Green pass per soggiornare in hotel? No, al momento non serve. E per usufruire dei servizi di ristorazione? Nemmeno, a patto di essere clienti dell’albergo. Per chi viene da fuori, la certificazione dal 6 agosto varrà come in tutti gli altri pubblici esercizi. Ma stiamo parlando ancora di ipotesi, la certezza di una norma scritta sulla pietra ancora non c’è. Non sorprende, quindi, che il mondo dell’hôtellerie sia in subbuglio. A una settimana dalla data X, dubbi e incertezze da chiarire non mancano. Con tutte le conseguenze del caso, ossia: cancellazioni e disdette, caparre e acconti da restituire, personale da gestire e clienti da rassicurare. Per questo Italia a Tavola ha deciso di fare il punto della situazione con le varie associazioni di categoria.
Alessandro Nucara (Federalberghi): «Attendiamo un chiarimento dal ministero del Turismo»
«Il green pass per il soggiorno non è mai stato richiesto o previsto». Alessandro Nucara, vicepresidente vicario di Federalberghi è subito chiaro: chi prenota in un hotel italiano non dovrà esibire la certificazione verde ma dovrà sottostare alle norme vigenti per qualsiasi altro locale pubblico. Quindi: controllo temperatura, utilizzo delle mascherine negli spazi chiusi, distanziamento, igienizzazione frequente delle mani, ecc. Il margine di incertezza, semmai, è per i servizi di ristorazione: «Riteniamo che ci sia lo spazio per affermare, come è stato in passato, che per i ristoranti degli alberghi si applichino le regole utilizzate finora. Detto diversamente, niente green pass per chi è alloggiato. Ma su questo abbiamo comunque chiesto un chiarimento al ministero del Turismo che a sua volta si è attivato nei confronti della presidenza del Consiglio», spiega Nucara. Certo, i tempi stringono: «Ancora non abbiamo ricevuto risposta e il rischio è che se aspettiamo l’inizio della prossima settimana per decidere poi si avrebbero solo 4 giorni per organizzarsi. Troppo pochi».
Penalizzate sarebbero soprattutto le famiglie con bambini o figli giovani in età da vaccino ma ancora in attesa della somministrazione. Per loro la partenza per le vacanze rischia di trasformarsi da momento di relax a fonte di ansia e preoccupazione. Stessa cosa potrebbe però succedere a quanti si muovono (o meglio: si muoveranno da settembre in poi) per lavoro: «L’operaio di un cantiere che per lavoro deve andare in trasferta, oppure il businessman che ha un incontro di lavoro fuori sede come dovranno fare? Se il green pass fosse richiesto anche per le attività di somministrazione interne alla struttura alberghiera e lui non fosse vaccinato, dal momento che un obbligo per lavorare ancora non c’è, cosa dovremmo fare? Fargli mangiare panini in camera per una settimana?», provoca Nucara.
L’ideale sarebbe essere tutti vaccinati per togliersi il pensiero. «In questo modo il green pass sarebbe davvero uno strumento di ripartenza. D’altronde la nostra associazione è stata fra le prime, a gennaio, a chiedere una corsia preferenziale per la vaccinazione del personale. Sappiamo bene quanto sia importante la sicurezza di tutti: dei dipendenti, delle loro famiglie, dei colleghi, del cliente e, nel complesso, del business», conclude Nucara.
Maria Carmela Colaiacovo (Confindustri Alberghi): «Risolvere i nodi relativi i flussi esteri in entrata»
Su posizioni simili anche Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Confindustria Alberghi: «Speriamo che per il 6 agosto ci siano delle risposte, soprattutto per i clienti e le famiglie già alloggiate nelle nostre strutture». Di sicuro, però, le criticità da risolvere nel giro di sette giorni non mancano: «Innanzitutto c’è il tema del riconoscimento reciproco del green pass e delle vaccinazioni fatte all’estero da parte dell’Italia. Un aspetto che sta bloccando diversi flussi in entrata. In secondo luogo, c’è da capire come interpretare la norma relativa ai servizi di ristorazione. A ciò si aggiunge la gestione dei minori in età da vaccino ma che ancora non hanno potuto prendere appuntamento per la somministrazione della prima dose. Infine, c’è il tema dei soggiorni lunghi, le classiche due-tre settimane di agosto: cosa fare? Per monitorare il loro stato di salute dovremmo proporgli un nuovo tampone?», rivela Colaiacovo.
Dall’altro lato della barricata, poi, ci sono ancora da capire le ripercussioni per il personale lavoratore: deve anch’esso presentare il green pass? «Il personale degli hotel è già monitorato e lavora con tutti i Dpi richiesti. Il green pass dei lavoratori, quindi, è un falso problema».
Nicola Scolamacchia (Assohotel): «Sud e isole le mete più penalizzate dall'incertezza sull'uso del green pass»
«Purtroppo siamo alle interpretazioni», afferma Nicola Scolamacchia, presidente di Assohotel. «La nostra interpretazione è che gli ospiti degli alberghi possano utilizzare i servizi di ristorazione senza obbligo di green pass. Non dimentichiamoci che a maggio, quindi non più di tre mesi fa, negli hotel e negli alberghi si mangiava liberamente se alloggiati, mentre i ristoranti erano ancora alle prese con il tema delle sale al chiuso», ricorda Scolamacchia. Anche Assohotel ha rivolto una richiesta di chiarimento al ministero del Turismo con la speranza che la risposta arrivi presto. Quello che si vuole evitare è il “panico” da green pass per le persone che già si trovano all’interno di una struttura. «Tutte persone che, magari, hanno prenotato due o tre mesi prima quando di queste eventuali limitazioni non si parlava affatto», sottolinea Scolamacchia.
Non basta quindi affermare che il green pass per soggiornare non sia un tema all’ordine del giorno nell’agenda del Governo. I nodi da sbrogliare sono diversi. E bisogna farlo alla svelta: «L’incertezza sta creando danno anche perché parliamo delle settimane centrali di agosto quando le zone turistiche sono di solito esaurite. Diversi hotel hanno già dovuto applicare delle politiche di cancellazione molto flessibili restituendo caparre e acconti anche importanti. In particolare, sono il Sud e le isole a pagare dazio di queste incertezze dal momento che, oltre al green pass per gli alberghi, si sta parlando in questi giorni anche di quello per i trasporti come treni e traghetti. E in attesa di un’indicazione netta e sicura, le mete più difficilmente raggiungibili rischierebbero di essere le prime a perderne».
In tutto questo clamore c’è anche il tema dell’obbligo vaccinale per lavorare. «Noi siamo assolutamente favorevoli a una progressiva introduzione della quasi obbligatorietà della vaccinazione del personale dipendente. Ma questo non può avvenire in tempi stretti. Molto spesso, il personale alberghiero è giovane e la possibilità di vaccinarsi per gli under 35 si è sbloccata solo nell’ultimo mese e mezzo. Sempre che si siano abbastanza posti liberi da prenotare. Nell’attesa, ci atteniamo nei protocolli già in uso che hanno garantito la sicurezza degli ospiti anche nei momenti più duri della pandemia quando tutto era chiuso eccetto gli alberghi che hanno continuato a ospitare, nella massima serietà e nel massimo rispetto delle regole, i pochi clienti che si spostavano per necessità o lavoro», conclude Scolamacchia.
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Alberto Lupini
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