Il turismo religioso vale 18 miliardi, ma in Italia c’è tanto da fare…

Dopo la durissima fase del Covid, il turismo religioso nel Belpaese ha ripreso quota e rappresenta un asset a cui prestare attenzione, ma su cui ancora non si punta al massimo. Un esempio su tutti, in questo senso, la complessa valorizzazione della Via Francigena

06 aprile 2023 | 05:00
di Gianluca Pirovano

Quando si parla di turismo religioso in Italia emergono due punti di vista, che all'apparenza possono sembrare discordanti, ma che nella realtà sono perfettamente compatibili. Da un lato, il turismo religioso in Italia sta vivendo, dopo essersi lasciato alle spalle la terribile fase pandemica, un momento senza dubbio positivo. Un trend in linea con il mercato mondiale, dove il turismo religioso muove più di 18 miliardi di dollari e 330 milioni di turisti. Di contro, sempre restando in Italia, si ha l'impressione che serva un salto di qualità sia nell'offerta sia nella percezione del turismo religioso. Il Belpaese, infatti, può contare su una vocazione naturale a questo tipo di viaggi, senza averne particolare merito, fosse anche solo per la presenza di Città del Vaticano. Nonostante questo, non sempre il mondo del turismo presta al comparto religioso la dovuta attenzione. Un esempio su tutti è la Via Francigena e il suo difficoltoso sviluppo.

Turismo religioso: la definizione

Procediamo però con ordine e capiamo di cosa parliamo quando parliamo di turismo religioso. Per turismo religioso si intende che ha come principale obiettivo la fede e quindi la visita ai luoghi religiosi, non soltanto per ciò che rappresentano, ma anche per apprezzarne la loro bellezza artistica e culturale. Il turismo religioso non è, quindi, da confondere con il pellegrinaggio, che è, invece, la pratica devozionale consistente nel recarsi, da soli o in gruppo, a un santuario o a un luogo sacro per compiervi speciali atti di religione, sia a scopo di pietà, sia a scopo votivo o penitenziale.

Se sulla carta la differenza è chiara, i contorni sono in realtà sempre più sfumati ed è quindi difficile definire nel dettaglio i contorni del fenomeno del turismo religioso. Vale a dire: quanti di quelli che percorrono il Cammino di Santiago lo fanno come un pellegrinaggio? E quanti lo fanno, invece, come un viaggio spirituale e esperienziale? O come una semplice vacanza?

I numeri del turismo religioso in Italia

Entrando nel dettaglio scopriamo che, storicamente, il turismo religioso in Italia rappresenta tra l'1 e il 4% delle presenze totali in Italia e, anche se con dati precedenti alla pandemia, è anche possibile tracciare un identikit del viaggiatore religioso medio che per il 59% è italiano e per il 41% straniero: in genere, adulto, 45 anni di età media per gli italiani e 30 anni per gli stranieri, in leggera prevalenza di sesso maschile (51,2% uomini contro il 48,8% di donne). 

L'Italia è meta classica del turismo religioso, non fosse altro che per la Città del Vaticano. La sola basilica di San Pietro a Roma accoglie ogni anno 11 milioni di visitatori, che contribuiscono a creare oltre 30 milioni di presenze nella Penisola. Assisi attrae ogni anno 5 milioni di visitatori, nel santuario di San Giovanni Rotondo, dove visse e operò San Pio, ogni anno accorrono 5,6 milioni di fedeli.
E ancora, il santuario mariano di Loreto, nelle Marche, richiama 4 milioni di visitatori l'anno, mentre a Padova la devozione a Sant'Antonio porta in città 3 milioni di pellegrini l'anno, quasi quanti ne arrivano per venerare la Madonna a Pompei.

Santiago vs Francigena

Un discorso a parte lo meritano i cammini religiosi. In un comparto che sta vivendo un momento florido, i cammini stanno facendo la parte del leone. Questo perché i trend generali del turismo post pandemia spingono verso un turismo sportivo, esperienziale e all'aria aperta. Insomma, i cammini religiosi sono la proposta giusta nel momento giusto. Quando si parla di cammini religiosi è inevitabile pensare a Santiago de Compostela e alle innumerevoli strade percorribili per raggiungerla. Il Cammino di Santiago rappresenta a livello europeo, ma anche mondiale, un punto di riferimento per la gestione del turismo religioso. Lo scorso anno lo hanno percorso più di 200mila persone e attorno ai diversi cammini (il principale è quello Francese) è nata un'intera filiera turistica che offre al viaggiatore l'esperienza che cerca. Si va, infatti, dagli albergue regionali, ostelli aperti soltanto ai pellegrini con prezzi accessibili, fino agli hotel di lusso, dai ristoranti che offrono menu a prezzi fissi e calmierati alle società che propongono fisioterapisti e trasporto degli zaini. Ce n'è davvero per tutti.

 

 

Anche in Italia esiste un cammino con un enorme potenziale. Si tratta della Via Francigena, il percorso che da Canterbury porta a Roma e che, alla parti del Cammino di Santiago, è stato riconosciuto come Itinerario Culturale Europeo. Il suo tratto italiano, grazie a un importante lavoro di promozione, ha avuto negli ultimi anni una crescita interessante. Lo percorrono circa 50mila persone ogni anno e, come Santiago, in molti lo fanno al di là dell'aspetto religioso, ma anche per motivi culturali e spirituali. Non è tutto oro ciò che luccica, però. Se, infatti, in alcuni tratti è evidente la volontà di valorizzare il percorso e renderlo una meta turistica, in altri invece l'attenzione non è così marcata, anzi. E quando chi ha percorso il Cammino di Santiago si trova a percorrere alcuni tratti della Via Francigena non può non notare la differenze, sia per quanto riguarda la qualità e la sicurezza dei percorsi sia per quanto riguarda il livello dei servizi.

Un paragone, quello fra Santiago e la Via Francigena, che fotografa il passo successivo che deve fare il turismo religioso in Italia. Serve, per stare al passo e per continuare a crescere, un salto di qualità nell'offerta e una collaborazione tra i diversi enti con l'unico obiettivo di valorizzare la destinazione. La materia prima c'è, è necessario mettersi al lavoro.

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Alberto Lupini


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