Spariscono i negozi dai centri storici, ma crescono ristoranti e hotel

Secondo Confcommercio tra il 2012 e il 2023, in Italia, sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio; in crescita alberghi e locali (+9.800). Ma sia nel commercio sia nell'ospitalità si riducono le imprese italiane

08 febbraio 2024 | 14:44

Le città italiane perdono sempre più negozi. Secondo l’indagine “Demografia d’impresa nelle città italiane”, realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, tra il 2012 e il 2023, in Italia, sono, infatti, spariti oltre 111mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante; in crescita le attività di alloggio e ristorazione (+9.800).

Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi si riducono le imprese italiane (-8,4%) e aumentano quelle straniere (+30,1%). E metà della nuova occupazione straniera nell’intera economia (+242mila occupati) è proprio in questi settori (+120mila). Ovviamente i più colpiti sono i centri storci e non le periferie, sia per il Centro-Nord che per il Mezzogiorno.

Come cambiano i centri storici in Italia

E proprio nei centri storici, cambia anche il tessuto commerciale con sempre meno attività tradizionali (carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,4%, computer e telefonia +11,8%), attività di alloggio (+42%) e ristorazione (+2,3%). La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio nei centri storici rende sempre più preoccupante il fenomeno della desertificazione commerciale delle nostre città: nei 120 comuni al centro dell’analisi, negli ultimi 10 anni, sono sparite oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%) e la densità commerciale è passata da 12,9 negozi per mille abitanti a 10,9 (-15,3%).

Come salvare i centri storici e le città italiane?

Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, il commercio di prossimità deve puntare su efficienza e produttività, anche attraverso l’innovazione e la ridefinizione dell’offerta. E resta fondamentale l’omnicanalità, ovvero l’utilizzo anche di un canale online ben funzionante (negli ultimi cinque anni gli acquisti di beni su Internet sono quasi raddoppiati passando da 17,9 miliardi del 2019 a 35 miliardi del 2023). La crescita dell’e-commerce è la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.

«Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante - commenta il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli - Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale. Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città. In questa direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l’Anci- Associazione Nazionale Comuni Italiani a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città».

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Alberto Lupini


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