Sale scommesse, la crisi del settore pesa anche sul gettito fiscale
Chiuse da ormai 190 giorni, bingo e simili sono in ginocchio. A rischio un comparto che conta oltre 120mila dipendenti e ha perso 6,8 miliardi di euro di ricavi e 4 miliardi di mancate tasse incamerate
08 febbraio 2021 | 17:19
Sono passati quasi 200 giorni dalla chiusura delle attività del gioco legale con vincita in denaro. Bingo, sale scommesse e locali con apparecchi da intrattenimento hanno abbassato la serranda nel primo lockdown e ora hanno toccato il fondo: oltre cinquemila imprese e 120mila lavoratori diretti a rischio.
Sale chiuse, a rischio il gettito
A rilanciare il grido d’allarme degli operatori del gioco legale è Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Secondo l’associazione, le misure governative di distanziamento sociale hanno interrotto completamente le attività, con parziali eccezioni per le lotterie. Nello scorso anno, la spesa nel gioco regolamentato si è ridotta di oltre il 35% (quasi 6,8 miliardi di euro di ricavi in meno), con più del 40% di minore gettito per l’erario (oltre 4 miliardi solo per le imposte sui giochi) essendo sospesi non solo il bingo e le scommesse, ma anche gli apparecchi da gioco, sottoposti ad un prelievo molto elevato.
«Mantenere il blocco integrale delle attività non considera i severi protocolli di prevenzione dei rischi adottati dagli esercenti, con la riduzione del numero di clienti negli spazi adibiti al gioco, il loro distanziamento e la costante sanificazione», ha fatto notare la Fipe. In particolare, l’attività all’interno de luoghi deputati al gioco legale è sottoposta al protocollo Fipe realizzato con la propria organizzazione di categoria Egp, i principali sindacati nazionali e altre importanti realtà rappresentative degli esercizi che offrono i giochi pubblici.
L'ombra dell'illegalità
«Senza la possibilità di riprendere presto a lavorare, anche per i pubblici esercizi che offrono giochi non si pone solo il problema della continuità aziendale, ma anche quello della difesa della legalità. È ancora troppo recente il ricordo delle bische, del “picchetto”, delle tombole clandestine; i giochi in denaro sono servizi che richiedono selezione, elevata qualificazione e professionalità degli esercenti, per tutelare in ogni momento i consumatori. Non possiamo permettere che le incertezze sulle decisioni di riapertura favoriscano la dispersione di quanto costruito con la regolamentazione puntuale di queste attività, impedendone l’ulteriore progresso professionale e tecnologico con la restituzione di larghe porzioni di offerta alla criminalità», ha dichiarato Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio.
Accesso bloccato ai fondi
Un dossier elaborato da Sisal, inoltre, mette in evidenza un altro aspetto legato al settore: i punti vendita di gioco legale con vincita in denaro stanno avendo difficoltà ad accedere ai finanziamenti garantiti dallo Stato. Il motivo? La decisione, condivisa dalle principali banche e istituti di credito a livello nazionale, di rigettare le loro richieste adducendo motivazioni, a loro detta, di natura “etica”. «Le stesse banche e istituti di credito, oltre ad impedire l'accesso ai finanziamenti, recentemente non hanno permesso agli esercenti del settore neanche di aprire nuovi conti correnti e/o di mantenere quelli già esistenti», si legge nel report.
Oltre cinqauemila imprese e 120mila dipendenti a rischio
Sale chiuse, a rischio il gettito
A rilanciare il grido d’allarme degli operatori del gioco legale è Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Secondo l’associazione, le misure governative di distanziamento sociale hanno interrotto completamente le attività, con parziali eccezioni per le lotterie. Nello scorso anno, la spesa nel gioco regolamentato si è ridotta di oltre il 35% (quasi 6,8 miliardi di euro di ricavi in meno), con più del 40% di minore gettito per l’erario (oltre 4 miliardi solo per le imposte sui giochi) essendo sospesi non solo il bingo e le scommesse, ma anche gli apparecchi da gioco, sottoposti ad un prelievo molto elevato.
«Mantenere il blocco integrale delle attività non considera i severi protocolli di prevenzione dei rischi adottati dagli esercenti, con la riduzione del numero di clienti negli spazi adibiti al gioco, il loro distanziamento e la costante sanificazione», ha fatto notare la Fipe. In particolare, l’attività all’interno de luoghi deputati al gioco legale è sottoposta al protocollo Fipe realizzato con la propria organizzazione di categoria Egp, i principali sindacati nazionali e altre importanti realtà rappresentative degli esercizi che offrono i giochi pubblici.
L'ombra dell'illegalità
«Senza la possibilità di riprendere presto a lavorare, anche per i pubblici esercizi che offrono giochi non si pone solo il problema della continuità aziendale, ma anche quello della difesa della legalità. È ancora troppo recente il ricordo delle bische, del “picchetto”, delle tombole clandestine; i giochi in denaro sono servizi che richiedono selezione, elevata qualificazione e professionalità degli esercenti, per tutelare in ogni momento i consumatori. Non possiamo permettere che le incertezze sulle decisioni di riapertura favoriscano la dispersione di quanto costruito con la regolamentazione puntuale di queste attività, impedendone l’ulteriore progresso professionale e tecnologico con la restituzione di larghe porzioni di offerta alla criminalità», ha dichiarato Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio.
Accesso bloccato ai fondi
Un dossier elaborato da Sisal, inoltre, mette in evidenza un altro aspetto legato al settore: i punti vendita di gioco legale con vincita in denaro stanno avendo difficoltà ad accedere ai finanziamenti garantiti dallo Stato. Il motivo? La decisione, condivisa dalle principali banche e istituti di credito a livello nazionale, di rigettare le loro richieste adducendo motivazioni, a loro detta, di natura “etica”. «Le stesse banche e istituti di credito, oltre ad impedire l'accesso ai finanziamenti, recentemente non hanno permesso agli esercenti del settore neanche di aprire nuovi conti correnti e/o di mantenere quelli già esistenti», si legge nel report.
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Alberto Lupini
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