Con i Sostegni Bis coperto solo un quarto delle perdite di ristoranti e bar

Secondo uno studio della Fipe, con il Sostegni Bis, i locali pubblici coprono una percentuale fra il 17 e il 25% delle perdite di fatturato. Troppo poco se 6 titolari su 10 hanno registrato un -50% nel 2020 . Un aiuto potrebbe venire dal nuovo metodo di calcolo basato sull'utile di esercizio. Ma i dettagli sono ancora da definire (anche con Bruxelles)

27 maggio 2021 | 17:16
di Nicola Grolla
L’ultimo decreto economico, il Sostegni Bis, in favore delle attività colpite dalla crisi mette a disposizione delle aziende 15,4 miliardi di aiuto a fondo perduto. Denari quanto mai necessari per dare ossigeno alle imprese e dare slancio alla ripresa che, con la zona bianca all’orizzonte, sembra quanto mai vicina. Ma quanti di questi aiuti sono poi finiti nelle tasche delle aziende che ne hanno diritto? Dal 5 al 20% delle perdite di fatturato nel confronto fra 2020 e 2019. E più il fatturato si alza, più si abbassa la percentuale.



Per ristoranti e bar coperto solo il 17-26% delle perdite

Concentrandosi solamente sulle attività di bar e ristoranti, la Fipe-Confcommercio  ha provato a eseguire il calcolo degli aiuti economici ricevuti finora. Risultato? Gli imprenditori potranno coprire una quota dei ricavi perduti nel corso degli ultimi 14 mesi che va dal 17 al 26%. Di seguito due casi esemplari:

  • Un ristorante che nel 2019 ha fatturato 443mila euro e l’anno successivo 309mila euro, ovvero il 30,2% in meno, calcolato su base mensile, riceverà un contributo di 5.600 che si andrà ad aggiungere ai 29mila euro dei precedenti ristori per una copertura delle perdite del 25,7%. Ma nel caso in cui la soglia della perdita mensile del 30% non dovesse essere raggiunta anche per pochi euro i 5.600 euro sfumano come è già capitato con il decreto legge Sostegni e pertanto i ristori complessivi scenderanno da 34mila euro a 23mila euro, il 17,6% del totale fatturato perso.
  • Un bar che nel 2019 ha fatturato 286mila euro, mentre l’anno successivo 200mila euro, riceverà da quest’ultimo decreto 3.600 euro che porteranno i ristori complessivi a poco più di 22mila euro, pari al 25,8% delle perdite. Anche in questo caso, se le perdite calcolate su base mensile dovessero essere di poco inferiori al 30%, i ristori complessivi si ridurranno di 7mila euro circa arrivando a coprire solo il 17,7% delle perdite complessive.
Il tutto senza considerare il tema degli "esodati" del decreto. Si tratta di circa 3-4mila attività che non hanno potuto ricevere un euro di aiuti dal  Governo perché hanno iniziato a fatturare nel corso del 2019 e così il confronto tra i fatturati 2020 (anno della pandemia) e quelli del 2019 era tutto sommato equilibrato. Ma si parla di incassi irrisori e da qui nasce il loro “esodo”: sia Conte col Decreto Ristori che Draghi con il Sostegni hanno impostato le quote di aiuti confrontando i bilanci 2019 con quelli 2020, prima centrando tutto sul mese di aprile e poi - accorgendosi della faciloneria di questo metodo - estendendo il paragone a tutto l’anno aiutando chi dimostrava di aver perso almeno il 30%.


Aiuti troppo esigui, i numeri di Fipe

Troppo poco se si pensa che, dopo aver raggiunto il suo massimo storico nel 2019, con oltre 46 miliardi di euro, il valore aggiunto generato dalle imprese della ristorazione è precipitato in un solo anno del 33% come ricordato dalla Fipe. La Federazione dei pubblici esercizi, nel suo ultimo report sulla ristorazione in collaborazione con Format Research, ha certificato che il 97,5% degli imprenditori ha registrato, nel corso del 2020, un calo del fatturato della propria azienda. In particolare, 6 titolari di pubblici esercizi su 10 ha lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%. I motivi alla base della riduzione dei ricavi sono da ricercarsi principalmente nel calo della domanda a causa delle misure restrittive, sia sulle attività che sulla mobilità delle persone (88,8%), nella riduzione della capienza all’interno dei locali per l’attuazione dei protocolli di sicurezza (35,4%) e nel calo dei flussi turistici (31,1%), in particolare di quelli stranieri. A fronte di tutto questo, i ristori previsti dal governo sono stati insufficienti. Per l’89,2% degli imprenditori i sostegni sono stati poco (47,9%) o per nulla (41,3%) efficaci.

Maurizio Stocchetto (Bar Basso): «Aiuti indiretti come moratorie e cassa integrazione più funzionali alla ripresa»

Che gli aiuti economici non bastino è convinto anche Maurizio Stocchetto, titolare del Bar Basso di Milano, il luogo dove è nato il Negroni Sbagliato: «Rispetto alla soglia del 17-26% di Fipe posso dire che gli aiuti economici a fondo perduto che abbiamo ricevuto sono molto più bassi. E considerato che abbiamo chiuso per 10 mesi e saltato tutti quegli eventi che rappresentano, a livello di opportunità, una leva importante per il nostro settore, allora la cifra incamerata diventa ancora più piccola». Più utile, invece, si è rivelata la cassa integrazione: «Sebbene i dipendenti siano stati fra le persone più colpite dalla chiusura, la Cassa integrazione ci ha molto aiutato e ha alleggerito anche il conto economico dell'impresa che, a fronte di una chiusura totale, avrebbe rappresentato un peso insostenibile. Ricordo, infatti, che in ogni caso le aziende hanno dovuto far fronte a fine anno a tredicesima e vari bonus. Il lato positivo è che ora, con la riapertura avvenuta due settimane fa, possiamo contare sul nostro staff abituale. Magari ci vorrà del tempo per riprendere dimestichezza con il mestiere, ma almeno ripartiamo da dove avevamo lasciato», afferma Stocchetto.

Stesso ragionamento vale anche per le moratorie su affitti e mutui: «Gli aiuti indiretti, forse, sono stati migliori di quelli diretti come risultati. Alla fine dei conti, il vero nocciolo della question è stato rappresentato dai costi fissi», sottolinea Stocchetti. Costi per cui, alla fine dei conti, l'azienda ci ha pure rimesso in attesa che arrivino i finanziamenti garantiti richieste alle banche: «Abbiamo fatto rischiesta, ma non siamo stati gli unici. Tanto che, a mio avviso, gli istituti di credito si sono trovati impreparati. La nostra richiesta, per esempio, è ancora in fase di elaborazione», conclude Stocchetto.

Il nuovo meccanismo di calcolo degli aiuti, fra ritocchi e conguagli

Una soluzione potrebbe arrivare, in parte, dal nuovo meccanismo di conteggio degli aiuti che ora non sono solo legati al fatturato 2020 su 2019 ma anche agli utili di esercizio e al periodo 1 aprile 2020 – 31 marzo 2021 (rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). In quest’ultimo caso, se il calo registrato sarà superiore di almeno il 30%, allora sarà possibile fare una nuova domanda alla Agenzia delle Entrate. In questo caso gli esiti sono due:
  • vedersi riconoscere la differenza con l’aiuto automatico già ricevuto;
  • ricevere la somma per intero con percentuali maggiorate se il richiedente era stato escluso dagli aiuti precedenti.
Altro aiuto che potrebbe toccare in sorte alle aziende che fanno richiesta è il conguaglio a fine anno calcolato in percentuale sul calo degli utili. I dettagli su questo passaggio devono ancora essere definiti dal ministero dell’Economia e saranno soggetti all’ok di Bruxelles. Anche se è già stata diffusa la necessità di avere chiuso la dichiarazione dei redditi entro il 10 settembre (rispetto alla scadenza del 30 novembre).


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