La settimana di Ferragosto non salverà il turismo dalla crisi
Confindustria Alberghi fotografa la situazione turismo in Italia: poca domanda, vacanze mordi e fuggi (soprattutto nel weekend), strutture ancora chiuse o che pensano di chiudere nuovamente . E Ferragosto non promette bene: malgrado le strutture aperte non siano neppure al 50% del totale, si è lontani dal tutto esaurito
07 agosto 2020 | 11:03
Il prossimo weekend, che è legato alle partenze e ad un momento significativo della stagione in termini di risultati, sta confermando la crisi del settore. Malgrado le strutture aperte non siano neppure al 50% del totale, siamo ben lontani dal tutto esaurito che da sempre caratterizza questo periodo dell’anno. I mesi successivi al lockdown, che ha paralizzato il settore turistico imponendo di fatto la chiusura di oltre il 95% degli alberghi in Italia, sono stati caratterizzati da un andamento delle riaperture lento e discontinuo nelle diverse destinazioni, ad oggi ben lontano dall’essere concluso.
Il monitoraggio Confindustria Alberghi che dall’inizio di giugno fotografa di settimana in settimana l’andamento del settore vede una consistente percentuale di strutture chiuse ormai dall’inizio di marzo e che in molti casi non hanno la possibilità di riaprire neanche nell’immediato futuro. Si tratta soprattutto di alberghi nelle città d’arte dove è chiuso il 67,3% delle strutture, ma all’appello non mancano le destinazioni balneari, dove il 17,3% degli alberghi non ha potuto riaprire per la stagione 2020 e quelle termali, con il 6% delle realtà ancora ferme.
La debolezza della domanda, sia in termini di numero di clienti ma anche di durata dei soggiorni – un fenomeno che colpisce sempre di più anche le destinazioni balneari – si conferma particolarmente critico per il settore.
Le attese, seppur nettamente al ribasso rispetto allo scorso anno, si sono scontrate con una realtà dei fatti ben peggiore e molte aziende che, con coraggio, avevano scelto di riaprire, alla luce di queste settimane e del quadro epidemiologico dei Paesi vicini, stanno valutando di chiudere nuovamente.
La parabola discendente sembra decisa a non arrestarsi neanche ad agosto: dopo un giugno e un luglio disastrosi sul fronte dell’occupazione delle camere – i pochi alberghi aperti delle nostre città d’arte, il fiore all’occhiello del nostro turismo, hanno registrato un tasso di occupazione camere di poco superiore al 10% (-70% rispetto al 2019), il crollo dei prezzi di vendita su agosto, registrato nel 60% delle strutture aperte, continua a testimoniare quanto carente sia ancora la domanda nei nostri alberghi.
Sul fronte occupazionale, la debolezza della domanda non consente alle aziende di richiamare in servizio tutti i propri lavoratori. Ancora oggi infatti l’83% delle imprese dichiara di lavorare con un organico ridotto di rispetto a quello dello scorso anno (addirittura nel 30% dei casi con meno della metà del personale del 2019).
Continua ad essere importante il ricorso agli ammortizzatori sociali (oltre il 60% contro l’84% delle primissime rilevazioni) e aumenta il numero di aziende, più del 40%, che dichiarano minori assunzioni di personale stagionale sia nelle destinazioni leisure che in quelle di città. Dato ancora più significativo questo se si considera che inizialmente le rilevazioni di giugno vedevano coinvolte circa il 20% delle strutture.
Un quadro che si riflette sulle attese per i prossimi mesi e che sposta decisamente la ripresa al 2021. Una crisi più lunga e profonda di quanto si poteva pensare nei giorni del lockdown, che mette seriamente a rischio la sopravvivenza del settore. Per questo le scelte del Governo di questi giorni e di queste settimane, sono e saranno fondamentali per la sopravvivenza delle imprese e per garantire la sussistenza alla centinaia di migliaia di lavoratori del settore e delle loro famiglie.
Scarsa domanda e tante strutture chiuse: il Ferragosto pre-covid è un miraggio
Il monitoraggio Confindustria Alberghi che dall’inizio di giugno fotografa di settimana in settimana l’andamento del settore vede una consistente percentuale di strutture chiuse ormai dall’inizio di marzo e che in molti casi non hanno la possibilità di riaprire neanche nell’immediato futuro. Si tratta soprattutto di alberghi nelle città d’arte dove è chiuso il 67,3% delle strutture, ma all’appello non mancano le destinazioni balneari, dove il 17,3% degli alberghi non ha potuto riaprire per la stagione 2020 e quelle termali, con il 6% delle realtà ancora ferme.
La debolezza della domanda, sia in termini di numero di clienti ma anche di durata dei soggiorni – un fenomeno che colpisce sempre di più anche le destinazioni balneari – si conferma particolarmente critico per il settore.
Le attese, seppur nettamente al ribasso rispetto allo scorso anno, si sono scontrate con una realtà dei fatti ben peggiore e molte aziende che, con coraggio, avevano scelto di riaprire, alla luce di queste settimane e del quadro epidemiologico dei Paesi vicini, stanno valutando di chiudere nuovamente.
La parabola discendente sembra decisa a non arrestarsi neanche ad agosto: dopo un giugno e un luglio disastrosi sul fronte dell’occupazione delle camere – i pochi alberghi aperti delle nostre città d’arte, il fiore all’occhiello del nostro turismo, hanno registrato un tasso di occupazione camere di poco superiore al 10% (-70% rispetto al 2019), il crollo dei prezzi di vendita su agosto, registrato nel 60% delle strutture aperte, continua a testimoniare quanto carente sia ancora la domanda nei nostri alberghi.
Sul fronte occupazionale, la debolezza della domanda non consente alle aziende di richiamare in servizio tutti i propri lavoratori. Ancora oggi infatti l’83% delle imprese dichiara di lavorare con un organico ridotto di rispetto a quello dello scorso anno (addirittura nel 30% dei casi con meno della metà del personale del 2019).
Continua ad essere importante il ricorso agli ammortizzatori sociali (oltre il 60% contro l’84% delle primissime rilevazioni) e aumenta il numero di aziende, più del 40%, che dichiarano minori assunzioni di personale stagionale sia nelle destinazioni leisure che in quelle di città. Dato ancora più significativo questo se si considera che inizialmente le rilevazioni di giugno vedevano coinvolte circa il 20% delle strutture.
Un quadro che si riflette sulle attese per i prossimi mesi e che sposta decisamente la ripresa al 2021. Una crisi più lunga e profonda di quanto si poteva pensare nei giorni del lockdown, che mette seriamente a rischio la sopravvivenza del settore. Per questo le scelte del Governo di questi giorni e di queste settimane, sono e saranno fondamentali per la sopravvivenza delle imprese e per garantire la sussistenza alla centinaia di migliaia di lavoratori del settore e delle loro famiglie.
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Alberto Lupini
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