Spesa più cara dopo il lockdown Milano in testa con 109 euro
A dirlo è un’indagine del Codacons: il capoluogo milanese a giugno ha registrato la media più alta per la spesa in prodotti alimentari. A Napoli si spendono quasi 40 euro in meno
11 agosto 2020 | 11:46
Il costo della vita dopo il lockdown ha subito un’impennata, soprattutto nel nord Italia. Ad evidenziarlo è una recente indagine del Codacons, che ha confrontato prezzi e tariffe di servizi, beni, prodotti alimentari e altre attività nel mese di giugno in 18 città della Penisola. Le tariffe analizzate comprendono 31 voci, dagli alimenti nel carrello della spesa fino a servizi di lavanderia, studi dentistici, bar, tasse sui rifiuti. A Milano va il primato di città “più cara” d’Italia, con una spesa media pari a 853,43 euro per l’acquisto delle voci totali; segue Cagliari con una spesa di 821,37 euro per l’intero paniere; Napoli al terzo posto con 819,53 euro. La provincia italiana più “economica” è risultata Pescara, dove vengono spesi mediamente 591 euro.
Analizzando in particolare la spesa per i prodotti alimentari, Milano e Aosta risultano le città in testa alla classifica con, rispettivamente, 109 e 97 euro, mentre a Napoli se ne spendono complessivamente 72,24. La media nella Penisola è di 87 euro. Ma, come riporta un servizio de “ilgiorno.it”, gli ambulanti milanesi non vogliono passare per “speculatori”. «La verità - spiega Vincenzo Fornato, 35 anni, venditore di frutta e verdura - è che i prezzi di frutta e verdura sono raddoppiati all’ingrosso quando è partito il lockdown. I rincari, peraltro, si verificano ogni volta che i raccolti sono rovinati dalla grandine o dalla neve. Non siamo noi che lavoriamo dietro le bancarelle ad avere ritoccato all’insù i prezzi».
Tra i prodotti alimentari utilizzati dal Codacons per l’analisi, c’è anche il pomodoro, che mette in evidenza un’anomalia: a Milano costa in media quasi 5 euro al chilo (4,73 euro) contro una quotazione media nazionale di 2,37 euro, praticamente la metà. Nelle altre 17 città prese in esame il prezzo è sotto i 3 euro al chilo. L’Osservatorio Prezzi del ministero dello Sviluppo economico certifica che nel capoluogo lombardo il datterino a giugno è stato venduto “a peso d’oro”: 6,4 euro al chilo. Secondo Fornato, però, «il datterino costa così perché la raccolta è svolta a mano ed esige particolare attenzione. Per il perino basta la metà, 3 euro al chilo».
Ma anche l’insalata fa registrare a Milano prezzi elevati, quasi 50 centesimi in più rispetto alla media italiana (2,47 al chilo il prezzo della lattuga contro 1,99) e i peperoni costano circa 3,30 euro al chilo contro una media nazionale di 2,86. Stesso discorso per il prezzo del petto di pollo, venduto a Milano a circa 13 euro al chilo mentre in media in Italia costa 10,62 euro. Anche il salmone non è da meno: oltre 24 euro al chilo a Milano, circa 7 euro in più rispetto alla media nazionale (17,85). «I beni e i servizi a Milano sono un po’ più cari ma è la città ad essere più costosa di altre, inclusi gli affitti e i costi di gestione dei negozi», spiega Giuseppe Zen, titolare della Macelleria Popolare.
Come si è detto, il costo della vita nella fase post-Covid prende in considerazione parametri diversi, dai quali emerge una netta separazione tra Nord e Sud Italia: per la spesa alimentare l’importo medio è più basso nel meridione, dove si pagano meno anche le cure dentistiche (lo stesso servizio di otturazione effettuato ad Aosta ha il triplo del costo: 174 euro contro i 64 di Palermo). Dall’indagine si è però anche evinto come il costo imposto dalla tassa sui rifiuti (Tari) sia notevolmente maggiore nelle città del Sud: Napoli e Cagliari, che pagano rispettivamente 500 e 425 euro, superano Milano con i suoi 313 euro.
Ad Ascoli Piceno riparare l’auto costa meno di 26 euro per convergenza ed equilibratura del mezzo, a Catanzaro il caffè si paga in media 0,80 centesimi al bar, mentre è a Trento dove il costo di un taglio di capelli dal parrucchiere è maggiore che nel resto d’Italia (mediamente 23,80 euro). La città italiana con il prezzo più elevato di benzina e gasolio è Genova, Torino la più economica per i servizi di tintoria. Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha spiegato che l’indagine è utile a verificare come sia cambiato il costo della vita nella fase immediatamente successiva all’emergenza, ma anche ad evidenziare le differenze esistenti tra le varie aree del Paese, con tutte le contraddizioni emerse.
Piazza Duomo a Milano
Analizzando in particolare la spesa per i prodotti alimentari, Milano e Aosta risultano le città in testa alla classifica con, rispettivamente, 109 e 97 euro, mentre a Napoli se ne spendono complessivamente 72,24. La media nella Penisola è di 87 euro. Ma, come riporta un servizio de “ilgiorno.it”, gli ambulanti milanesi non vogliono passare per “speculatori”. «La verità - spiega Vincenzo Fornato, 35 anni, venditore di frutta e verdura - è che i prezzi di frutta e verdura sono raddoppiati all’ingrosso quando è partito il lockdown. I rincari, peraltro, si verificano ogni volta che i raccolti sono rovinati dalla grandine o dalla neve. Non siamo noi che lavoriamo dietro le bancarelle ad avere ritoccato all’insù i prezzi».
Tra i prodotti alimentari utilizzati dal Codacons per l’analisi, c’è anche il pomodoro, che mette in evidenza un’anomalia: a Milano costa in media quasi 5 euro al chilo (4,73 euro) contro una quotazione media nazionale di 2,37 euro, praticamente la metà. Nelle altre 17 città prese in esame il prezzo è sotto i 3 euro al chilo. L’Osservatorio Prezzi del ministero dello Sviluppo economico certifica che nel capoluogo lombardo il datterino a giugno è stato venduto “a peso d’oro”: 6,4 euro al chilo. Secondo Fornato, però, «il datterino costa così perché la raccolta è svolta a mano ed esige particolare attenzione. Per il perino basta la metà, 3 euro al chilo».
Ma anche l’insalata fa registrare a Milano prezzi elevati, quasi 50 centesimi in più rispetto alla media italiana (2,47 al chilo il prezzo della lattuga contro 1,99) e i peperoni costano circa 3,30 euro al chilo contro una media nazionale di 2,86. Stesso discorso per il prezzo del petto di pollo, venduto a Milano a circa 13 euro al chilo mentre in media in Italia costa 10,62 euro. Anche il salmone non è da meno: oltre 24 euro al chilo a Milano, circa 7 euro in più rispetto alla media nazionale (17,85). «I beni e i servizi a Milano sono un po’ più cari ma è la città ad essere più costosa di altre, inclusi gli affitti e i costi di gestione dei negozi», spiega Giuseppe Zen, titolare della Macelleria Popolare.
Come si è detto, il costo della vita nella fase post-Covid prende in considerazione parametri diversi, dai quali emerge una netta separazione tra Nord e Sud Italia: per la spesa alimentare l’importo medio è più basso nel meridione, dove si pagano meno anche le cure dentistiche (lo stesso servizio di otturazione effettuato ad Aosta ha il triplo del costo: 174 euro contro i 64 di Palermo). Dall’indagine si è però anche evinto come il costo imposto dalla tassa sui rifiuti (Tari) sia notevolmente maggiore nelle città del Sud: Napoli e Cagliari, che pagano rispettivamente 500 e 425 euro, superano Milano con i suoi 313 euro.
Ad Ascoli Piceno riparare l’auto costa meno di 26 euro per convergenza ed equilibratura del mezzo, a Catanzaro il caffè si paga in media 0,80 centesimi al bar, mentre è a Trento dove il costo di un taglio di capelli dal parrucchiere è maggiore che nel resto d’Italia (mediamente 23,80 euro). La città italiana con il prezzo più elevato di benzina e gasolio è Genova, Torino la più economica per i servizi di tintoria. Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha spiegato che l’indagine è utile a verificare come sia cambiato il costo della vita nella fase immediatamente successiva all’emergenza, ma anche ad evidenziare le differenze esistenti tra le varie aree del Paese, con tutte le contraddizioni emerse.
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Alberto Lupini
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