Tempo di pipì al ristorante. Quando la legge è da dementi

La normativa in vigore afferma che andare al bagno nei ristoranti “non è consentito, salvo casi di assoluta necessità”. Ma come si potrà mai verificare che il bisogno sia davvero impellente?

28 aprile 2021 | 18:54
di Alberto Lupini
Il tema farà sorridere i più. Ma è uno degli esempi della superficialità e dell’approssimazione con cui la burocrazia e la politica possono complicare situazioni già non facili. Nei bar e nei ristoranti che lavorano con spazi all’aperto, è possibile accedere ai bagni? Ne abbiamo già scritto più volte e abbiamo indicato che, ovviamente, dovrebbe essere possibile. Ma non è sicuro al 100% tanto che c’è chi, richiamandosi alla normativa in vigore, sostiene che “non è consentito, salvo casi di assoluta necessità”. E se lo scrive una testata autorevole come il Sole 24Ore, c’è da cominciare a porsi qualche dubbio. Al punto che non sono pochi i gestori di locali che stanno inondando di domande le Prefetture per capire come comportarsi. Ma, guarda caso, su una questione non poi così banale, come diciamo dal primo giorno, nessuno prende posizione. Non lo fa il ministero degli Interni, che pure ha idee chiarissime (si fa per dire) sul consumo al bancone di un bar… E non lo fa nemmeno il ministero della Salute, che di “pipì” pare volersi occupare solo se ci sono di mezzo analisi delle orine o magari una prostatite.



Ora, al di là dell’ironia, ci piacerebbe capire chi può davvero sostenere che, soprattutto in tempi di igiene assoluta, qualcuno può vietare di accedere ai bagni. Se obblighi ci devono essere, questi dovrebbero riguardare solo la totale e costante pulizia dei bagni, pena la chiusura del locale. O meglio, va bene vietarlo a chi non è seduto al tavolo, ma come non permettere di lavarsi le mani prima e dopo avere pranzato, espletare un bisogno fisiologico o anche solo controllare il trucco allo specchio?

Forse che dopo l’apertura di cinema, stadi, palazzetti dello sport, piscine e palestre gli utenti se la devono fare addosso? Anche solo per buon senso, dovrebbe essere chiaro a tutti che i bagni sono un servizio indispensabile (senza i quali non si può nemmeno avere la licenza per somministrare cibo o bevande…) e devono per forza essere accessibili “sempre”.

Ma anche la “pipì” diventa una questione politica o comunque fa discutere. Si tratta di una situazione assurda, da caduta dell’impero bizantino, ma che purtroppo attesta di come siamo caduti in basso. Anzi, visto il tema, ci sarebbe da dire che siamo proprio nella m…!

Ma poi, per essere franchi, quale può essere il burocrate demente che in qualche norma ha inserito il termine “assoluta necessità”? Chi può controllare se l’evacuazione del bambino o di chi ha preso un colpo di freddo alla pancia (mangiando all’aperto in questo periodo non è infrequente...) sia una “necessità” da espletare in loco o si possa risolvere con una corsa a casa? Andiamo, qui non è più nemmeno buon senso, è solo stupidità distillata allo stato puro.

Certo, potrà obiettare qualcuno, siamo in Italia e qualcuno potrebbe fare il furbetto. Ma, escludendo la corsa al bagno come nuovo trend del post pandemia, l’unica scusa per andare tutti ai servizi potrebbe essere quella di un acquazzone improvviso… e qui si apre l’altro buco nero (scusate il riferimento) di questo ridicolo decreto: col brutto tempo i clienti possono ripararsi all’interno del locale? Ovviamente non tutti in bagno. Ma anche in questo caso nessuno risponde e come al solito piove sul bagnato. Basta che a bagnarsi non siano le mutande di chi per troppo rispetto di una normativa idiota cerca di trattenersela fino a casa.

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Alberto Lupini


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