S.Lucia, in Sicilia abbuffata di arancini O arancine? L’eterno dibattito resta aperto
Nel giorno, quello di Santa Lucia, in cui i siciliani non possono proprio fare a meno di strapparne un morso, grande ed esistenziale incertezza affligge il popolo dei golosi: si dice arancina o arancino?
13 dicembre 2017 | 10:04
Si calcola che solo a Palermo se ne sbafino almeno 700mila (diconsi settecentomila), cioè almeno una/o per abitante includendo i pargoli da un anno in su. L’ardua disputa è stata affrontata parecchie volte e se provate ad indagare su Google vi meraviglierete di quanta gente, certamente senza nulla di meglio da fare, come d’altronde lo scrivente, abbia affrontato l’esistenziale argomento. Noi, dall’alto del nostro altruismo, vi risparmiamo la faticosa ricerca documentale e ve la riassumiamo.
Arancina si dice nel Palermitano e nella Sicilia occidentale in genere, mentre praticamente in tutto il resto della Sicilia, dove probabilmente il goloso cibo è nato, e nel resto d’Italia è chiamato arancino, al maschile. In questo un bel carico da undici l’ha calato Andrea Camilleri col suo libro che ha battezzato “Gli arancini di Montalbano”. Vi bignamiamo le due tesi.
La prima afferma che si dice arancina perchè ha una forma rotonda e la grandezza di una arancia. Lo scrittore di costume e di gastronomia storica siciliani Gaetano Basile nel sostenere questa ipotesi, col suo solito humour, afferma che l’arancio è l’albero e l’arancia è il frutto e che quindi se dovessimo chiamarlo arancino dovremmo dargli la forma di un albero. Questa tesi, non dell’albero ma del frutto che deve declinarsi al femminile, è sostenuta da molti.
Costoro però non sanno o fanno finta di non sapere, compreso qualche docente universitario che si è abbassato a questa disputa terrena, che arancio, come si desume in alcuni autorevoli dizionari come il Gabrielli o il Sabatini-Coletti, fa eccezione e si può dire anche per il frutto. Come d’altronde per tutti gli agrumi. Infatti si dice il limone, il cedro, il bergamotto, il mandarino, il pompelmo. C’è qualcuno di voi che dice la pompelma o la limona? Quindi annullata la prima teoria.
La seconda, quella che sostiene la voce al maschile, afferma che l’arancina/o è siciliana, ed è vero, e che in dialetto l’arancia è detta aranciu, al maschile, quindi dal dialetto arancinu, piccolo arancio, si deve dire arancino. Ma i sostenitori di questa etimologia dimenticano o fanno finta di dimenticare che la palla di riso ripiena anche in siciliano può recitarsi arancina. Infatti dalle nostre parti si chiede “Ta manci n’ arancina?” (da Google Translator: Te la mangi un’arancina?). Pertanto anche questa tesi non convince.
Nel dubbio se si dica arancina o arancino c’è solo una certezza: non faremo come l’asino di Buridano che davanti al secchio d’acqua e a quello del fieno non seppe decidersi e morì di fame. Anzi. Ripensandoci, questa è la prima di tre certezze. La seconda è che l’arancina nasce col ripieno di ragù di carne, eventualmente con alcuni pisellini, e che le altre versioni, compresa quello al burro molto diffusa, che in realtà dovrebbe dirsi alla mozzarella o alla besciamella, sono delle edizioni moderne di fantasia culinaria.
La terza, più importante, è che si deve mangiare assolutamente appena fritta, tuttalpiù ancora tiepida di cottura. Una volta che si sia raffreddata completamente o anche riscaldata perde del tutto la sua fragranza, la croccantezza della panatura, il riso diventa una semi poltiglia ammataffata, insomma diventa solo cibo da mangiare e non da gustare. Pertanto, dispiaciuti, dobbiamo concludere che l’atroce dubbio non è risolvibile, per cui nel palermitano continuerà a dirsi arancina e nel catanese arancino con la certezza almeno che non diventerà una guerra di religione gastronomica, ma il motivo di mangiarne non una/o ma due, una al femminile, uno al maschile. Se è buona/o.
Arancina si dice nel Palermitano e nella Sicilia occidentale in genere, mentre praticamente in tutto il resto della Sicilia, dove probabilmente il goloso cibo è nato, e nel resto d’Italia è chiamato arancino, al maschile. In questo un bel carico da undici l’ha calato Andrea Camilleri col suo libro che ha battezzato “Gli arancini di Montalbano”. Vi bignamiamo le due tesi.
La prima afferma che si dice arancina perchè ha una forma rotonda e la grandezza di una arancia. Lo scrittore di costume e di gastronomia storica siciliani Gaetano Basile nel sostenere questa ipotesi, col suo solito humour, afferma che l’arancio è l’albero e l’arancia è il frutto e che quindi se dovessimo chiamarlo arancino dovremmo dargli la forma di un albero. Questa tesi, non dell’albero ma del frutto che deve declinarsi al femminile, è sostenuta da molti.
Costoro però non sanno o fanno finta di non sapere, compreso qualche docente universitario che si è abbassato a questa disputa terrena, che arancio, come si desume in alcuni autorevoli dizionari come il Gabrielli o il Sabatini-Coletti, fa eccezione e si può dire anche per il frutto. Come d’altronde per tutti gli agrumi. Infatti si dice il limone, il cedro, il bergamotto, il mandarino, il pompelmo. C’è qualcuno di voi che dice la pompelma o la limona? Quindi annullata la prima teoria.
La seconda, quella che sostiene la voce al maschile, afferma che l’arancina/o è siciliana, ed è vero, e che in dialetto l’arancia è detta aranciu, al maschile, quindi dal dialetto arancinu, piccolo arancio, si deve dire arancino. Ma i sostenitori di questa etimologia dimenticano o fanno finta di dimenticare che la palla di riso ripiena anche in siciliano può recitarsi arancina. Infatti dalle nostre parti si chiede “Ta manci n’ arancina?” (da Google Translator: Te la mangi un’arancina?). Pertanto anche questa tesi non convince.
Nel dubbio se si dica arancina o arancino c’è solo una certezza: non faremo come l’asino di Buridano che davanti al secchio d’acqua e a quello del fieno non seppe decidersi e morì di fame. Anzi. Ripensandoci, questa è la prima di tre certezze. La seconda è che l’arancina nasce col ripieno di ragù di carne, eventualmente con alcuni pisellini, e che le altre versioni, compresa quello al burro molto diffusa, che in realtà dovrebbe dirsi alla mozzarella o alla besciamella, sono delle edizioni moderne di fantasia culinaria.
La terza, più importante, è che si deve mangiare assolutamente appena fritta, tuttalpiù ancora tiepida di cottura. Una volta che si sia raffreddata completamente o anche riscaldata perde del tutto la sua fragranza, la croccantezza della panatura, il riso diventa una semi poltiglia ammataffata, insomma diventa solo cibo da mangiare e non da gustare. Pertanto, dispiaciuti, dobbiamo concludere che l’atroce dubbio non è risolvibile, per cui nel palermitano continuerà a dirsi arancina e nel catanese arancino con la certezza almeno che non diventerà una guerra di religione gastronomica, ma il motivo di mangiarne non una/o ma due, una al femminile, uno al maschile. Se è buona/o.
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Alberto Lupini
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