Sulle etichette vince il made in Italy: è il più cercato sugli scaffali

Lo dice l'Osservatorio Immagino (Oi), realizzato da Gs1 Italy in collaborazione con Nielsen, che ogni sei mesi racconta le preferenze degli italiani, incrociando le informazioni riportate sulle etichette dei prodotti. Fra i più scelti: pizze surgelate, vini Doc e spumanti classici, affettati e bevande a base di the con l'indicazione della regione di provenienza dei prodotti

28 marzo 2022 | 05:00
di Luca Bassi

In tavola si cerca di mettere sempre di più il made in Italy. Lo dice l'ultima ricerca,  Osservatorio Immagino (Oi), realizzata da GS1 Italy in collaborazione con Nielsen, che ogni sei mesi racconta le preferenze degli italiani, incrociando le informazioni riportate sulle etichette di migliaia di prodotti, compresi numerosi alimentari, con le rilevazioni di Nielsen su venduto, consumo e utilizzo dei media.

In tavola più “italianità”

Nel periodo monitorato, da giugno 2020 a giugno 2021, le etichette di prodotti alimentari riportanti i claim “prodotto in Italia”, “made in Italy”, “100% italiano”, “solo ingredienti italiani”, la “bandiera italiana”, il nome della regione di riferimento e le indicazioni geografiche europee (come Igp, Dop, Docg e Doc) hanno avuto i risultati più performanti. I numeri sono chiari e parlano di un aumento del + 1,8% negli ultimi 12 mesi per quanto riguarda i prodotti che riportano al concetto di “italianità”, rappresentando il 26,9% del sell-out del paniere alimentare dell’Oi: la più ricercata, sotto questo punto di vista, è stata la bandiera italiana che ha portato a un aumento del + 0,2%. Tra i prodotti più venduti con questo claim in etichetta troviamo, ad esempio, pizze surgelate, arrosti affettati, estrusi e bevande a base di thè.

Attenzione anche alle indicazioni geografiche

Grande attenzione viene data, sempre secondo lo studio di GS1 Italy, alle indicazioni geografiche europee Dop-Doc e Docg che hanno visto un aumento del + 11,5 % rispetto all’anno precedente, con le Docg che hanno fatto un balzo in su del + 17,1% trainati dalla vendita di prosecco, vini e spumanti classiciA spingere le vendite anche l'indicazione della regione di provenienza dei prodotti, che ha visto un aumento del + 5,4%. In particolare, la regione con il giro d’affari maggiore è stata il Trentino-Alto Adige, seguito da Sicilia e Piemonte, mentre le regioni con il tasso di crescita maggiore rispetto all’anno precedente sono state, in ordine, Lazio, Puglia e Veneto.

Si cerca anche il cibo più sano

Gli italiani sono un popolo che ama mangiare, si sa, ma negli ultimi tempi l'attenzione per la linea e per la buona salute sembra aver condizionato i volumi di vendita. Così, hanno ottenuto ottimi risultati anche i claim legati all’assenza di determinati elementi. Come “senza conservanti” (+ 18,4% rispetto all’anno precedente), soprattutto per prodotti quali pesce surgelato, uova e arrosti affettati; “non fritto” (aumento annuale del + 16,5%), in particolare per categorie come i fuoripasto salati e gli estrusi; “poche calorie” (+ 11,5% annuale), in particolare per bevande energetiche, confetture e integratori; “pochi zuccheri” e “senza zuccheri aggiunti” (rispettivamente + 7% e + 7,6%). In crescita troviamo inoltre i claim “senza additivi”, “senza glutammato“ e “senza aspartame”.

L'olio di palma fa meno paura?

Sembra frenare, invece, la paura dell'olio di palma: dopo anni e anni in continua crescita, la dicitura “senza olio di palma” si mostra col segno meno, con le vendite di prodotti con questo claim giù del – 0,5%. Nulla di clamoroso e terrificante, se non fosse però che quella dicitura negli anni scorsi aveva trainato una gran fetta del mercato e solo nello studio di un anno prima – quello riguardante il periodo tra il giugno 2019 e il giugno 2020, l'ultimo pre-Covid – era cresciuta (ancora) del + 1,4%.
Il boicottaggio dell'olio di palma, fino a una decina di anni fa molto diffuso a causa del basso costo di produzione e dell’elevata stabilità ossidativa quando utilizzato per friggere, è stato spinto soprattutto dal mondo ambientalista: l’elevata resa petrolifera degli alberi continuava a incoraggiare una più ampia coltivazione, portando una massiccia deforestazione di foreste pluviali in diverse parti del mondo per fare spazio alla monocoltura di palme da olio.

 

 

Vendite in su anche per alimenti veg e vegetariani

Ma non si va solo alla ricerca del “senza”, gli italiani quando devono comprare i prodotti alimentari guardano anche i prodotti “ricchi in”: tra i più ricercati la presenza di fibre, zinco, magnesio, proteine, vitamine, omega-3 e fermenti lattici. Bene anche per i prodotti alimentari riportanti i claim “veg” e “vegetariano”. Ottimi risultati sono stati ottenuti anche dai “superfrutti” come le mandorle, i mirtilli, il cocco e soprattutto l’avocado e, tra i cereali, per l’avena, e molto successo hanno avuto pure i claim inerenti alla presenza di semi, soprattutto quelli di zucca, lino, chia, sesamo e, al primo posto, canapa. Non seguono questo andamento, invece, le spezie: salgono solo vendite di prodotti che in etichetta annunciano la grande presenza di cannella.

Spirulina, che aumento incredibile

Crescono anche i claim come “açai” e “matcha”. Ma tra i grandi protagonisti di questo settore c'è senza dubbio la spirulina, un'alga ricca di proteine e amminoacidi essenziali, ma anche di acidi grassi, omega 3 e omega 6, vitamine e minerali, capace di fare un balzo nelle vendite superiore al 63%. Il perché è presto detto: quest'alga rientra nella composizione di molti integratori alimentari, che possono essere utilizzati per sopperire a determinate carenze in individui che adottano particolari regimi alimentari, come, ad esempio, i soggetti che seguono una dieta vegana. Gli integratori di spirulina, inoltre, possono essere utilizzati anche come adiuvanti nelle diete dimagranti. Infatti, se assunta prima dei pasti, sembra che la spirulina sia in grado di anticipare l'insorgenza del senso di sazietà.

Cosa è cambiato negli ultimi cinque anni

Come detto in attacco, l’italianità, in tutte le sue declinazioni, ha aumento in modo significativo il suo peso sul carrello della spesa, confermandosi come un aspetto rilevante nelle scelte d’acquisto dei consumatori. L’analisi di medio periodo condotta dall’Osservatorio Immagino mostra un’importante crescita del peso di questi prodotti sul giro d’affari di super e ipermercati nel food: tra giugno 2018 e giugno 2021, la quota a valore è passata dal 22,5% al 26,9%, con un incremento di 4,4 punti percentuali. Un altro aspetto interessante è il ruolo delle componenti di offerta e domanda nell’influenzare i trend delle vendite: infatti, l’andamento positivo del sell-out è dovuto non solo alla maggiore ampiezza degli assortimenti avvenuta in quasi tutti i periodi osservati, ma anche alla crescita dei consumatori registrata negli ultimi due anni. All’interno del mondo dell’italianità il claim che ha mostrato la maggiore evoluzione negli ultimi quattro anni è “100% italiano”, il cui peso a valore è salito dal 7,7% all’11,1%, grazie al trend positivo delle vendite, che sono rallentante solo nell’anno finito a giugno 2021.


Nell’anno finito a giugno 2018, quelle con le maggiori vendite erano mozzarelle, latte fresco e gli avicunicoli lavorati. Invece negli ultimi 12 mesi a guidare la crescita del 100% italiano sono stati la pasta di semola, gli avicunicoli lavorati e gli affettati, ma soprattutto tutto il mondo dei biscotti (in particolare quelli tradizionali e integrali/multicereali), le birre alcoliche e le merendine.

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Alberto Lupini


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