lento, ma siamo ancora lontani dai livelli 2019
Nei primi nove mesi del 2021 le presenze dei clienti negli esercizi ricettivi sono in crescita rispetto al 2020 (+22,3%) ma restano ben sotto i livelli del 2019. Lo rileva l'Istat sul movimento turistico in Italia
Non è una novità: uno dei settori che ha sofferto di più (e ora con Omicron il problema non si arresta, anzi) è senza dubbio il turismo (insieme alla ristorazione). E i numeri parlano chiaro. Nel 2021 i flussi turistici di tutti i Paesi europei sono ancora profondamente segnati dalla pandemia da Covid-19, che ha fortemente limitato la mobilità delle persone. Eurostat stima, infatti, che il numero delle notti trascorse (presenze) nelle strutture ricettive nell’Unione europea (UE 27) sia pari a circa 1,1 miliardi nei primi otto mesi del 2021, valore analogo a quello dello stesso periodo del 2020, ma inferiore di circa il 50% rispetto al 2019, anno precedente la pandemia. Numeri che portano le imprese del settore a segnalare un allarme rosso....
Bocca (Federalberghi): La burrasca non è passata
Con l’inizio dell’anno nuovo è tempo di cominciare a fare i primi bilanci per il 2021. Purtroppo, per il turismo l’anno che si è appena concluso può essere caratterizzato da un solo colore: il rosso. Oltretutto, si tratta del secondo anno di fila con questa tragica realtà. I dati dell’osservatorio Federalberghi mostrano che lo scorso anno sono andate in fumo 148 milioni di presenze turistiche. Per fare un raffronto con il 2019 (l’ultimo anno pre-pandemico), è come se si fosse cancellato un pernottamento su tre. Se guardiamo ai soli turisti stranieri, la perdita diventa di uno su due per un totale di 115 milioni presenze estere perse.
«Non possiamo pensare che tutto sia passato – commenta Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi - che tutti abbiano ripreso a viaggiare come prima. Se è vero che vaccini e misure di distanziamento ci rendono più sicuri, non possiamo dimenticare che per molti è ancora vietato entrare nel Belpaese e che anche gli italiani vanno alla scoperta della propria nazione con maggiore difficoltà». In questo scenario imprese e dipendenti degli hotel italiani hanno visto venir meno una ad una le misure di sostegno che avevano permesso la sopravvivenza delle aziende e dei relativi posti di lavoro: il credito d’imposta sugli affitti, l’esonero dal pagamento dell’Imu, la moratoria sui mutui e la cassa integrazione covid. «La burrasca è tutt’altro che passata – conclude Bocca - e tutto il settore alberghiero guarda con il fiato sospeso al Consiglio dei Ministri di domani. Imprese e lavoratori degli alberghi hanno bisogno ancora del sostegno del Governo per poter passare la più gande crisi che si sia mai vista nel settore.»
Colaiacovo (Confindustria alberghi): a due anni di distanza siamo ancora ben al disotto del 50% pre covid
«Il report ISTAT evidenzia un quadro drammatico. I dati sono frutto di una media nazionale che si costruisce su situazioni molto diverse tra loro dove, in particolare, spicca la grande difficoltà delle città d’arte che scontano l’assenza del turismo internazionale – dichiara Maria Carmela Colaiacovo, Presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi - La situazione è ancora molto difficile e mancano i dati dell’ultimo trimestre. Dobbiamo considerare che la ripresina vissuta durante l’estate si è poi bruscamente interrotta a partire da ottobre e il blocco delle attività provocato dalla pandemia sta colpendo indistintamente l’attività di grandi, medie e piccole imprese.Per questo è necessario vengano individuati ancora ulteriori supporti per un settore che sta vivendo da molto tempo una profonda crisi».
Italia trend meno negativo della media europea
Torniamo ai dati 2021. Tra i Paesi che mostrano il maggiore decremento di presenze rispetto allo stesso periodo del 2019 risultano: Malta (-65,4%), Lettonia (-58,7%), Ungheria (-57,8%) e Portogallo (-56,2%). A seguire la Spagna che, con un calo del 54,6%, perde la prima posizione nella graduatoria europea per numero di presenze e cede il passo all’Italia (in prima posizione nel 2021) e alla Germania (in seconda posizione).
Relativamente ai primi nove mesi del 2021, infatti, i dati provvisori del nostro Paese mostrano un trend meno negativo della media europea rispetto al 2019, con le presenze negli esercizi ricettivi che diminuiscono del 38,4% (145 milioni di presenze in meno) e gli arrivi del 46,5%.
Tra le componenti della domanda turistica, quella estera evidenzia maggiori difficoltà di ripresa (-56,1% di presenze) rispetto alla componente domestica (-20,3%).
A soffrire di più gli alberghi
Per quanto riguarda, invece, le tipologie di strutture ricettive, a soffrire di più è il comparto alberghiero, con un calo di presenze del 44,3%, rispetto al comparto extra-alberghiero (- 28,3%). Se si guarda la dinamica rispetto allo stesso periodo del 2020 – che aveva registrato una riduzione di oltre la metà dei flussi turistici negli esercizi ricettivi in confronto al 2019 – i primi nove mesi del 2021 evidenziano segnali di miglioramento, con un sensibile aumento delle presenze (+42,4 milioni, +22,3%) e degli arrivi (+8 milioni, +16,2%). Si segnala in particolare il recupero dei flussi della clientela non residente in Italia (+40,3%) e, in misura minore, di quella residente (+14,2%). Anche i dati per tipologia ricettiva indicano un andamento positivo sia per il settore extra-alberghiero (+27,4%) che per quello alberghiero (+18,7%).
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Stagione invernale 2021 azzerata
Entrando nel dettaglio il 2021 si apre con il blocco pressoché totale della stagione turistica invernale a seguito dei provvedimenti restrittivi resi necessari per contrastare la diffusione dei contagi. Il primo trimestre dell’anno segna un calo dell’81,7% degli arrivi e del 79,7% delle presenze rispetto allo stesso trimestre del 2019. In particolare, la componente estera della clientela è pressoché assente (-93,7% le presenze) mentre quella domestica rappresenta poco più del 30% delle presenze del primo trimestre 2019. La flessione è evidente anche rispetto al primo trimestre del 2020 (-70,8%), poiché la crisi del settore generata dalla pandemia si è manifestata in maniera evidente a partire da marzo 2020.
La flessione delle presenze turistiche rispetto al 2019 si attenua nel secondo trimestre (-61,4%). Nel mese di aprile la diminuzione è drammatica (-85,4% rispetto ad aprile 2019) a causa delle misure restrittive introdotte nel periodo pasquale. A maggio e giugno i cali si riducono (rispettivamente -65,1% e -46,8%).
Pesa la mancanza degli stranieri
La clientela straniera continua ad essere pressoché assente nei mesi di aprile e maggio (-95,9% ad aprile e -82,2% a maggio) mentre a giugno la variazione negativa risulta meno pronunciata (-68,8%). Rispetto allo stesso periodo del 2020 (che, si ricorda, è stato quello caratterizzato dal lockdown generalizzato), il secondo trimestre 2021 presenta ovviamente variazioni positive.
La situazione migliora con l’estate
Nel trimestre estivo (luglio-settembre), in seguito alla possibilità di ripresa degli spostamenti interregionali, i flussi turistici mostrano un sostanziale recupero, sebbene ancora in calo rispetto al 2019 a causa della componente non residente della clientela.
In dettaglio, nel mese di luglio la flessione delle presenze totali è pari a -21,8% rispetto a luglio 2019, (-42% per la componente estera) ma si attenua ad agosto (-9,1%), con la componente domestica in recupero sui livelli precedenti la pandemia (-0,4% rispetto ad agosto 2019) e quella estera in calo del 22%. A settembre le presenze dei turisti italiani registrano una variazione positiva (+10,7% rispetto a settembre 2019) mentre quelle dei clienti stranieri si riducono del 25,9%, determinando una flessione complessiva dell’11%.
Nel complesso, nel terzo trimestre le presenze totali sono circa l’86% di quelle registrate nello stesso trimestre del 2019. Tuttavia, mentre le presenze dei clienti residenti evidenziano un leggero aumento (+0,9%), quelle dei turisti stranieri registrano un calo significativo (-30,5%), anche se più contenuto rispetto ai precedenti trimestri.
Per il comparto alberghiero nel trimestre estivo 2021 la flessione delle presenze rispetto al medesimo periodo del 2019 è stata del 17,3% contro il -9,7% registrato per le strutture extralberghiere. Il confronto con il trimestre estivo 2020 mette invece in luce un miglioramento maggiore per gli alberghi (+34,3% le presenze) rispetto agli esercizi extra-alberghieri (+27%).
In estate le vacanze lunghe tornano ai livelli del 2019
Nei primi nove mesi del 2021 i viaggi con pernottamento effettuati dai residenti negli esercizi ricettivi in Italia si mantengono stabili rispetto allo stesso periodo del 2020. I viaggi svolti per motivi di lavoro, dopo la consistente flessione osservata nell’anno della pandemia, si attestano sugli stessi livelli del 2020, pari a circa 1,5 milioni. Le riunioni d’affari continuano a diminuire (-46,5%) mentre riprendono slancio le attività di rappresentanza, vendita, installazione o simili (+67%), che nel periodo considerato sono le motivazioni più frequenti dei viaggi di lavoro. Tra le vacanze non si registrano variazioni per i viaggi di piacere o svago, che costituiscono la motivazione principale (95%), né per le visite a parenti o amici (2,6%).
Il settore alberghiero e quello extra-alberghiero mostrano andamenti simili, entrambi nel complesso stabili nei primi nove mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020. Malgrado la stabilità complessiva osservata per l’intero periodo, le dinamiche trimestrali sono piuttosto eterogenee. Nel primo trimestre 2021 la pandemia abbatte sia gli spostamenti per vacanza (-84%) che i viaggi di lavoro (-62%) rispetto allo stesso trimestre del 2020, che aveva subito gli effetti della pandemia nel solo mese di marzo. Il settore alberghiero e quello extra-alberghiero sono colpiti in misura simile: rispettivamente -80% e -77% di viaggi rispetto al primo trimestre 2020.
Nel secondo trimestre si registra invece una marcata crescita della domanda turistica rispetto allo stesso periodo del 2020, quando gli spostamenti erano per lo più interdetti. I viaggi con pernottamento negli esercizi ricettivi aumentano del 91%, sia nel segmento delle vacanze (+79%) sia in quello dei viaggi di lavoro, che addirittura sono il triplo di quelli registrati nello stesso periodo del 2020.
Gli alberghi beneficiano della ripresa degli spostamenti turistici in misura maggiore, ospitando più del doppio dei turisti in viaggio rispetto al 2020, mentre il comparto extra-alberghiero cresce del 74,5%. Nel trimestre estivo (luglio-settembre) si osserva una sostanziale stabilità dei viaggi, dovuta principalmente alla ripresa delle vacanze lunghe, che aumentano di circa il 16% rispetto all’estate del 2020 e si riportano ai livelli del 2019. Le vacanze brevi risultano invece in calo del 23%, con performance peggiori nel mese di settembre (-43% confrontato allo stesso mese del 2020). Stabili i viaggi negli esercizi ricettivi alberghieri e nel settore extra-alberghiero rispetto all’estate precedente.
Grandi città e comuni a vocazione montana in maggiore sofferenza
La classificazione dei comuni italiani per densità turistica e vocazione prevalente permette di descrivere alcune importanti caratteristiche territoriali dei flussi turistici nei primi nove mesi del 2021. La categoria “grandi città” (composta dai 12 comuni italiani con più di 250mila abitanti), che nell’anno precedente la pandemia aveva registrato circa un quinto delle presenze dell’intero territorio nazionale, subisce la maggiore riduzione della domanda rispetto allo stesso periodo del 2019 (-71% contro -38,4% della media nazionale) ma recupera leggermente nel confronto con il 2020 (+3,0% le presenze). Le difficoltà delle grandi città si confermano anche in estate, quando registrano una flessione delle presenze dei clienti residenti pari a circa -18% rispetto allo stesso trimestre del 2019.
Tra i territori più colpiti vi sono poi i comuni con un turismo a vocazione prevalentemente montana (-42,1%), a causa, come già evidenziato, della mancata stagione invernale. Questi stessi comuni avevano mostrato nel 2020 una maggiore capacità di tenuta. Rispetto allo stesso periodo del 2019, cali meno intensi sono stati registrati dai comuni a vocazione lacuale (-21,8%) e dai comuni a vocazione marittima (-25,0%) che recuperano ampiamente nel confronto con i primi nove mesi del 2020 (rispettivamente +80,8% e +36,3%). I comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica registrano invece una flessione pari al 35% rispetto allo stesso periodo del 2019 e un recupero del 33,2% sul 2020.
Focalizzando l’attenzione sui clienti residenti nel periodo estivo (la componente più rilevante nell’estate 2021), emerge la loro preferenza per i comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica (+26,5% ad agosto 2021 su agosto 2019), verso i comuni montani, che nel trimestre estivo registrano un recupero rispetto all’inesistente stagione invernale e vedono un aumento sia ad agosto (+6,5%) sia a settembre (+23,7%) e verso le località del turismo lacuale (+17,5% ad agosto e +37,8% a settembre rispetto agli stessi mesi del 2019).
Come nel 2020, anche nell’estate del 2021 la scelta degli italiani si è orientata verso destinazioni presumibilmente meno affollate, a discapito delle destinazioni estive più tradizionali come le località balneari. I comuni a vocazione marittima chiudono infatti il trimestre estivo con un -5,6% rispetto allo stesso trimestre del 2019.
Spesa per turismo in drastico calo nel 2020
Nel 2020 le spese turistiche hanno subito una marcata contrazione per effetto delle restrizioni imposte dalla pandemia (-33,8% per la spesa turistica domestica e -65,7% per la spesa turistica all’estero ). I residenti che hanno pernottato negli esercizi ricettivi in Italia, per vacanza o per lavoro, hanno speso in media 408 euro a viaggio e 77 euro a notte, meno della metà di quanto speso per un viaggio all’estero (769 euro in media). Anche per effetto della minor durata dei viaggi trascorsi negli esercizi ricettivi oltre i confini nazionali, la spesa media giornaliera all’estero (135 euro) è superiore di 58 euro al giorno rispetto quella in Italia (la differenza era 41 euro nel 2019).
Le differenti dinamiche osservate rispetto alle diverse tipologie di alloggio hanno avuto ricadute nell’andamento della spesa, riducendo il divario tra la spesa media per una vacanza trascorsa pernottando negli esercizi alberghieri (pari a 458 euro) e quella sostenuta per gli esercizi extra-alberghieri (430 euro) a causa del forte calo della prima (-19,4% sul 2019). Gli esercizi alberghieri sono stati più colpiti dalla crisi pandemica rispetto agli extra-alberghieri; tuttavia, la spesa media giornaliera per le vacanze nei primi rimane superiore del 48,5% rispetto ai secondi (98 euro contro 66).
Sempre nel 2020 la spesa media per le vacanze in Italia ha raggiunto il minimo (308 euro) nel secondo trimestre e un massimo nel trimestre estivo (459 euro). In questo periodo, la spesa media giornaliera è invece più bassa (73 euro) poiché i soggiorni sono mediamente più lunghi rispetto agli altri trimestri dell’anno.
Coldiretti: crack da 10 miliardi nel 2021, 1/3 a tavola
Dati questi che spaventa anche la Coldiretti che sottolinea che ammonta ad oltre 10 miliardi di euro il taglio delle spese turistiche in Italia per l’intero anno 2021 rispetto a prima della pandemia, con 1/3 delle perdite che hanno colpito i consumi in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per l’acquisto di cibo di strada e souvenir delle vacanze. Si tratta del risultato del blocco pressoché totale della stagione turistica invernale e della ripresa di quella estiva. A mancare all’appello sono stati soprattutto i turisti stranieri bloccati alle frontiere dall’avanzare dei contagi e dalla misure di restrizione adottate ma a calare sono state anche le presenze nazionali soprattutto nelle festività di fine anno mentre risultati più positivi si sono registrati nel periodo estivo. I vacanzieri dall’estero in Italia sono strategici per l’ospitalità turistica soprattutto nelle mete più gettonate anche perché i visitatori da questo paesi stranieri hanno tradizionalmente una elevata capacità di spesa per alloggio, alimentazione, trasporti, divertimenti, shopping e souvenir.
La svolta positiva dei borghi
Per gli italiani rispetto alle mete tradizionali si è registrata una decisa svolta verso le vacanze di prossimità dove a far la parte del leone sono stati soprattutto i piccoli borghi che consentono di coniugare la voglia di tranquillità con la possibilità di godere di spazi di libertà più ampi lontano dalle città o dai luoghi turistici più affollati. Questo fenomeno è favorito anche dalla diffusione capillare dei 5mila piccoli comuni italiani che incrementa la capacità di offrire un patrimonio naturale, paesaggistico, culturale e artistico senza eguali. A garantire l’ospitalità nei piccoli centri è soprattutto una rete composta da oltre 25mila strutture agrituristiche spesso situati in zone isolate della montagna o della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono forse i luoghi dove è più facile, nell’estate del covid, garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche. Nonostante questo il 2021 per le difficoltà generali si è chiuso con quasi un milione di arrivi in meno rispetto al prima della pandemia nel 2019, soprattutto per effetto del crollo delle presenze degli stranieri ma anche degli italiani secondo Campagna Amica.
I turisti italiani spendono più della media europea per l’alloggio
Nel 2019, anno per il quale sono disponibili dati che permettono una comparazione tra i Paesi dell’Ue27, si stima che i cittadini dei Paesi dell’Unione europea di almeno 15 anni, in viaggio di vacanza o di lavoro con pernottamento negli esercizi ricettivi (all’interno dei confini o all’estero), abbiano speso in media 118 euro al giorno. La spesa minore è stata sostenuta dai turisti residenti in Bulgaria (55 euro al giorno), mentre sono gli svedesi ad aver speso mediamente più degli altri (210 euro).
I turisti italiani, con una spesa media giornaliera complessiva pari a 109 euro, si collocano sotto la media europea (118 euro): hanno speso meno di spagnoli, francesi (entrambi 116 euro) e tedeschi (125 euro). Tuttavia, la spesa media riferita al solo alloggio sostenuta dai turisti italiani (53 euro) è stata superiore a quella media europea (48 euro). I turisti danesi (63 euro), insieme ai residenti in Svezia (65 euro), Austria (81 euro) e Lussemburgo (86 euro), hanno sostenuto le spese più elevate per pernottare negli esercizi ricettivi.
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Alberto Lupini
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