Se scompaiono i turisti a rischio oltre 5mila prodotti tipici enogastronomici
Il blocco dei flussi turistici ha impattato l'intera filiera dell'accoglienza e il settore enogastronomico arrivando a mettere a repentaglio 5.266 prodotti alimentari tradizionali custoditi lungo tutta la Penisola
07 maggio 2021 | 13:03
Il crollo del turismo enogastronomico (-27% di presenze nel 2020) trascina con sé una serie di altri anelli della filiera che non sempre sono evidenti. Al di là dei ristoranti costretti a chiudere per mancanza di turisti e la conseguente perdita di posti di lavoro c’è anche il rischio che 5.266 prodotti alimentari tradizionali custoditi lungo tutta la Penisola da generazioni dagli agricoltori scompaiano.
L’Italia del resto è leader mondiale nel turismo enogastronomico che vale oltre 5 miliardi con la ricerca dei prodotti tipici che è diventata un ingrediente irrinunciabile delle vacanze in un Paese come l’Italia che può contare sull’agricoltura più green d’Europa con la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole biologiche, la più grande rete mondiale di mercati di agricoltori e fattorie con Campagna Amica.
Il cibo è diventato la voce principale del budget delle famiglie in vacanza in Italia con circa un terzo della spesa di italiani e stranieri destinato alla tavola grazie anche un tesoro che può contare su 1.578 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, più di 1.498 verdure fresche e lavorate, 809 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 503 formaggi, 291 prodotti gastronomici, 170 prodotti di origine animale fra miele e latticini, 166 preparazioni a base di pesci e molluschi, 164 fra birre, bevande analcoliche, distillati e liquori e 49 tipologie di burro e oli.
A seguire si posizionano l’Emilia-Romagna (398) e il Veneto (380), davanti al Piemonte con 342 specialità e alla Liguria che può contare su 300 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 299 prodotti tipici censiti, la Calabria (269), la Lombardia (262), la Sicilia (264), la Sardegna (214), il Trentino Alto Adige (195), il Friuli-Venezia Giulia (178), il Molise (159), le Marche (154), l’Abruzzo (149), la Basilicata con 149, l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 36. «Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare «la necessità di valorizzare questo patrimonio anche per aumentare la spinta propulsiva del Made in Italy sui mercati esteri».
Un bene economico oltre che storico e sociale
I dati che hanno fatto scattare l’allarme si riferiscono al Rapporto sul Turismo enogastronomico in Italia 2021 da quale emerge che ben il 31% dei “vacanzieri del cibo” hanno tagliato la spesa nel 2020 rispetto all’anno precedente. In questo contesto è confortante l’annuncio del premier Mario Draghi che «dalla seconda metà di giugno sarà pronto il Green pass europeo mentre da metà maggio sarà in vigore il pass verde nazionale per i turisti italiani e stranieri». La mancanza di turisti, soprattutto stranieri, ha, infatti, un impatto pesante sulla sopravvivenza di tesori agroalimentari unici al mondo legati alla storia e all’economia dei territori, che sono il simbolo della grande creatività, tradizione, qualità e sicurezza alla base del successo del Made in Italy nel mondo. Un circolo vizioso che fa male ad ogni settore: senza turisti crollano i prodotti tipici e se crollano i prodotti tipici (e chi li lavora) manca un motivo forte di attrattività per i turisti stranieri.L’Italia del resto è leader mondiale nel turismo enogastronomico che vale oltre 5 miliardi con la ricerca dei prodotti tipici che è diventata un ingrediente irrinunciabile delle vacanze in un Paese come l’Italia che può contare sull’agricoltura più green d’Europa con la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole biologiche, la più grande rete mondiale di mercati di agricoltori e fattorie con Campagna Amica.
Un tesoro da preservare
Un patrimonio di tipicità da salvare che non ha solo un valore economico ma anche storico, culturale ed ambientale e che garantisce la sopravvivenza della popolazione anche nelle aree interne più isolate proprio nel momento in cui con il Covid pone l’esigenza di cambiare la distribuzione demografica della popolazione e ridurre la concentrazione nei grandi centri urbani ai quali, comunque, non bisogna far mancare l’attenzione per evitare che i centri storici si desertifichino. La mancanza di vacanzieri si trasferisce a valanga sull’insieme dell’economia per il crollo delle spese per, alimentazione, alloggio trasporti, divertimenti, shopping e souvenir.Il cibo è diventato la voce principale del budget delle famiglie in vacanza in Italia con circa un terzo della spesa di italiani e stranieri destinato alla tavola grazie anche un tesoro che può contare su 1.578 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, più di 1.498 verdure fresche e lavorate, 809 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 503 formaggi, 291 prodotti gastronomici, 170 prodotti di origine animale fra miele e latticini, 166 preparazioni a base di pesci e molluschi, 164 fra birre, bevande analcoliche, distillati e liquori e 49 tipologie di burro e oli.
Prodotti che danno da vivere a piccoli borghi
Tesori custoditi in 5.498 piccoli borghi che, con oltre la metà dell’intera superficie nazionale, hanno ampi margini di accoglienza residenziale in un paesaggio fortemente segnato dalle produzioni agricole, dalle dolci colline pettinate dai vigneti agli ulivi secolari, dai casali in pianura alle malghe di montagna, dai verdi pascoli ai terrazzamenti fioriti che raccontano per immagini la bellezza dell’Italia e la bontà dei suoi prodotti a tavola. La Campania si piazza in testa alla classifica delle regioni con più specialità tipiche, ben 552, davanti a Toscana (461) e Lazio (436).A seguire si posizionano l’Emilia-Romagna (398) e il Veneto (380), davanti al Piemonte con 342 specialità e alla Liguria che può contare su 300 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 299 prodotti tipici censiti, la Calabria (269), la Lombardia (262), la Sicilia (264), la Sardegna (214), il Trentino Alto Adige (195), il Friuli-Venezia Giulia (178), il Molise (159), le Marche (154), l’Abruzzo (149), la Basilicata con 149, l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 36. «Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare «la necessità di valorizzare questo patrimonio anche per aumentare la spinta propulsiva del Made in Italy sui mercati esteri».
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Alberto Lupini
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