Ristoranti e bar: controllo del green pass, sanzioni e sospensioni. Ecco le regole da seguire

I controlli spettano al datore di lavoro. Sopra i 15 dipendenti la sospensione è immediata. Sotto, si può sostituire il lavoratore senza certificazione. Moretti (Fipe): «Rispettare le regole per evitare nuove chiusure»

17 settembre 2021 | 13:00
di Nicola Grolla

Ho Controlli, sanzioni e sospensioni. Sono questi i nodi dell’obbligo di green pass esteso ai pubblici esercizi come bar, ristoranti, pizzerie, caffetterie, sale gioco, ecc. Con il decreto del 16 settembre, infatti, tutti i lavorati dell’ospitalità saranno chiamati a presentare la certificazione verde per accedere al luogo di lavoro. Ma chi controlla? E in caso di mancato possesso del green pass, cosa succede? Per il piccolo esercizio con meno di 15 dipendenti, cosa cambia? «Per una risposta precisa al 100% dobbiamo aspettare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo, ma qualche indicazione si può già dare e anche noi di Fipe ci stiamo muovendo per realizzare un vademecum ad hoc da distribuire ai nostri associati», spiega Silvio Moretti, direttore area lavoro di Fipe-Confcommercio, la federazione italiana dei pubblici esercizi.

 

Controlli in capo al datore di lavoro: una scansione per chi è vaccinato, più verifiche a chi si fa il tampone

Iniziamo dai controlli. Il testo del decreto, per quanto riguarda il settore privato, afferma che «i datori di lavoro sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni. Per i lavoratori, la verifica sul rispetto delle prescrizioni, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro». Non solo: «I datori di lavoro definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi».

Cosa significa? «La cosa importante è che c’è l’obbligo da parte del datore di lavoro di non permettere l'ingresso al lavoratore sprovvisto di green pass. E questo tanto a favore del datore di lavoro quanto del lavoratore. Il primo perché risponde sia nei confronti dei propri dipendenti della salubrità del posto di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c. che nei confronti anche dei terzi ai sensi dell’art. 2049 c.c. per il comportamento illegittimo del proprio dipendente. Per fare un esempio: se la cassiera del supermercato viene fatta lavorare senza green pass e ci sono dei contagi risponde il datore di lavoro verso i dipendenti e verso i clienti. Da un lato, quindi, c’è l’obbligo del lavoratore di mostrare il green pass, dall’altro un onere del datore di lavoro affinché controlli il lavoratore se sia n possesso del green pass», spiega il vicepresidente deell'Agi - Avvocati giuslavoristi italiani, Enzo Morrico. 

E nella pratica, cosa succede? «È lecito immaginare che il proprietario di un bar o di un ristorante controlli, attraverso gli strumenti messi a disposizione dallo Stato, il dipendente non appena si presenta sul luogo di lavoro attraverso la scansione del QR Code riportato sul green pass. In caso di vaccinazione, è presumibile pensare che basti un singolo controllo e non che questo venga ripetuto ogni giorno. Per quanto riguarda il green pass ottenuto dopo l’esito del tampone negativo, allora la verifica dovrà essere quotidiana», afferma Moretti. Ma chi controlla il controllore? «In teoria, tocca all’ispettorato del lavoro. Il decreto ancora non specifica molto su questo punto. Basti pensare che anche le Asl hanno competenze sul nostro settore. Quindi non ci resta che aspettare e capire meglio», rivela Moretti.

Sulla stessa linea anche Morrico: «Se una persona ha fatto la vaccinazione allora è coperta per tutto l’arco di durata del vaccino mentre chi ha fatto il tampone ha 72 ore di copertura. Da qui dovrebbe derivare una variabilità del controllo in base al tipo di documento presentato».

Sospensione immediata nel settore privato

Per quanto riguarda le sanzioni in caso di mancato possesso del green pass al momento dell’accesso al luogo di lavoro, i lavoratori «sono sospesi dalla prestazione lavorativa, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, e, in ogni caso, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato». Ma da quando scatta la sanzione? Per quanto riguarda i privati, il decreto non fa riferimento ai cinque giorni di tolleranza (comunque segnati come “assenza ingiustificata”) concessi al lavoratore pubblico. Al comma 7 dell’articolo tre si afferma che «la sospensione è comunicata immediatamente al lavoratore interessato ed è efficace fino alla presentazione della certificazione verde e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza».

 

Sotto i 15 dipendenti si può sostituire il lavoratore senza green pass

Detto ciò, un’ulteriore differenza emerge fra imprese con più o meno di 15 dipendenti: «Per le imprese con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di mancata presentazione della predetta certificazione il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore ai 10 giorni e non oltre il 31 dicembre 2021». Cosa significa? «In sostanza, alla piccola impresa, che nel nostro settore può essere composta anche da un datore di lavoro con due o tre dipendenti come spesso capita per i piccoli bar o tavole calde, è data la facoltà di sostituire il lavoratore sprovvisto di green pass così da permettere all’impresa di continuare a operare e non essere costretta a una chiusura forzata», spiega Moretti.

La preoccupazione, dopo un anno e mezzo difficilissimo per i pubblici esercizi, era che oltre al danno delle chiusure per lockdown e zone colorate si arrivasse a quelle per mancanza di personale. «Certo – ammette Moretti – il mercato del lavoro attualmente è quello che è ma in questo modo si dà uno strumento in più alle piccole imprese. Quelle superiori ai 15 dipendenti, infatti, dovrebbero avere maggiore agio a fare dei cambiamenti di organico ed eventualmente sopperire alla sospensione di qualche addetto con dei cambi di mansione anche temporanei».

 

Nessun licenziamento per mancanza di certificato

In attesa di chiarimenti resta fermo il fatto che il licenziamento non è un’opzione praticabile. «Il lavoratore viene sospeso finché non presenta il green pass. Questo significa anche lo stop al versamento di stipendio ed emolumenti. Ma non l’interruzione del rapporto di lavoro. Per ora anche nel caso in cui, la piccola azienda sotto i 15 dipendenti, fosse costretta a stipulare più contratti di sostituzione in serie», spiega Moretti.

 

Detto ciò, tuttavia, proprio la norma per le aziende sotto i 15 dipendenti non è priva di ambiguità: «In attesa di leggere il testo ufficiale che verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale posso dire che con una moratoria di 5 giorni bisogna capire cosa succede. Per come la leggo io, significa che è a discrezione del datore di lavoro sospenderlo subito oppure tollerare e farlo lavorare per ulteriori 5 giorni. Dopo il quinto giorno posso sostituire il dipendente che non ha presentato il pass. Qui, però, emerge uno scollamento quando si dice che la sostituzione va fatta per un periodo massimo di 10 giorni. E se anche dopo il 10° il dipendente non presenta il green pass? Ritengo che il datore di lavoro possa licenziare il lavoratore ma il discorso va sicuramente approfondito, sperando che ci sia un chiarimento o una specificazione prima della emanazione», sottolinea Morrico.

 

Multe? «A ogni norma corrisponde una sanzione»

Infine, c’è la questione delle sanzioni pecuniarie per il lavoratore che elude i controlli o si rifiuta di presentare il green pass (dai 600 ai 1.500 euro) e per il datore di lavoro che omette i controlli o permette l’ingresso sul posto di lavoro a un dipendente non dotato di certificazione (da 400 a mille euro). «Sono sanzioni pesanti. Soprattutto in momenti di difficoltà economica come questi. Ma è naturale che ad ogni norma corrisponda una sanzione per il suo mancato rispetto. Su questo si può fare ben poco. Quello che è in nostro potere, però, è la raccomandazione alle imprese di rispettare in modo rigoroso le richieste così da garantire la continuità aziendale ed evitare nuove chiusure che non sarebbero sostenibili», conclude Moretti.

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Alberto Lupini


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