Smart working, contagi e timori: a Milano ristoranti quasi deserti
Alcune stime dicono che gli affari sono crollati dell'80%. Fipe ridimensiona un po' i numeri, ma ammette che la situazione è complicata. Conferme anche dai ristoratori per cui è impossibile programmare
Smart working, contagi, contatti stretti, restrizioni, paura, portafogli vuoti e pance piene. Sono questi i fattori che stanno mettendo in ginocchio i ristoranti di tutta Italia ma che in alcune città soffrono ancora di più. È il caso di Milano che secondo alcune stime sta perdendo l’80% dei fatturati rispetto ad una media del periodo che è già per tradizione bassa.
Stoppani: Momento difficile, ma non si può più chiudere
Quest’anno però c’è il Covid a trascinarla ancora più giù e i contagi alle stelle, con tutto quello che ne consegue, rappresentano una mazzata per la ristorazione, già abbastanza indebolita da due anni di pandemia. La conferma di una situazione complessa arriva anche dal presidente di Epam e di Fipe, Lino Stoppani il quale però prova comunque a ridimensionare l’allarme: «Parlare di un -80% di fatturati credo sia eccessivo - spiega - anche se non si può negare che gli affari non vanno bene. Gennaio è sempre un mese dell’anno magro perché viene dopo le Festività per cui i ragionamenti vanno inquadrati anche in questo contesto. Noi, come associazione, eravamo però di fronte a un bivio: puntare a restare chiusi e vivere di ristori, oppure puntare a restare aperti per essere pronti a tornare a pieno regime in fretta una volta scemata l’emergenza. Abbiamo preferito insistere sulla seconda ipotesi, perché ci crediamo e perché è nello spirito imprenditoriale giusto. Ciò non significa che non continuiamo a chiedere al Governo sostegni, sia sul fronte della cassa integrazione che su quello della liquidità che comunque dei ristori».
Temi delicati che prevedono scelte delicate e anche coraggiose. La linea del Governo e di Fipe è sempre quella di non chiudere, accettando di lavorare per qualche settimana anche in perdita, ma in modo sufficiente per rimanere sul mercato e non dover ripartire da zero al ritorno alla nuova normalità.
Canzian: Navighiamo a motori spenti, aspettando primavera
Ma i ristoratori cosa ne pensano? Sono più scettici e vedono in prima persona problemi molto più concreti e quotidiani con i quali fare i conti, come fare la spesa o dover pagare i dipendenti.
«Lavorare meno a gennaio è normale - spiega Daniel Canzian, del ristorante Daniel di Milano - ma l’andamento di questi primi giorni di gennaio è imbarazzante. È reale pensare che stiamo facendo l’80% in meno di incassi perché il pranzo è inesistente e la sera c’è poca gente. In tutto questo non dimentichiamoci che dobbiamo sostenere costi sempre più alti. Ora bisogna navigare a motore spento e a vele spiegate, misurando le spese in maniera chirurgica e attendendo la primavera».
Ma la scelta di puntare forte sul Super green pass a costo di restare aperti paga? «Sicuramente non si può più tornare indietro - perché ci sono stati troppi decreti in troppo poco tempo. Non voglio puntare il dito contro nessuno perché per tutti è una situazione nuova e difficile, ma sicuramente più chiarezza, trasparenza e fermezza avrebbe fatto bene a tutti».
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Tommaso Arrigoni: Impossibile pianificare
Umore grigio anche quello del collega Tommaso Arrigoni di Innocenti Evasioni, sempre nel capoluogo lombardo: «Noi abbiamo aperto da pochi giorni perché nei primi 9 giorni di gennaio siamo rimasti chiusi - spiega - ma posso dire che fino ad oggi la situazione è stata molto altalenante: giornate in cui non c’è nessuno, altre in cui si vede qualcuno, altre di deserto con oscillazioni a cui non siamo abituati. In teoria sarebbe forse restare chiusi, ma in pratica lavoriamo, in prospettiva, per essere pronti quando le condizioni saranno migliori».
Anche la ristorazione collettiva è in crisi, sono a rischio ottomila posti di lavoro
Non soltanto i bar e i ristoranti, la nuova emergenza pandemica e la reintroduzione dello smart warking stanno mettendo in ginocchio anche il settore della ristorazione collettiva. Secondo lo studio dell'Osservatorio Oricon sulla ristorazione collettiva, pubblicato a dicembre, sono a rischio ottomila posti di lavoro.
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Alberto Lupini
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