Tassa di soggiorno 100 Comuni la adottano nel 2018

Saranno 100 i Comuni italiani che con l’arrivo del 2018 introdurranno le tasse di soggiorno dopo due anni di congelamento. Per le amministrazioni comunali è una manna dal cielo, coinvolto anche Airbnb

04 gennaio 2018 | 12:31
Solo l’anno scorso, la tassa ha prodotto oltre 460 milioni di euro di gettito destinati a diventare più di 500 quest’anno se non addirittura a 650 grazie agli accordi con Airbnb e le altre piattaforme a loro volta sottoposte sempre da quest’anno a questo prelievo.



Le novità non riguardano solo le “prime volte” di alcuni Comuni perchè quelli che l’avevano già introdotta in passato hanno colto l’occasione per aumentarla. Le prime città a muoversi già lo scorso luglio sono state Atrani e Bolsena, poi è arrivata Agrigento. A seguire molte località di montagna, da Cortina ad Alleghe, da Selva di Cadore ad Asiago, intenzionate a cogliere subito i frutti della stagione invernale. Negli ultimi sei mesi del 2017 sono stati 22 i comuni che hanno adottato l’imposta di soggiorno, segnala il Centro ricerche Jfc, mentre solo una l’ha cancellata (Lodi). A questi si aggiungono altri 35 Comuni che hanno approvato i nuovi regolamenti sul finire dell’anno.

E così dal 1 gennaio anche chi sceglie di soggiornare ad Asti, Piacenza, Mantova, San Pellegrino Terme, Arezzo, Assisi, Todi, Capaccio Paestum, Pompei e Realmonte dovrà pagare. E lo stesso dovranno fare nei prossimi mesi chi sceglierà Portofino, Rapallo, Santa Margherita Ligure, Zoagli, Ventimiglia e Sestri Levante, oppure Bellano, Sirolo Jesi, Volterra, Villaputzu e Cupra Marittima. A Cervia e Milano Marittima, solo per citare una delle poche zone a forte vocazione turistica rimasta finora zona «No tax», l’imposta di soggiorno scatterà invece ad aprile, con gli stessi importi di Rimini e Riccione. L’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno di JFC segnala poi che in altri 102 comuni la discussione è in corso pre cui ogni giorno la lista si allunga. Occhi puntati soprattutto su Liguria, Sardegna e Friuli Venezia Giulia, ultima Regione in ordine di tempo ad introdurre la tassa sui turisti.

Il risultato è che dai 13 Comuni che per primi nel 2011 hanno adottato l’imposta di soggiorno (apripista Roma che applicando la tassa più alta d’Europa cercava di tappare i buchi di bilancio) si è passati ai 377 del 2012 e quindi ai 724 del 2015. Finito il blocco, l’anno passato, è stata toccata quota 746 con la previsione di arrivare quest'anno addirittura a 845 tra città d’arte e comuni turistici. Sui 460 milioni raccolti nel 2016 ben 126 sono finiti a Roma capitale, a seguire Milano (41,4 milioni nel 2016), Firenze (30), Venezia (29), Rimini (7), Torino (6,25), Napoli (5,9) e Bologna (5,5).

La legge fissa solo un importo minimo (10 centesimi) e un tetto massimo di 5 euro a persona per notte (7 euro a Roma nei 5 stelle dove il limite massimo è fissato a quota 10). E così a Firenze, da quest’anno, il prelievo cresce di 50 centesimi per gli alberghi da 1 a 3 stelle, di 30 per quelli a 4 stelle e raddoppia da 1,50 a 3 euro per affittacamere ed Airbnb. A Venezia invece rincarano solo le imposte a carico dell’utenza delle strutture extra-alberghiere dove da 1euro e 50 si passa a 2-5 euro. A Riccione aumenti del 20-30%: da 0,30 euro per i 3 stelle fino a un euro in più per i 5 stelle. In Trentino 50 centesimi in più per tutte le tipologie di alberghi a San Martino di Castrozza, Primiero e Vanoi. Sull’isola di Ischia 5 Comuni su 6 hanno invece uniformato l’imposta estendendola a tutto l’anno. A Matera aumenti del 100% con gli hotel a 4 e 5 stelle che passano da 2 a 4 euro, mentre B&b e case vacanze salgono a 1 a 2 euro.

Dal Veneto alla Campania, dall’Umbria alla Puglia le associazioni degli albergatori masticano amaro. «Appena è stato tolto il blocco i comuni hanno dato libero sfogo alle loro esigenze di far cassa», spiega il direttore generale di Federalberghi Alessandro Nucara, secondo il quale «pagare le tasse è un dovere civico, ma un maggiore coinvolgimento degli operatori nella fase delle decisioni aiuterebbe. E poi ci deve essere un ritorno effettivo a favore dei servizi turistici offerti ai clienti, altrimenti è troppo facile dare una legnata in testa al turista perché tanto non vota nel Comune dove va in vacanza».

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Alberto Lupini


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