Sigep attiva la connessione. Uno sforzo per il Made in Italy

Si è aperta questa mattina la 42ª edizione del salone della gelateria, pasticceria, panificazione artigianali e caffè di Italian Exhibition Group: 1.048 utenti unici connessi per l’opening . Professionisti, artigiani e aziende cercano novità. Lorenzo Cagnoni, presidente Ieg: «Con il digitale, sostegno strategico a imprese in questa fase transitoria»

15 marzo 2021 | 15:57
Sigep Exp in digitale fa scuola nel mondo. La fiera si è aperta con 1.048 utenti connessi da ogni dove, questa mattina, per la manifestazione internazionale della gelateria, pasticceria e panificazione artigianali e del caffè di Italian Exhibition Group, per la prima volta su piattaforma online (raggiungibile dal sito sigep.it). Una bussola di qualità e visione per il mercato del foodservice dolce che si articola tra gli stand digitali dei 250 espositori e gli oltre 200 eventi organizzati da Ieg e dalle aziende nei due format Vision Plaza e Sigep Lab. Il primo passo per ritrovarsi poi tutti in presenza nel gennaio 2022 a Rimini.



Sigep resta strategico
«Siamo qui in formato digitale oggi – ha ricordato Lorenzo Cagnoni, presidente di Italian Exhibition Group – perché non possiamo fare diversamente e non vogliamo abdicare al nostro impegno strategico a favore delle imprese, in un periodo complesso come quello attuale. La rotta verso cui navighiamo è quella delle fiere in presenza e Sigep Exp è concepito per essere un punto di riferimento in questa fase transitoria. E i numeri ci danno ragione: 2mila i business meeting già fissati nelle agende dei buyer internazionali di oltre 60 Paesi. Dobbiamo attraversare un ponte, verso gli obiettivi di ripresa e sviluppo che stanno davanti a noi».

«Sigep è una manifestazione mondiale – ha detto in collegamento video il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini –, bene non aver ceduto alla tentazione di rinunciare. Con il digitale si possono continuare a promuovere le eccellenze di queste filiere, che il numero di buyer citati sta a dimostrare. Non c’è voglia di cedere. E sono fiducioso che il prossimo Sigep possa avvenire in presenza, per ricostruire fiducia e futuro, grazie anche alla vaccinazione, strumento che lo scorso anno non avevamo».



«Questa fiera è parte della città - ha sottolineato Jamil Sadegholvaad, assessore alle Attività economiche del Comune di Rimini -, punto di riferimento internazionale e ambasciatore del dolciario italiano nel mondo. È un momento difficile per fare business, ma siamo fiduciosi che nuove opportunità arriveranno dal Recovery Plan, per quei territori come Rimini che hanno imboccato la strada della sostenibilità e dell’innovazione e che hanno nella fiera un motore di sviluppo del territorio. Supereremo questo momento».

E la leva del settore del dolce artigianale si conferma strategica anche per l’export Made in Italy, come ha ribadito il presidente di Agenzia Ice Carlo Ferro: «Oggi l'Italia è il secondo esportatore al mondo di prodotti della categoria di caffè, il terzo di prodotti di pasticceria e pane, il quarto di gelati e di prodotti a base di cioccolato. Un primato che si conferma anche nei macchinari: deteniamo il 90% del mercato globale per le macchine e le vetrine della gelateria, siamo i primi nel mondo nell'export delle macchine per panificazione e dolci. Nel 2020, l'industria agroalimentare italiana ha registrato comunque una crescita delle esportazioni dell'1,7 % e all'interno di queste il segmento della gelateria una crescita del 2%».

Per sostenere la community del fuori casa dolce, Ieg ha costruito con la società globale Npd Group un salotto di pensiero (la Vision Plaza) per avere strumenti di analisi capaci di leggere e governare il cambiamento in atto nel settore.

Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, in apertura del primo talk, ha sintetizzato: «Trasformare un’esperienza così fisica come Sigep in qualcosa di digitale è stato un grande sforzo. Ma ognuno di noi, dal gelatiere a chi produce macchinari, ha dovuto creare qualcosa di inedito, nell’ultimo anno. I talk di Sigep Exp sono la seconda gamba di quel che offriamo al mercato, mentre procedono i colloqui business: conoscere i contenuti ed essere informati sulle principali tendenze, in attesa di rivederci a Rimini il prossimo gennaio».

Sul tavolo temi di estrema attualità
Tre le direttrici principali di cui professionisti e imprese devono essere consapevoli oggi, emerse nell’incontro inaugurale di stamane. «Smart working, mobilità sostenibile e riduzione degli spostamenti erano tendenze già in atto, ora accelerate – ha dichiarato Matteo Figura, Direttore di NPD Group Foodservice per l’Italia –. La ristorazione risponde a bisogni di esperienza che arricchiscono la qualità della vita. La funzione di servizio della ristorazione deve dunque essere riorganizzata e va portata in luoghi nuovi, non solo urbani».

Gli ha fatto eco la professoressa Simona Tondelli, urbanista dell’Università di Bologna: «Le città cambiano sempre, sono organismi viventi che si adattano ai cambiamenti. Ma la riorganizzazione degli spazi che segue al distanziamento fisico non fa venire meno il bisogno di socialità. La dieta mediterranea è patrimonio intangibile Unesco, anche per le forme di relazione che implica, a partire dallo stare a tavola assieme».

«Un seme di ripartenza – ha concluso Francesco Bruschi, strategy director FutureBrand Milano – c’è. In questa trasformazione non perderemo le peculiarità del cibo, ma dovremo innovarle. Da una maggiore attenzione agli aspetti di salubrità, alla sostenibilità, il digitale interverrà soprattutto nella diversificazione delle esperienze che associamo al cibo e che ne costituiscono l’identità».

In pasticceria si vince con la tecnologia
L’importanza della tecnologia in pasticceria è stato uno dei temi affrontati nel corso della prima giornata. A confrontarsi sull'argomento due dei mostri sacri del settore: Iginio Massari e Gino Fabbri. Mentre la miccia che ha acceso la duiscussione è stata l'attivazione di RoboQbo, la macchina ideato da Giuseppe Malavasi per aiutare i pasticceri. Risultato? Una crema perfetta. «La crema che abbiamo visto ha una lucidità unica che con le mani è difficile ottenere. A cosa servono le macchine? servono a migliorare i prodotti e gli uomini. Queste macchine sembrano le bacchette magiche che sognavo da ragazzo», ha detto Massari. «La gente ci aspetta con delle novità. Questo periodo di chiusure non deve essere buttato via, ma usato per migliorare i nostri prodotti con proposte nuove», ha aggiunto Fabbri. E agli scettici della tecnologia in pasticceria, Fabbri ha ricordato che «nell’800, se un collega avesse avuto la macchina, l'avrebbe usata. Se sei un professionista la usi, altrimenti sei solo un poeta».
 
Il futuro del gelato artigianale? Prezzi giusti e collezioni
Saper raccontare il proprio prodotto trasformando le modalità di vendita e collaborando con i colleghi gelatieri. Obiettivo finale: alzare il prezzo medio del gelato artigianale. Questa la ricetta proposta al talk a cura di Editrade. «Sia nel lockdown del 2020, sia in questa fase di restrizioni, ci si è trovati a dover proporre il gelato artigianale senza poter far vedere il prodotto. Asporto e delivery necessitano di un radicale cambiamento delle strategie commerciali: da una vendita passiva a una attiva. Per farlo, il gelatiere deve imparare a comunicare e a raccontare il suo prodotto, come fanno gli chef stellati, con la consapevolezza del suo valore», ha spiegato Franco Cesare Puglisi, giornalista, editore e ceo di Editrade. Stefano Giordani, maestro gelatiere di Maniago, ha raccontato la sua esperienza: «Tra fine 2020 e inizio 2021, abbiamo iniziato a raccontare il nostro gelato sui social, abbinando ai vari gusti un prodotto che avevamo già in casa, il cioccolatino, che è diventato un gadget. La soluzione per rialzarsi è comunicare il prodotto che facciamo e coccolare il cliente più di prima». Massimiliano Scotti, maestro gelatiere e campione europeo di gelato, ha lanciato una proposta ai colleghi: «Un’idea potrebbe essere lanciare delle capsule mensili, con gusti molto particolari e ricercati, magari con ingredienti regionali, come per esempio il malaga fatto con l’Amarone, portando il Veneto in Piemonte, la Lombardia in Campania, scambiandoci le ricette e iniziando ad alzare il prezzo dei nostri prodotti».
 
Fuori casa: il mondo prima e dopo il covid
Jochen Pinsker, senior vice president foodservice Europe di Npd Group ha tracciato, in un dialogo con Matteo Figura, direttore foodservice Italia di Npd Group, una mappa su cui orientarsi nei prossimi mesi, forse anni. In Europa, più della metà della perdita del settore proviene dallo stop agli spostamenti verso il lavoro o verso la scuola. Quattro i fattori di questo mutamento: «Il potere d’acquisto, la riduzione di orari e spazi, la percezione dei consumatori, infine i cambiamenti in vita privata e stili di lavoro, smartworking, chiusura degli uffici, riduzione viaggi di lavoro». Il quadro che ne viene fuori è un sali-scendi. «Nel 2021 si prevede un fatturato di 246 miliardi di euro, non positivo come negli anni precedenti,  ma meglio del 2020. Finché sarà il Covid a dettare le regole, saremo costretti a stare a casa con una spinta perciò alla digitalizzazione, consegne a domicilio e comfort food». Mentre per il dopo pandemia, l’analista di Npd Group prevede una nuova socializzazione, maggiore interesse per la sostenibilità, nuove opportunità in nuove location. La parola chiave sarà la facilità di accesso al cibo, a partire dalla scelta, anche fuori casa.
 
Sostenibilità, l'esempio virtuoso della farina
Grazie a un talk organizzato da Italmopa, che riunisce in Confindustria le imprese molitorie italiane, si è parlato di sostenibilità. A confronto, la seconda manifattura italiana, e cioè la produzione alimentare, e due casi di studio: Barilla e Agugiaro&Figna Molini. «L’industria alimentare è un nostro patrimonio, che negli ultimi nove anni ha diminuito lo spreco d’acqua e l’emissione di Co2. I rifiuti sono davvero pochi: gli imballaggi sono ridotti del 35%, l’alluminio del 30%, il vetro del 60%. E siamo pronti a dare un contributo alla strategia europea Farm to fork, ha ricordato il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio. Buono per te, buono per il pianeta, invece, è la mission di Barilla da dieci anni, ricorda Michele Zerbini, a capo degli acquisti delle farine per la multinazionale parmense. Obiettivo: arrivare al 100% della sostenibilità. Per questo con i partner fornitori si fa leva su un minor utilizzo di chimica e più biodiversità. E così è nata la “carta del mulino”, per la filiera dei fornitori di Barilla che prevede che il 3% dell’area di coltivazione del grano tenero sia destinata a coltivazione di fiori. Svolta green genuina anche per il progetto “Bosco del Mulino” di Molini Agugiaro e Figna, che ha deciso di destinare 13 ettari ad un bosco, come ha ricordato Marco Benedetti, research manager di Cinsa. Un modo concreto di restituire valore green ai dipendenti e alla comunità che trasforma un impegno in poesia. Per l’architetto Lisa Di Marco, che ha sviluppato questo progetto per l’azienda molitoria, si tratta di una valorizzazione del territorio che va al di là dell’utilizzo e sfruttamento di una risorsa naturale e restituisce libertà.

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Alberto Lupini


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