Nell'era dell'experience economy il cliente cerca eccellenza e novità

26 marzo 2017 | 09:27
di Vincenzo D’Antonio
Che sia vezzo oppure che sia il voler palesare schiettamente che si segue criterio saggio sugli approvvigionamenti, fatto è che sovente nei ristoranti che erogano qualità consapevole, si leggono locuzioni del tipo “secondo pescato”, “secondo mercato”, “secondo stagione”. E va bene. Ecco, vorremmo fantasticare e pensare ad un backstage di menu, ovvero il draft di menu che il patron coordina con la cucina, che oltre alle suddette voci, contempli anche, fino a divenirne driver principale, la voce per adesso solo fantasiosa “secondo dato”.



E cosa significherà mai questa voce “secondo dato”? Ci sia consentito un (non breve) retro passo. Oggi siamo al cospetto di una subentrante forma di economia. Dopo aver vissuto, difatti, l’economia agricola e poi, in successione, l’economia industriale e l’economia dei servizi, adesso siamo, neologismo, alla experience economy. In questa experience economy, l’esperienza, appunto, gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della relazione con i consumatori e quindi, a conseguirne, nella generazione di valore.

Diviene profittevole, pertanto, quel business che si costruisce intorno all’obiettivo di creare un’esperienza soddisfacente per l’utente. Ma, naturalmente, un’esperienza per l’utente può essere soddisfacente allorquando vissuta la prima volta e poi indifferente, indi addirittura insoddisfacente allorquando vissuta in situazioni successive. Pertanto, l’abilità incrementale e distintiva diviene saper empaticamente costruire esperienze, ogni volta cogliendo ulteriori caratteristiche ed ulteriori esigenze dell’utente. Cosa non facile, va detto. Il ristoratore dovrà saper immaginare e proporre ai suoi clienti esperienze memorabili. Tale obiettivo, nei fatti ardimentoso, non è velleitario se e solo se il ristoratore comprende, agendo conseguentemente a ciò, l’importanza di riorientare l’intrapresa con questa nuova vision centrata sulla customer experience. E la customer experience diviene prassi attuabile allorquando il dato diviene il vettore cognitivo primario del ristorante. È così. Ecco perché parliamo di experience economy. Occhio alla piramide.



La denominiamo “piramide della conoscenza”. Siamo al cospetto di una triade virtuosa. Alla base della piramide troviamo i dati, ovvero i mattoncini elementari costituenti quelle che al livello immediatamente superiore, divengono le informazioni. Sì, allorquando saputi interpretare, allorquando letti con sapienza e con l’opportuno ausilio di software tools, i dati vengono trasformati in informazioni. L’informazione viene poi, a fronte di robusto know-how conseguito, distillata in conoscenza. Quanto parlare si fa, giustamente e doverosamente, anzi plaudiamo alla recente legge che prova a mettere ordine in materia, di spreco di cibo.

Ecco, il ristoratore dovrebbe acquisire contezza anche di altro spreco che avviene nel suo ristorante: lo spreco di dati. Quanti dati il cliente trasmette al ristoratore ed il ristoratore sciattamente butta in pattumiera? E quanti dati il ristoratore potrebbe acquisire dall’esterno, a partire dai suoi fornitori e proseguendo per letture accorte di fonti pertinenti (soprattutto in rete), ed invece palesa disinteresse e disattenzione? Ciò non giova al business poiché, la carenza di dati comporta, la piramide della conoscenza ci supporta in ciò, carenza di informazioni e, di conseguenza, non si distilla conoscenza e non si pone in essere la customer experience. Acquisire conoscenza dovrebbe condurre il ristoratore a vedersi svelate le azioni da compiere mediante il basilare paradigma del “e pertanto ne consegue che”.

Ci porremmo alla guida di un’automobile se essa fosse sprovvista di cruscotto? Forse sì, se si trattasse di percorrere qualche centinaio di metri; giammai qualora si trattasse di affrontare un tragitto di chilometri. Ecco, condurre l’impresa ristorante significa effettuare tragitti non brevi, non facili e soprattutto non sempre noti. Il cruscotto (dashboard) è necessario. Mediante dashboard, che è lo strumento scaturente dall’utilizzo consapevole della piramide della conoscenza, potremo progettare il più seduttivo dei menu, quello in backstage ottenuto partendo dal… secondo dato. Siamo nella experience economy; si tratta di prenderne atto.

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Alberto Lupini


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