Ristorante chiuso, quanto mi costi! 5mila euro al mese di spese Per non rimetterci serve il doppio dei ristori
Lo rivela la Fipe che analizza i costi fissi nonostante le chiusure tra affitto (la voce più onerosa), consulenti, finanziamenti, tasse, utenze e assicurazioni. Impossibile pensare di salvarsi solo con asporto e delivery . Per questo il direttore generale Roberto Calugi non ha dubbi: «Fondamentale ora riaprire in sicurezza. Difficile capire perchè si penalizza il settore»
26 gennaio 2021 | 11:07
Circa 5mila euro al mese (tasse escluse): questa è in media la spesa per un locale medio italiano con 6 dipendenti (per intenderci la tipica trattoria) a saracinesche abbassate tra affitto, consulenti del lavoro, utenze e altre spese fisse. E i Ristori? Spesso come ha raccontato sull’inserto Cook del Corriere della Sera, Daniel Canzian, titolare e socio unico del Ristorante Canzian di Milano «i tre che ho percepito, corrispondono a 15 giorni di lavoro di un anno normale».
Calugi: Occorre riaprire in sicurezza
Conti alla mano, quindi, per la ristorazione, uno dei settori più colpiti dalla pandemia (23,4 miliardi di euro di fatturato persi in tutto il 2020 e un tracollo che a giugno era misurabile con un meno 64% rispetto allo stesso periodo del 2019: dati Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi) orami è diventato impossibile sopravvivere tra asporto e delivery (dove sono possibili) che non salvano e continue aperture e chiusure. E dunque come ha sottolineato il direttore generale Fipe-Confcommercio Roberto Calugi: «Quello che servirebbe sarebbe riaprire in sicurezza, senza trasformare la questione in un derby tra sicurezza ed economia: puntiamo a riaprire le attività chiuse da 170 giorni, in alcune zone si fa fatica a capire perché sia tutto aperto tranne la ristorazione».
Già perché anche se chiusi le spese dei ristoranti non si fermano e gli aiuti non bastano. Perché se i dipendenti in cassa integrazione li paga lo Stato, le uscite senza entrate ci sono e sono tante.
In Italia circa il 61% dei ristoratori paga una locazione
«La prima spesa - spiega Luciano Sbraga, direttore del Centro studi di Fipe - è l’affitto. In Italia circa il 61% dei ristoratori paga una locazione, il 39% è proprietario dei muri. Un affitto corrisponde in media al 10% del fatturato di un anno di lavoro normale. Nel nostro Paese il ristorante medio è la trattoria con 6-7 dipendenti e un introito annuo di 400mila euro. Quindi contiamo circa 40 mila euro annui di canone, che si traducono in 3.300 euro al mese. Parlo di un dato medio perché sappiamo che nelle grandi città un affitto può costare 10, 12, 15, 20 mila euro e oltre. Per non parlare di chi occupa palazzi storici e deve pagare una concessione. Sono cifre enormi se pensiamo che devono essere sborsate a fronte di introiti zero. Comunque, il governo ha accordato il credito d’imposta sulle locazioni per i mesi di aprile, maggio, giugno, ottobre, novembre e dicembre 2020. Il che significa che il ristoratore in quei sei mesi ha dovuto pagare i 3.300 euro salvo poi avere indietro il 60% dallo Stato. L’esborso, dunque, ammonta all’incirca 1.320 euro al mese».
Il 3% del fatturato per pagare consulenti e commercialisti
A questo, si è aggiunta in questo periodo particolare, la spesa per i consulenti del lavoro e i commercialisti che stanno aitando i gestori a sbrigare tutte le pratiche relative, ad esempio, alla richiesta della cassa integrazione, al controllo delle buste paga, alla domanda per i ristori, al credito d’imposta.: «In media - continua Sbraga - il costo di questi servizi è del 3% del fatturato. Quindi: mille euro al mese su un fatturato di 400 mila».
Terza voce di spesa: «I dipendenti. È vero che lo Stato ha versato la cassa integrazione, ma l’imprenditore è tenuto ad accantonare il trattamento di fine rapporto. Abbiamo calcolato che l’importo a carico del datore di lavoro è di 137 euro al mese: in Italia il ristorante medio ha sei dipendenti, per un totale di 822 euro al mese».
Utenze, tasse e assicurazioni che non si stoppano
Naturalmente non dobbiamo pensare che se ristorante chiuso non paghi le utenze: «Un ristorante chiuso - prosegue il vicedirettore Fipe - deve comunque mantenere almeno le celle frigorifere attive. La nostra stima è che, sempre in media, le utenze fisse si aggirino sui 500-600 euro al mese». O la tassa sui rifiuti: «La grandezza media di un ristorante in Italia è di 180-200 metri quadrati: a Roma si pagano 40 euro di Tari al metro quadro all’anno. I Comuni adesso l’hanno sospesa, ma per poterla versare nel 2021 bisogna tenere da parte circa 700 euro al mese».
Ci sono poi le tasse: «Il pagamento dell’Irpef, delle tasse comunali, dell’Iva, dei contributi previdenziali assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria facenti capo all’anno 2020 è stato spostato al 16 marzo 2021 - spiega Braga -. Non abbiamo fatto un calcolo forfettario medio, ma sono altre spese che un ristoratore sa di dover sostenere». E naturalmente i mutui e i finanziamenti, il cui pagamento è stato sospeso fino a giugno 2021, ma che prima o poi ripartirà. Infine, non dimentichiamo le assicurazioni: «Circa 500 euro al mese: le polizze non sono state sospese con la pandemia».
Sarebbe servito il doppio dai ristori per non rimetterci
Dunque, sommando appunto, tutte queste voci di spesa un ristorante anche se chiuso costa in media 5mila euro al mese, escludendo le tasse ed eventuali mutui o finanziamenti. E in questo scenario, i Ristori non basta: no «Il nostro calcolo a livello nazionale - continua la Fipe - è che con i 2,5 miliardi ricevuti finora dalla categoria con i decreti sui ristori nelle tre tranche di aprile, ottobre e dicembre 2020 non si arrivi nemmeno a pareggiare le spese. Sarebbe servito il doppio per non rimetterci».
Pensiamo a un ristorante medio «che fatturava 400mila euro all’anno e che nel mese di aprile 2020 ha perso il 90% dei ricavi ha preso 4.680 euro con il decreto rilancio, 9.360 con il decreto ristori bis, 4.680 con il decreto Natale, quando arriverà – spiega la Fipe - In totale 18.720 euro. Negli stessi sei mesi ne ha spesi 30 mila: al netto del credito d’imposta sull’affitto e della retribuzione dei dipendenti in cassa integrazione. A questa cifra vanno aggiunte le tasse. E tutto ciò senza alcun utile, che spesso rappresenta il reddito del titolare. Insomma, non c’è stata nemmeno la compensazione dei puri costi».
Ora si attende di vedere l’ulteriore ristoro su cui il governo sta lavorando che dovrebbe tenere conto della perdita di fatturato di tutto il 2020 rispetto al 2019: «Il problema è che ci sono 7 miliardi di euro a diposizione per le imprese di tutti i settori, che devono servire anche come tesoretto per ristorare questi primi mesi del 2021 ed eventuali chiusure dei prossimi - conclude Sbraga - alla luce di tutto questo la nostra richiesta, l’unica misura che ci può salvare, è riaprire, anche a costo di rafforzare le norme di sicurezza sanitaria. Siamo pronti al rigore, ma c’è l’urgenza di tornare al lavoro».
Tra affitto, consulenti, utenze e altre voci la spesa per un locale medio è di 5mila euro al mese tasse escluse
Calugi: Occorre riaprire in sicurezza
Conti alla mano, quindi, per la ristorazione, uno dei settori più colpiti dalla pandemia (23,4 miliardi di euro di fatturato persi in tutto il 2020 e un tracollo che a giugno era misurabile con un meno 64% rispetto allo stesso periodo del 2019: dati Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi) orami è diventato impossibile sopravvivere tra asporto e delivery (dove sono possibili) che non salvano e continue aperture e chiusure. E dunque come ha sottolineato il direttore generale Fipe-Confcommercio Roberto Calugi: «Quello che servirebbe sarebbe riaprire in sicurezza, senza trasformare la questione in un derby tra sicurezza ed economia: puntiamo a riaprire le attività chiuse da 170 giorni, in alcune zone si fa fatica a capire perché sia tutto aperto tranne la ristorazione».
Già perché anche se chiusi le spese dei ristoranti non si fermano e gli aiuti non bastano. Perché se i dipendenti in cassa integrazione li paga lo Stato, le uscite senza entrate ci sono e sono tante.
Roberto Calugi
In Italia circa il 61% dei ristoratori paga una locazione
«La prima spesa - spiega Luciano Sbraga, direttore del Centro studi di Fipe - è l’affitto. In Italia circa il 61% dei ristoratori paga una locazione, il 39% è proprietario dei muri. Un affitto corrisponde in media al 10% del fatturato di un anno di lavoro normale. Nel nostro Paese il ristorante medio è la trattoria con 6-7 dipendenti e un introito annuo di 400mila euro. Quindi contiamo circa 40 mila euro annui di canone, che si traducono in 3.300 euro al mese. Parlo di un dato medio perché sappiamo che nelle grandi città un affitto può costare 10, 12, 15, 20 mila euro e oltre. Per non parlare di chi occupa palazzi storici e deve pagare una concessione. Sono cifre enormi se pensiamo che devono essere sborsate a fronte di introiti zero. Comunque, il governo ha accordato il credito d’imposta sulle locazioni per i mesi di aprile, maggio, giugno, ottobre, novembre e dicembre 2020. Il che significa che il ristoratore in quei sei mesi ha dovuto pagare i 3.300 euro salvo poi avere indietro il 60% dallo Stato. L’esborso, dunque, ammonta all’incirca 1.320 euro al mese».
Luciano Sbraga
Il 3% del fatturato per pagare consulenti e commercialisti
A questo, si è aggiunta in questo periodo particolare, la spesa per i consulenti del lavoro e i commercialisti che stanno aitando i gestori a sbrigare tutte le pratiche relative, ad esempio, alla richiesta della cassa integrazione, al controllo delle buste paga, alla domanda per i ristori, al credito d’imposta.: «In media - continua Sbraga - il costo di questi servizi è del 3% del fatturato. Quindi: mille euro al mese su un fatturato di 400 mila».
Terza voce di spesa: «I dipendenti. È vero che lo Stato ha versato la cassa integrazione, ma l’imprenditore è tenuto ad accantonare il trattamento di fine rapporto. Abbiamo calcolato che l’importo a carico del datore di lavoro è di 137 euro al mese: in Italia il ristorante medio ha sei dipendenti, per un totale di 822 euro al mese».
Utenze, tasse e assicurazioni che non si stoppano
Naturalmente non dobbiamo pensare che se ristorante chiuso non paghi le utenze: «Un ristorante chiuso - prosegue il vicedirettore Fipe - deve comunque mantenere almeno le celle frigorifere attive. La nostra stima è che, sempre in media, le utenze fisse si aggirino sui 500-600 euro al mese». O la tassa sui rifiuti: «La grandezza media di un ristorante in Italia è di 180-200 metri quadrati: a Roma si pagano 40 euro di Tari al metro quadro all’anno. I Comuni adesso l’hanno sospesa, ma per poterla versare nel 2021 bisogna tenere da parte circa 700 euro al mese».
Ci sono poi le tasse: «Il pagamento dell’Irpef, delle tasse comunali, dell’Iva, dei contributi previdenziali assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria facenti capo all’anno 2020 è stato spostato al 16 marzo 2021 - spiega Braga -. Non abbiamo fatto un calcolo forfettario medio, ma sono altre spese che un ristoratore sa di dover sostenere». E naturalmente i mutui e i finanziamenti, il cui pagamento è stato sospeso fino a giugno 2021, ma che prima o poi ripartirà. Infine, non dimentichiamo le assicurazioni: «Circa 500 euro al mese: le polizze non sono state sospese con la pandemia».
Sarebbe servito il doppio dai ristori per non rimetterci
Dunque, sommando appunto, tutte queste voci di spesa un ristorante anche se chiuso costa in media 5mila euro al mese, escludendo le tasse ed eventuali mutui o finanziamenti. E in questo scenario, i Ristori non basta: no «Il nostro calcolo a livello nazionale - continua la Fipe - è che con i 2,5 miliardi ricevuti finora dalla categoria con i decreti sui ristori nelle tre tranche di aprile, ottobre e dicembre 2020 non si arrivi nemmeno a pareggiare le spese. Sarebbe servito il doppio per non rimetterci».
Pensiamo a un ristorante medio «che fatturava 400mila euro all’anno e che nel mese di aprile 2020 ha perso il 90% dei ricavi ha preso 4.680 euro con il decreto rilancio, 9.360 con il decreto ristori bis, 4.680 con il decreto Natale, quando arriverà – spiega la Fipe - In totale 18.720 euro. Negli stessi sei mesi ne ha spesi 30 mila: al netto del credito d’imposta sull’affitto e della retribuzione dei dipendenti in cassa integrazione. A questa cifra vanno aggiunte le tasse. E tutto ciò senza alcun utile, che spesso rappresenta il reddito del titolare. Insomma, non c’è stata nemmeno la compensazione dei puri costi».
Ora si attende di vedere l’ulteriore ristoro su cui il governo sta lavorando che dovrebbe tenere conto della perdita di fatturato di tutto il 2020 rispetto al 2019: «Il problema è che ci sono 7 miliardi di euro a diposizione per le imprese di tutti i settori, che devono servire anche come tesoretto per ristorare questi primi mesi del 2021 ed eventuali chiusure dei prossimi - conclude Sbraga - alla luce di tutto questo la nostra richiesta, l’unica misura che ci può salvare, è riaprire, anche a costo di rafforzare le norme di sicurezza sanitaria. Siamo pronti al rigore, ma c’è l’urgenza di tornare al lavoro».
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Alberto Lupini
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