Trentino, senza turisti è crisi totale E c'è chi aspetta i ristori di aprile

La regione è divisa in due tra zona gialla e zona rossa, ma la provincia trentina sta già facendo i conti con il probabile slittamento della stagione invernale . Danilo Moresco, storico ristoratore e presidente della società cooperativa Gestor: Si lavora alla giornata, se salta anche il Natale, non so davvero che fine faremo»

15 novembre 2020 | 08:30
di Sergio Cotti
Una regione spaccata in due; dalla storia, dalla cultura e adesso anche dal Covid. Il Trentino Alto Adige viaggia a doppia velocità e mentre la provincia altoatesina è ormai da giorni zona rossa, quella trentina resiste in zona gialla: locali aperti la sera, libera circolazione e pressione sanitaria ancora, per così dire, contenuta. Eppure c’è tanto che accomuna il Trentino al resto d’Italia, a partire dalla crisi che interessa ogni settore, su tutti quelli della ristorazione, del turismo e dell’accoglienza.


Trentino in crisi e con il fiato sospeso in vista dell'inverno

«Si lavora alla giornata, abbiamo perso quasi tutto il 2020 e c’è chi ancora aspetta i ristori di aprile. Se perdiamo anche il Natale e la stagione sciistica invernale, non so come finiremo». Danilo Moresco è in prima linea da 40 anni, tanti ne compirà presto anche il suo Ristorante Da Pino di San Michele all’Adige (Tn); per vent’anni alla guida dell’associazione locale di categoria, di cui oggi è presidente onorario, Moresco è anche titolare di un’azienda di catering e presidente di Gestor, una società cooperativa che offre servizi di consulenza negli acquisti per hotel, bar e ristoranti, e che conta circa 400 soci tra imprenditori, alberghieri e titolari di pubblici esercizi. Una realtà presente da 21 anni, che chiuderà il 2020 con un fatturato in calo del 25%, pari a 10 milioni di euro bruciati dalla crisi.

Un osservatorio privilegiato, il suo, per capire meglio il momento che la ristorazione e l’accoglienza stanno attraversando in una regione che fino a metà ottobre sembrava vivere in un’altra dimensione, rispetto al resto del Paese.

Fino a qualche settimana fa il Trentino e l’Alto Adige rappresentavano, agli occhi degli italiani, un’isola felice. Qual è oggi la situazione?  
Penso che il Trentino riuscirà a restare in zona gialla anche la prossima settimana. Al momento le disponibilità ospedaliere sono sufficienti; pur nella preoccupazione generale, dal punto di vista sanitario siamo messi ancora abbastanza bene.


Danilo Moresco

Prima le aperture serali, poi lo stop. L’altalena sulla quale sono stati costretti salire i ristoranti trentini, quale sentimento ha provocato nei titolari dei locali?
La preoccupazione più forte sta nel lavorare alla giornata, con i decreti nazionali e provinciali che modificano le disposizioni quasi ogni settimana. Ora i locali la sera sono chiusi; più che delivery e asporto - che servono a poco - c’era bisogno di continuare a lavorare anche a cena, ma non ce l’hanno permesso. Così manca almeno il 50% del lavoro per quasi tutti i locali, senza contare che chi lavora soprattutto la sera, è tagliato fuori. E attenzione, il 50% in meno non è riferito all’anno scorso, ma agli ultimi mesi, in cui il lavoro era già calato del 20-25% rispetto al 2019.

C’era davvero bisogno di chiudere i locali la sera anche in Trentino?
A mio parere no, perché i ristoratori trentini sono professionisti seri, diligenti, che sono attenti alle norme. Non è il ristorante che crea il contagio. In autostrada, però, le aree di sosta sono aperte e una persona che si ferma per bere qualcosa e andare in bagno mette le mani dove le hanno messe altre migliaia di persone almeno 7 volte, senza che queste superfici possano essere sanificate in maniera adeguata.

Ristoranti chiusi la sera anche in Trentino

Questa nuova serrata dei ristoranti ha provocato anche uno stop degli ordinativi per tutti i fornitori della ristorazione. Un danno enorme anche per l’indotto che l’azienda cooperativa che lei presiede, la Gestor, gestisce in quantità elevate.
Per questo sono molto preoccupato. Dopo la chiusura di primavera, siamo riusciti a fare fronte ai nostri impegni, incassando quasi tutto dai nostri associati e riuscendo a pagare i fornitori. Ma chiuderemo il 2020 con un calo deli fatturato di 10 milioni di euro su 40.

Qual è il supporto che Gestor riesce a garantire ai suoi soci in questi mesi di pandemia?
Non possiamo assicurare finanziamenti; per fortuna avevamo una discreta liquidità e siamo riusciti ad avere dei finanziamenti dagli istituti bancari. Un po’ con le nostre forse, un po’ con questi aiuti, possiamo gestire le uscite, stringendo i denti, misurando al massimo le uscite.

Anche in Trentino, come nel resto d’Italia, un’azienda su tre rischia il fallimento?
I miei colleghi sono molto preoccupati, ma per ora di fallimenti non ne abbiamo percepiti, ma anche perché il tempo trascorso è ancora molto breve. Il problema è che non sarà facile superare questa seconda stretta, che sta già rivelandosi un’autentica mazzata. Se dovessimo perdere addirittura le feste di Natale, saremmo davvero messi male.

Stanno arrivando i ristori del Governo?
Qualcosa è arrivato in questi giorni, c’è però qualcuno che sta ancora aspettando quello di aprile, solo per aver fatto la domanda qualche giorno dopo. I fondi nel frattempo sono finiti e ora stanno aspettando le integrazioni. Il problema è che questi ristori sono un’elemosina, rispetto alle perdite. C’è chi non ci paga neppure le bollette di un mese. E poi c’è una disuguaglianza che facciamo fatica a capire: perché chi fattura fino a 300mila euro, ha diritto a un ristoro del 20%, e chi fattura oltre un milione di euro soltanto il 10%? Questi imprenditori si sentono giustamente penalizzati.

Lei è anche un imprenditore del catering. Le forti limitazioni imposte dal Governo sulle cerimonie hanno contribuito a fiaccare un comparto già in ginocchio dopo 6 mesi di inattività.
La mia ditta è completamente ferma. Già in primavera siamo stati i primi a essere stati bloccati e abbiamo fatto tanta fatica a riprendere. Conti che i banchetti ripartono almeno 2-3 mesi dopo le prime richieste. E non abbiamo fatto in tempo a ricominciare, che siamo stati chiusi di nuovo.

Una sala del ristorante Da Pino di Danilo Moresco

Così anche il lavoro programmato per gli ultimi mesi dell’anno è andato perso.
Avevamo già molte meno richieste rispetto al 2019 e adesso tutti i clienti hanno annullato. Non solo le cerimonie, ma anche i pranzi e le cene aziendali di fine anno. Ad oggi, l’anno scorso, al mio ristorante avevo già 200 prenotazioni, ora ho prenotato solo un tavolo da 6, ma lei crede che sarà confermato?

Come immagina il Natale?
Chiuso, a meno che non arrivi il vaccino. D’altronde provo a mettermi al posto del Presidente del Consiglio: come potrei lasciare aperto con i contagi che continuano a salire? Se la curva non scende, sarà inevitabile tenere chiuso, anche perché, parliamoci chiaro, è l’unico periodo dell’anno in cui non si intacca il mondo dell’industria e dell’artigianato.

I comparti della ristorazione e dell’accoglienza del Trentino cosa salvano di questo 2020?
I mesi di luglio, agosto e la prima metà di settembre. Con il turismo delle vallate, ristoranti, alberghi e birrerie di montagna hanno fatto una buona stagione estiva; qualcuno addirittura ha fatturato più dell’anno scorso. Viceversa, gli alberghi e i ristoranti dell’asta dell’Adige, che lavorano con meeting e fiere, sono stati penalizzati.

Come si prospetta la stagione turistica invernale del Trentino?
C’è un’indecisione totale, sono tutti col fiato sospeso. Anche se restassimo in fascia gialla, tutto il turismo di Campiglio, per esempio, non potrà esserci e aprire gli impianti per la popolazione locale non avrebbe senso.

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