Facciamo che… facciamo che, in occasione del Pizza Day che si svolgerà il 17 gennaio, la storia della pizza la dividiamo in due epoche, così agevolando la comprensione di un iter che è millenario e secolare. Millenario quando parliamo di pizza (tre millenni) e secolare quando parliamo di pizzeria (tre secoli).
Una storia millenaria
Dunque, sguardo ai millenni del passato. Affascinante apprendere che il primo antenato della pizza ha addirittura connotazioni bibliche, dacché staremmo parlando dei pani azzimi cotti che costituirono il cibo dei seguaci di Mosè in fuga dall’Egitto. Nell’antico Egitto era usanza celebrare il genetliaco del Faraone, mangiando una focaccia condita con erbe aromatiche. Erodoto tramanda alcune ricette babilonesi che riconducono alle nostre focacce. Planktunos, la pizza degli antichi greci, veniva farcita prima della cottura. Virgilio narra in alcune sue opere, delle abitudini contadine di macinare chicchi di frumento, setacciare la farina ottenuta, impastarla con erbe aromatiche e sale, schiacciarla per renderla sottile, così conferendole la forma rotonda. La cottura avveniva al calore delle ceneri del focolare. Catone il Censore narra dell’esistenza di una pietanza molto popolare tra i romani dell’epoca, composta da un impasto di forma rotonda con olio d’oliva, spezie e miele che veniva cotto su pietra, definita Panis Focacius.
Ingredienti ben diversi dagli attuali
L’evoluzione di questi precursori della nostra pizza si trova ben evidente in epoca medioevale e rinascimentale, allorquando subentrano differenti metodi di cottura. Gli ingredienti, comunque, erano ben diversi dagli attuali!
Una considerazione di grande importanza: la pizza è alimento tipico delle popolazioni dell’area mediterranea.
Nel 16° secolo a Napoli ad un pane schiacciato venne dato il nome di pizza, probabilmente derivante dalla storpiatura della parola "Pitta”.
La nascita delle pizzerie
E adesso, sguardo ai secoli del passato. Pian pianino, la pizza comincia a diventare quella che conosciamo noi e la si comincia a mangiare nei locali appositi: le pizzerie.
La storia della pizza napoletana ha inizio a Napoli nel Seicento. Era ancora senza pomodoro, oggi la definiremmo bianca, condita solo con aglio, strutto e sale grosso nella versione che oggi definiremmo basic, oppure con caciocavallo e basilico nella versione “de luxe”.
Il pomodoro grazie all’estro dei napoletani
L’estro dei napoletani rese il pomodoro un ingrediente importante per la cucina locale già nel 16° secolo, mentre sulle tavole del resto del mondo questo frutto fece la propria comparsa soltanto un paio di secoli dopo.
Il salto qualitativo della pizza, difatti, si attua nel corso del Settecento, quando finalmente si consuma il matrimonio felice e duraturo (dura a tutt’oggi!) tra il pomodoro e quel disco di sole denominato pizza. Ed è proprio così che comincia ad affermarsi la vera, classica, tradizionale pizza napoletana.
Adesso la si denomina marinara: aglio, olio, origano e pomodoro. Il pomodoro era esclusivamente quello fresco: né pelati, né passate.
Alimento del popolo ma amata anche dai nobili
La pizza diviene subito alimento del popolo, ma nella capitale dei Borbone, dove già l’urbanistica e gli assetti viari consentono promiscuità di vita quotidiana tra nobiltà e “popolino”, la pizza diviene alimento attrattivo anche per i nobili. Si narra che Ferdinando I di Borbone, amante dei cibi semplici, assaggiasse le pizze della bottega di Antonio Testa detto n’Tuono (la prima pizzeria della storia) e se ne appassionasse talmente da farle inserire tra le vivande di corte.
Nel Settecento… cibo di strada e finger food
Nel Settecento a Napoli la pizza si mangia soprattutto per strada: è street food. Dalla seconda metà del secolo la si comincia a cuocere nei forni a legna e viene venduta sui marciapiedi prospicienti la bottega. Oltre al pick-up, c’è anche il delivery. Un delivery ante litteram: non è che si conosce chi l’ha ordinata e men che meno l’indirizzo di costui. No, è quella che nel gergo delle prassi commerciali si chiama “tentata vendita”. Le pizze, io pizzaiolo, comincio a farle, anche in congrua quantità; indi, le affido ad un abile garzone venditore, affinché procacci clientela. È la pizza a libretto, non si taglia con coltello e forchetta ma si mangia con le mani: è finger food.
Il garzone/venditore porta in equilibrio sulla testa la cosiddetta stufa in cui stanno al caldo le pizze e dà la voce, ovvero si autopromuove con l’opportuna enfasi. L’importante era rientrare in bottega con la stufa vuota e le monete in tasca.
Format dell’epoca: forno a legna a vista
A cavaliere fra Settecento e Ottocento comincia ad affermarsi l’usanza di consumare la pizza non solo per strada o a casa, bensì anche presso i forni in cui è stata cotta. Nascono le pizzerie! Format dell’epoca: il forno a legna sempre a vista, il bancone di marmo dove la pizza viene preparata secondo comanda e gli ingredienti per il topping in evidenza, i tavoli per i clienti, il banco esterno con le pizze da vendere ai passanti.
Nel 1889 arriva la Regina Margherita
Ed eccoci ad appena due secoli fa! Nasce la pizza più famosa al mondo: la pizza Margherita, inventata a Napoli.
È l’estate 1889. Il re Umberto I di Savoia e la sua consorte regina Margherita, trascorrono le vacanze a Napoli, nella bellissima reggia di Capodimonte. La regina è incuriosita dalla pizza di cui tanto sente parlare ma che mai ha avuto modo di assaggiare. I regi servizi di sicurezza non ritengono prudente e conveniente che la regina si rechi in pizzeria e allora… è la pizzeria che va alla Reggia di Capodimonte.
Viene convocato alla Reggia il più famoso pizzaiolo del tempo, Raffaele Esposito. Costui si presenta alla Reggia con il suo carretto trainato da un asino. Aveva caricato tutto l’occorrente su questo carretto. Coadiuvato dalla moglie Maria Giovanna Brandi, cuoce nei forni delle cucine reali tre diversi tipi di pizza che offre alla regina: una, detta “Mastunicola”, fu preparata con la sugna (una sorta di strutto), formaggio e basilico; una con aglio, olio e pomodoro (la classica pizza alla marinara) e una terza con mozzarella, pomodoro e basilico, per riprodurre i colori della bandiera italiana. Fu quest’ultima in particolare che entusiasmò la regina Margherita sia per il sapore sia per i colori che richiamano la bandiera tricolore italiana. La Regina vuole conoscere di persona il pizzaiolo. Gli chiede il nome di questa pizza. La risposta fulminea del pizzaiolo: “Margherita”!
È così che nasce la più famosa tra le pizze napoletane. Ed è così che la pizza napoletana diventa il piatto più famoso nel mondo.
Dalla storia alla cronaca
Le pizzerie da almeno 60 anni, diciamo dagli anni 60 dello scorso secolo, cominciano ad essere presenti anche fuori da Napoli e dalla Campania. Con il boom industriale degli anni Sessanta e con le emigrazioni dal Sud al Nord, la pizza napoletana arriva anche nelle città del triangolo industriale Genova, Milano e Torino.
Dal 4 febbraio 2010, la pizza napoletana è stata ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dell’Ue.
“L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” è stata riconosciuta nel dicembre 2017 dall’Unesco Patrimonio Culturale dell’Umanità, trasmesso di generazione in generazione e continuamente ricreato, in grado di fornire alla comunità un senso di identità e continuità e di promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana. Si tratta di una pratica culinaria che comprende varie fasi, tra le quali la preparazione dell'impasto, un movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo e la cottura nel forno a legna. Sin qui la storia millenaria della pizza e la storia secolare delle pizzerie.
Pizzaiuoli Napoletani, festa online per celebrare i 3 anni nell'Unesco
Giornata Mondiale della Pizza, i pizzaioli in diretta Facebook cucinano con gli utenti
Pizza, i falsi miti da sfatare. Un piatto toccasana per corpo e spirito, basta non eccedere
Che il Pizza day diventi mondiale. Pecoraro Scanio: Servono tutela e promozione dei pizzaiuoli e dei prodotti
L'arte del pizzaiuolo napoletano celebra 4 anni di Unesco e si trasforma in doodle
Insomma: la pizza e le pizzerie hanno un grande passato. E proprio perché hanno un grande passato, vi sono le potenzialità affinché abbiano un radioso futuro.
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024