Rifugi di montagna, le dritte del Cai per ospitare i turisti in sicurezza

Si auspica un protocollo nazionale. Alle linee guida, ne andrebbero però stilate altre soggettive, che si adattino ai territori e alla singole tipologie di struttura. L'orientamento del Cai-Club alpino italiano

29 maggio 2020 | 08:00
di Gabriele Ancona
Del Covid-19 abbiamo capito che fin quando non sarà disponibile un vaccino continuerà, magari a singhiozzo, la sua corsa. Per il momento ha fatto il giro del mondo in lungo e in largo lasciando alle spalle la sua scia di devastazione. Ci ha scompensato, prima con l’obbligo della reclusione, che ha ribaltato dall’oggi al domani gli stili di vita, poi con la diffidenza, evidente negli sguardi appena sopra le mascherine.


Necessario un protocollo sanitario per mettere in sicurezza i rifugi alpini

La  “fase 2” è entrata nel vivo e i vari comitati, tavoli e pool stanno cercando di mettere insieme i tasselli di un puzzle a tinta unita: si sta cercando di trovare la quadra a un virus. Con la riapertura graduale dei cancelli e la stagione estiva che si avvicina, sarà inevitabile una fuga liberatoria  all’aria aperta. Si è parlato tanto di spiagge, ipotizzando varie tipologie di separè, ma poco, o sotto traccia, di montagna, di alta montagna, a livello simbolico la rappresentazione più nitida della salubrità. Una dimensione che impone regole.


Le linee guida si devono adattare alle singole specificità

Definire un protocollo sanitario su misura per i rifugi alpini, in base al quale possano riaprire nella “fase 2”, garantendo la massima sicurezza a escursionisti, gestori e loro collaboratori, è stato il tema all’ordine del giorno di una videoconferenza a cui hanno partecipato l’assessore al Turismo Regione Veneto Federico Caner, il presidente dell’Agrav-Associazione dei gestori Rifugi alpini del Veneto Mario Fiorentini, il presidente del Club alpino italiano del Veneto Renato Frigo, il segretario della Federalberghi di Belluno Francesco De Toffol e il direttore del Consorzio Dmo Dolomiti Giuliano Vantaggi.

«In sede di Conferenza delle Regioni - ha dichiarato Federico Caner - è stata ribadita la necessità che, per quanto riguarda l’intero sistema dell’ospitalità turistica, pur tenendo conto delle peculiarità delle diverse strutture ricettive e di specifiche esigenze territoriali, sia predisposto un unico protocollo sanitario nazionale, con regole e criteri che valgano per tutta l’Italia, al fine di evitare sperequazioni, situazioni di concorrenza sleale in una logica di tutela generalizzata dei clienti e degli operatori».

Benissimo il protocollo nazionale. Bisogna però fare in fretta, perché sarebbe iniquo fosse operativo in autunno. In parallelo alle linee guida generali, ne andrebbero però stilate altre soggettive, che si adattino ai territori e alla singole tipologie di struttura.

«Per l’assoluta tipicità dei rifugi alpini – ha puntualizzato Caner - dovranno essere individuati dei parametri che stabiliscano un regolamento quasi “sartoriale” anche per garantire che la loro attività sia economicamente gestibile».


La montagna quest'anno può essere un importante polo di attrazione

Un comparto ricettivo importante, che coinvolge migliaia di turisti ogni anno e che va messo in sicurezza. Italia a Tavola ha voluto approfondire la tematica coinvolgendo i vertici del Cai-Club alpino italiano. «I nostri rifugi – ha spiegato il vicepresidente nazionale Antonio Montani – rappresentano il 65% di quelli presenti sul territorio nazionale. Sono 710, di cui 370 custoditi, per un totale di 18.568 posti letto. Per il momento siamo in attesa di un decreto e abbiamo avviato contatti con il sottosegretario al Turismo. I rifugi dovrebbero comunque riaprire quando sarà dato il via libera al mondo dell’ospitalità. Ma va puntualizzato che queste strutture non sono agriturismi, sono innanzitutto una garanzia di sicurezza per gli escursionisti, un rifugio, appunto. In base al tipo di struttura vi sarà una riduzione dei posti letto, tenendo presente che sarà sempre disponibile un’area destinata alle emergenze, agli alpinisti in difficoltà. Sarà quindi obbligatoria la prenotazione. In parallelo, come per i ristoranti a fondo valle, verrà operato un taglio dei coperti; per i rifugi a bassa quota si prevede il servizio ristoro anche all’aperto. Disposizioni idonee non solo a tutelare la sicurezza delle persone, ma a salvaguardare anche l’economia della montagna. Il turismo è uno strumento di sostentamento che dà ossigeno tutta la filiera che precede il rifugio. Va riattivata al più presto».

A livello regionale la Lombardia è stata un campo di battaglia. Qui la pandemia ha trovato terreno fertile per alimentarsi. Un territorio che vanta una radicata tradizione di turismo di montagna. Bormio e Livigno, solo per fare due nomi legati all’attualità, saranno tra le località che ospiteranno nel 2026 i Giochi olimpici invernali Milano-Cortina. La sezione di Milano dei Club alpino italiano è un pezzo di storia dell’escursionismo, dal 1873. Oggi conta 6.200 soci, 15 rifugi e un bivacco.


I rifugi del Cai sommano oltre 18mila posti letto

«La priorità è riaprire, sempre nel rispetto delle regole delle autorità – spiega Lorenzo Alberto Maritan, responsabile Commissione rifugi – Alle spalle di ogni struttura ci sono i gestori, ci sono delle famiglie e tutta una filiera di valle con i suoi prodotti. Per quanto ci riguarda stiamo impostando delle linee guida  che si devono adattare alle specificità di ogni singolo rifugio e alle osservazioni dei gestori. La sanificazione, innanzitutto, e il distanziamento sociale, che è il vero nodo da sciogliere, mantenendo la zona franca per le emergenze. Una soluzione ipotetica potrebbe essere l’installazione di tensostrutture esterne di accoglienza. Ma non sempre in alta montagna c’è lo spazio necessario. È inoltre probabile che quest’anno la montagna attiri anche chi non l’ha mai frequentata. Sarebbe un buon inizio. È un ambiente che va conosciuto e rispettato. Noi da quasi 150 anni ci impegniamo nell’educazione a frequentarlo».  


Per l'accesso ai rifugi sarà fondamentale la prenotazione

Ci spostiamo in Val d’Aosta, dove i rifugi sono 65, di cui un terzo del Club alpino Italiano. «La stagione dei rifugi inizia a metà giugno – spiega Piermauro Reboulaz, presidente del Cai regionale – C’è ancora tempo per sperare in margini di miglioramento per quanto riguarda il distanziamento sociale. Se tutto rimane come oggi per molti rifugi sarà dura. Per loro natura sorgono in zone impervie e lo spazio interno è per forza di cose ridotto. Si dovrà ridurre l’accoglienza, mantenendo però liberi i posti per le emergenze. La montagna, inoltre, oggi può suscitare un forte appeal, evocando tranquillità, ampi spazi e poco affollamento. Per quanto riguarda l’accesso ai rifugi, sarà quindi necessario informarsi per tempo e prenotare».

La ricerca di soluzioni è senza sosta. «In alcuni casi, solo in alcuni casi - ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente dell'Associazione dei gestori dei rifugi alpini valdostani Piergiorgio Barrel nell'ambito delle seconda commissione del Consiglio regionale - per sopperire alla carenza di posti letto si potrebbero mettere delle tende nelle vicinanze, ma sono un po' più perplesso sui tavoli esterni. Considerate le temperature rigide, forse se ne può parlare solo a bassa quota e a certe condizioni meteo».

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Alberto Lupini


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