Se non si riducono gli affitti bar e ristoranti chiuderanno

La Fipe chiede l'immediata riforma delle locazioni insieme al taglio del costo del lavoro. Cauta apertura del Governo che punta sulla cedolare secca al 10%. Stoppani: rischia di saltare il riavvio . Con meno tasse i proprietari di immobili potrebbero rivedere i canoni degli affitti. C'è la disponbilità della Confedilizia

26 giugno 2020 | 13:30
di Alberto Lupini
Gli affitti, insieme al costo del lavoro, sono la zavorra che rischia di inchiodare il lento riavvio dei pubblici esercizi che, quando va bene, nella media raggiungono fatturati di meno del 50% di quanto registravano prima del coivid-19. Si tratta di costi fissi insostenibili e che solo in parte sono stati attutiti con i bunus affitti e la Cassa integrazione. Occorrono tagli urgenti, a partire dalle locazioni. A lanciare un grido d'allarme è ancora una volta la Fipe che intervenie sul Governo ricordando la situazione difficilissima di molte piccole aziende soprattutto di quelle dei centri storici che, causa lo smart working e l'assenza di turisti, praticamente raggiungono a mala pena ricavi del 20% rsipetto quanto facevamo un tempo. Parlare di rischio chiusure generalizzate  è fin troppo facile. In questo contesto ci potrtebbe essere un ok del Governo a intervenire, in particolare da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, puntando su uno struimento come l’estensione della cedolare secca del 10% sugli affitti commerciali, da collegare ad una romodulazione dei contratti di affitto. La conferma arriva dal sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, che in una nota diramata dall’Adnkronos dice: «Ringrazio il presidente Conte per aver valutato positivamente la possibilità, che ho rappresentato nei giorni scorsi, di estendere la cedolare secca agli affitti commerciali».


Affitti, la Fipe chiede l'immediata riforma delle locazioni

Ma vediamo per punti la situzione, partendo in particolare da una dichiarazione di Lino Stoppani, presidente della Fipe secondo cui che «per risollevare le imprese della ristorazione e del turismo da tre mesi di lockdown e da un mese di incassi dimezzati, bisogna intervenire con coraggio rafforzando lo strumento degli indennizzi per le aziende che hanno avuto ingenti cali di fatturato e intervenendo sui costi strutturali delle aziende, costi del lavoro e affitti in testa. Interventi cioè di prospettiva e di lungo periodo, senza i quali qualsiasi altra operazione risulterebbe inefficace e insufficiente. Intendiamoci: un taglio temporaneo dell’Iva è auspicabile, anche se dovrebbe riguardare settori strategici per il Paese come il Turismo e la Ristorazione ed essere di congrua durata affinché la riduzione dei prezzi sia percepita, oltre che rappresentare un’iniezione di fiducia ai consumi, ma in questo momento occorre avere maggiore coraggio e vi sione sulle prospettive, avviando insieme l'abbattimento del cuneo fiscale e contributivo per ridurre il costo del lavoro in maniera efficace, anche per mantenere i livelli occupazionali e non disperdere competenze. Certo, si tratta di una manovra onerosa, ma l’attuale flessione dei fatturati dei 300mila Pubblici Esercizi determina minori incassi per lo stato pari ad oltre 4 miliardi di euro. I conti pubblici, insomma, soffrirebbero maggiormente se prevalesse una linea attendista, rispetto a una coraggiosa, che avrebbe il necessario effetto moltiplicatore sull'economia del Paese».


Lino Stoppani

Stoppani interviene così nel dibattito sulle riforme fiscali avviato nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e alimentato nelle ultime ore sia dai vertici della Corte dei conti, sia dal sottosegretario all’Economia, Paolo Barretta. «Oggi grazie ad alcune misure emergenziali da noi richieste e approvate dal Governo – prosegue la Fipe – i ristoranti stanno ricominciando pian piano a lavorare, soprattutto quelli che non dipendono in maniera esclusiva dai turisti e dagli uffici. Gli incassi, tuttavia, si sono ridotti mediamente del 56% e questo per il combinato disposto di paura sociale, riduzione delle capienze per il distanziamento sociale, mancanza di turismo, eccessivo ricorso allo smart working. I costi d’impresa, al contrario, sono rimasti ai valori pre-Covid. Noi vogliamo continuare a lavorare ed animare il nostro territorio, ma o si trova il modo di adattare l’intero impianto fiscale al nuovo contesto di mercato, o si rischia di perdere un’eccellenza tutta italiana che poi sarebbe difficile ricostruire».


I ristoratori sono in ginocchio per le troppe tasse

Il Governo punta ad un accordo con Confedilizia
In questa contesto il sottosegretario Villarosa, comne antiicpato, spiega che si valutando «una modalità applicativa che possa consentire anche una riduzione dell’importo degli affitti già contrattualizzati». L’idea, aggiunge Villarosa, «nasce a seguito di un ciclo di incontri con le imprese ed i rappresentanti delle categorie interessate. Ringrazio Confedilizia per la fiducia riposta e sono certo che la misura contribuirà a stimolare, nuovamente, il settore immobiliare e tutti gli altri gravemente colpiti dall’emergenza Covid-19». Proprio Confedilizia, infatti, era stata il fautore della proposta, avviando un confronto con il Governo attraverso il deputato di Italia Viva, Luigi Marattin, che è relatore del Decreto Rilancio. L’associazione della proprietà edilizia auspica, come riferisce il suo presidente, Giorgio Spaziani Testa, «un potenziamento del credito d’imposta del 60 per cento previsto dall’articolo 28 attraverso un incremento delle mensilità interessate, attualmente circoscritte a marzo, aprile e maggio». Una proposta da tempo chiesta anche dalla Fipe.

Ma Confedilizia sollecita anche l’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate «per consentire la cessione del credito, in primis al locatore». Per Spaziani Testa, la via maestra per la ripresa delle attività economiche «è prevedere una cedolare secca per tutti i contratti di locazione ad uso non abitativo. In alternativa, potrebbe essere introdotta – in analogia con quanto efficacemente in essere per gli affitti abitativi "concordati" – una cedolare del 10 per cento, accompagnata da un abbattimento del 25 per cento dell’Imu, in caso di riduzione del canone del 20-25 per cento rispetto a quello previsto in contratto».

La strada della dedolare secca del 10%
Proprio quest’ultima è la strada seguita dal Governo: «Oltre alla cancellazione dell’Irap, escludiamo, almeno per l’intero 2020, il pagamento dell’Imu sui capannoni ed estendiamo la cedolare secca agli affitti commerciali», scrive su Facebook il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia (M5S). Per la cedolare è stimato un intervento pari a 160 milioni di euro, mentre per l’Imu ammonterebbe a circa 4 miliardi. Ora, Confedilizia commenta così l’esito della vicenda: «L’annuncio, da parte dei sottosegretari Villarosa e Sibilia, dell’intenzione del Governo di estendere la cedolare secca agli affitti commerciali, è una buona notizia. È quanto abbiamo chiesto al presidente del Consiglio Conte in occasione degli Stati generali, ricevendo un primo riscontro positivo dal ministro Gualtieri al termine della riunione».

«Vedremo - si legge ancora - in quale forma l’Esecutivo intenderà introdurre questa misura, anche se la somma che sarebbe stato previsto di stanziare non pare rilevante. Quel che è certo è che per salvare le attività commerciali è indispensabile ridurre la tassazione sulle locazioni per i contratti in corso. Quanto all’Imu, auspichiamo che l’intervento preannunciato dai due sottosegretari sia il più possibile esteso e non limitato a specifici settori». Secondo le proposte in atto, infatti, la misura non sarebbe generalizzata, ma circoscritta alle attività turistico-alberghiere, a quelle degli eventi e dello spettacolo, del commercio e della produzione agricola e industriale, lasciando fuori alcuni settori, come quello dei servizi.

Meno tasse ai proprietari degli immobili, per ridurre gli affiti a bar e ristoranti
Da qui nascerebbe certamente dei vantaggi. Un'idea ce la dà Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe: «Una risposta al nostro grido di aiuto per ristoranti, bar, attività di somministrazione». Con un'aliquota che si abbasserebbe, chi affitta deve dare meno al Governo rispetto a prima, trovando terreno fertile per non rialzare il contratto d'affitto o magari anche abbassarlo. «Ora il locatore non ha più alibi per rimodulare in rialzo il contratto d'affitto».

Quest'estensione si riferisce ad un sistema che permette la tassazione agevolata sui contratti d'affitto stipulati dall'1 gennaio. Inizialmente non erano state previste novità. «Una risposta al nostro grido di aiuto, ma anche uno strumento importante per i proprietari immobiliari, che a questo punto non hanno più alibi per poterrinegoziare le locazioni, in una situazione economica che è fortemente cambiata».

È bene ricordare che prima dell'emergenza Covid-19 la Legge di Bilancio 2019 prevedeva la cedolare secca al 21% per le locazioni commerciali. Poi, nel decreto Milleproroghe, non è stata confermata per i contratti stipulati dal 2020 la cedolare secca sulle locazioni commerciali. Ad aprile già Spanzani Testa scriveva: «Vorremmo vedere l'estensione della cedolare secca agli affitti dei negozi esistenti».

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