Roberta Garibaldi: Tutela Unesco, leva per l'enogastronomia italiana

La presidente dell'Associazione italiana turismo enogastronomico è fra gli 11 del Comitato scientifico per il riconoscimento della cucina italiana a patrimonio dell'umanità . «Il riconoscimento Unesco rappresenta un’ulteriore occasione per fare sistema», ha detto

23 gennaio 2021 | 08:30
di Nicola Grolla
Con la richiesta per veder riconosciuta la cucina italiana come patrimonio dell’Unesco è iniziato anche il lavoro del Comitato scientifico. Un gruppo di esperti composto da 11 membri che avrà il compito di stilare un dossier da presentare a Parigi per sostenere la candidatura italiana.

Roberta Garibaldi

A comporre il comitato sono Alberto Capatti (storico dell'alimentazione e della gastronomia italiana), Giovanna Frosini (Accademia della Crusca), Massimo Montanari (docente di Storia dell'alimentazione all'Università di Bologna), Laila Tentoni (Presidente di Casa Artusi), Luisa Bocchietto (designer), Paolo Petroni (Accademia italiana della cucina), Vincenzo Santoro (Dipartimento cultura e turismo dell'Anci), Luca Serianni (Museo della lingua italiana di Firenze), Vito Teti (antropologo), Leandro Ventura (Istituto centrale per il patrimonio immateriale).

E Roberta Garibaldi (candidata al sondaggio di Italia a Tavola, CLICCA QUI PER VOTARE), docente di Tourism Management e presidente dell'Associazione italiana turismo enogastronomico, a cui abbbiamo chiesto di delineare il proprio compito all'interno del comitato e le ambizioni (e le ricadute per il tessuto socio-economico) del progetto italiano.

Che lavoro svolgerà all’interno del comitato scientifico?
Il comitato scientifico vanta personalità di cultura e rilievo del nostro Paese, con competenze variegate e che spaziano dalla cucina alla storia dell’alimentazione, dalla linguistica all’architettura, dalla cultura al turismo. Tema, quest’ultimo, che mi compete in prima persona. La biodiversità della cucina italiana, l’unicità delle sue diversità locali di prodotti, ricette, tradizioni, possono rappresentare un motore di ripartenza del turismo nel nostro Paese in un momento così complesso come quello attuale. La cucina italiana da sempre ci connota, e negli ultimi anni costituisce sempre più un driver di viaggio per turisti italiani e stranieri, i quali, stimolati dai prodotti e dalle ricette nostrane, desiderano recarsi in Italia per vivere esperienze a tema enogastronomico.

In questo senso, il Made in Italy è già molto conosciuto. Cosa darà in più il riconoscimento Unesco?
L’iscrizione nel patrimonio dell’Unesco, oltre al valore che in sé racchiude, è uno stimolo e una opportunità per sviluppare nuova progettualità, creare sinergie, promuovere i territori anche in ottica turistica. Mettendo in rete la diversità e le unicità locali, e con esse tutti gli attori coinvolti nella filiera, si andranno a creare relazioni e collaborazioni che avranno la forza di rappresentare di più e meglio le eccellenze italiane, sia in Italia che all’estero. D’altronde, sappiamo bene che oggi la cucina, e più in generale l’enogastronomia, sono una leva importantissima per la ripartenza.

Massimo Bottura è stato il primo alfiere di questa iniziativa. In che modo gli chef e i professionisti potrebbero aiutare il processo?
La visibilità, la riconoscibilità e l’influenza degli chef ha raggiunto punte assai elevate negli ultimi anni. Massimo Bottura e gli altri sei chef italiani che hanno sostenuto il progetto di candidatura potranno facilitare l’instaurarsi di un dialogo proficuo con i membri della comunità professionale, a tutti i livelli. Ma il loro ruolo potrebbe essere più ampio e importante. Da ambasciatori del cibo italiano, promuovendo al contempo un approccio positivo e corretto all’alimentazione. Possono farsi portavoce e veicolare i concetti di sostenibilità delle produzioni, di tutela e valorizzazioni del patrimonio, favorendone il recepimento da parte del grande pubblico. In definitiva, diventare portavoce di quell’insieme di valori e competenze che caratterizzano la cucina italiana e che mi auguro siano ben presto riconosciuti dall’Unesco.

Continua anche qui l’eterna sfida fra cucina italiana e francese. Loro sono stati più bravi? Veloci? Compatti?
Sono arrivati prima di noi, questo è vero. Si sono mossi per tempo, comprendendo e sapendo valorizzare il riconoscimento ottenuto dall’Unesco. Una spinta che sorregge la proposta dei loro prodotti. Pensiamo, per esempio, allo Champagne. Un brand conosciuto in tutto il mondo. Basta nominarlo per accedere a un immaginario ben preciso. Ecco, anche in questo caso la tutela dell’Unesco diventa uno strumento di promozione e comunicazione efficace, che amplifica e rafforza la presenza sul mercato. Per quanto riguarda l’Italia, non va però dimenticato che un grande lavoro è già stato fatto. Pensiamo ai risultati ottenuti dalla dieta mediterranea (2013), la coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria (2014), l'Arte del pizzaiuolo napoletano (2017). Ma anche i paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato (2014) e le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene (2019).

Lei è anche fra i partecipanti al sondaggio di Italia a Tavola. La candidatura aiuta il networking?
Mi fa molto piacere vedere il sostegno ai temi del turismo che io rappresento. Ringrazio Italia a Tavola per il supporto e la possibilità di esprimere quel forte legame fra turismo ed enogastronomia. Un connubio che ormai è stato compreso fino in fondo. Oggi c’è grande consapevolezza di come le singole destinazioni, non solo il sistema paese, grazie a cibo e vino possano ulteriormente valorizzare la propria distintività e riconoscibilità in un panorama globale. L’importante è continuare a porre il giusto accento sulla comunicazione, sulla narrazione di tutto ciò come elemento fondante di un’operazione più ampia di marketing sia interno che esterno.  

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Alberto Lupini


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