Riforma fiscale: riduzione delle tasse e semplificazione anche per 90mila bar e ristoranti

Salta l'Irap per 665 mila società di persone (90mila pubblici esercizi). Per cuochi e camerieri benefici con nuove aliquote Irpef che scendono da 4 a 3. Il Governo Meloni punta ad una flat tax tutti entro 5 anni Entro due anni i primi effetti positivi. Per chi assume calerà l'Ires: più risorse per pagare il personale di bar e ristoranti?

16 marzo 2023 | 20:22
di Alberto Lupini

Il risparmio per ora previsto è di 2.740 euro (in media) per ciascuna le 665 mila piccole imprese a cui sarà abolita l’Irap, E fra queste ci sono almeno 90mila bar e ristoranti. E anche per cuochi, baristi e camerieri dipendenti ci saranno novità con una “graduale riduzione” dell’Irpef (per ora da 4 a 3 scaglioni), nella prospettiva di arrivare a un sistema con “aliquota impositiva unica”, la flat tax “per tutti” di cui tanto si era parlato nella campagna elettorale della scorsa estate. Per ora i risparmi per i dipendenti potrebbero andare da 400 euro fino a 1.500 euro sopra i 50 mila di reddito. Dovrebbero essere favoriti i redditi più bassi e gli aumenti di stipendio.

Queste alcune delle novità anche per il mondo dell’Horeca contenute nella legge delega con cui il Governo Meloni ha varato la tanto attesa riforma fiscale che mira a semplificare il sistema fiscale italiano, ridurre le tasse per le imprese secondo il principio chi più assume meno paga (soprattutto per quelle più piccole) e per le famiglie e combattere l'evasione fiscale.

Abolizione dell’Irap per i piccoli esercizi ma non per i grandi ristoranti e le discoteche

Irap: imprese divise in due categorie

La sovraimposta per bar e ristoranti che sono società di capitale

Pesa l’Ires ma ci sono vantaggi per chi investe e assume. Più facile trovare cuochi e camerieri?

La revisione degli scaglioni Irpef per arrivare alla flat tax per tutti

L’Iva cambia faccia. Aliquota zero per i beni essenziali?

La lotta all'evasione fiscale

Verso un fisco amico?

Tante altre novità da scoprire

 Una delle principali proposte del governo è non a caso quella di ridurre l'aliquota base dell'imposta sul reddito per le persone fisiche al 15%, rispetto al 23% attuale. Ciò dovrebbe portare a un notevole risparmio fiscale per la maggioranza dei contribuenti italiani (e quindi anche per i dipendenti dei pubblici esercizi), anche se per non perdere entrate saranno tagliate molte voci delle detrazioni previste (escluso spese sanitarie e mutui).

La riforma del governo prevede come detto anche una riduzione delle tasse sulle imprese, in particolare per le piccole e medie imprese, al fine di incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro e di promuovere la crescita economica.

Per giungere all’avvio pratico serviranno però circa 24 mesi e a livello parlamentare saranno molti i passaggi per la riforma, ma dopo gli annunci elettorali qualcosa si comincia a vedere e sembra in linea con quanto già tracciato dal Governo Draghi. L'unica incertezza che può condizionare l'intero progetto è la variabile della congiuntura che condiziona il gettito totale che deve garantire l'attuazione della riforma. Per ridurre alcune tasse o si tagliano le spese o si trovano nuove entrate...

Fra le certezze ci dovrebbe essere un ulteriore smantellamento dell’Irap che, dopo essere stata cancellata lo scorso anno per le ditte individuali, dovrebbe ora essere abolita anche per le società di persone (circa 665mila, 90mila delle quali pubblici esercizi, praticamente un bar o ristorante su 4). Si tratta come detto di un risparmio per gli interessati di circa 2.740 euro a testa.

Ma vediamo nel dettaglio cosa potrebbe cambiare.

Abolizione dell’Irap per i piccoli esercizi ma non per i grandi ristoranti e le discoteche

Nel capitolo dedicato alle imprese la delega per la riforma fiscale che ha imboccato la strada verso il consiglio dei ministri torna a promettere il «graduale superamento dell’Irap». Si dovrebbe andare cioè verso un’abolizione dell’imposta, molto contestata fin dalla sua nascita, ma non del suo gettito.

Poiché gli equilibri finanziari sono quelli che sono in Italia, nemmeno il governo Meloni può rinunciare a un’entrata che dalle imprese private, grazie all’impennata del Pil dell’ultimo biennio, è salita fino a quasi 18 miliardi.

Tanto più che l’Irap, come dice il nome (imposta regionale sulle attività produttive), ha una destinazione regionale, ed è una componente essenziale per il finanziamento della spesa sanitaria.

Sta di fatto che, almeno al momento, questo intervento sull’Irap sembra favorire il “popolo delle partite Iva” ma non le aziende un po’ organizzate perché queste continueranno a pagare l’Irap. Per bar e ristoranti, grazie a Draghi, oltre il 60% di queste attività - se ha dipendenti - già non paga più l’Irap perché ditte individuali. Ora si dovrebbe aggiungere un altro 25% di imprese (le società di persone). Resteranno però fuori il 15% di aziende, le più strutturate e grandi (poco meno di 50mila fra ristoranti, discoteche, catering, fast food, ecc).

 

Irap: imprese divise in due categorie

Di fatto la prospettiva dovrebbe essere  che per le società di persone e le associazioni di professionisti, che non pagano l’Ires, ci sarà la cancellazione in toto dell’Irap, mentre per le altre aziende l’Irap sarà invece “caricata” sull'Ires (l'Imposta sul reddito delle società) con una sovraimposta che si calcola in percentuale non sul reddito imponibile ma sull’imposta lorda. Stiamo parlando di un gettito di circa 1 miliardo.

La sovraimposta per bar e ristoranti che sono società di capitale

Questa riforma presenta prima di tutto un beneficio d’immagine “politica” perché non alza l’aliquota Ires, fattore importante nei confronti internazionali sul trattamento fiscale delle imprese. Su un piano più pratico, però, il poco più di un miliardo di gettito Irap che si perde per la cancellazione dell’imposta alle microaziende andrà recuperato in toto (o magari anche di più…) a carico delle altre imprese (nel nostro caso bar e ristoranti in forma di srl o Spa). E questo perché, come specifica la delega, il cambio di regole «deve comunque garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario e il gettito in misura equivalente per le regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario».

Per blindare l’entrata, la sovraimposta non dovrebbe fra l’altro tenere conto dei meccanismi di riporto delle perdite che caratterizzano l’Ires.

Pesa l’Ires ma ci sono vantaggi per chi investe e assume. Più facile trovare cuochi e camerieri?  

È evidente che un meccanismo di questo genere, al di là delle dichiarazioni dei politici, non cancella l’Irap, ma sposta una parte del peso su pochi soggetti. Ci sarà come detto un aumento di circa un miliardo di euro per il peso dell’Ires. Il che significa circa un 2% in più in media per un’imposta che nel 2022 ha portato 45,6 miliardi nelle casse dello Stato.
In verità c’e però anche un retro medaglia più positivo. Ci dovrebbe essere infatti sgravi fiscali per chi investe in beni strumentali qualificati o in occupazione e rafforza il capitale evitando per un periodo la distribuzione di dividendi.

Più in particolare, l’Ires dovrebbe restare come base al 24%, ma potrebbe scendere fino al 15% per le aziende che investono in innovazione o nell’assunzione di ex percettori del Reddito di Cittadinanza (pronto a trasformarsi in Mia, Misura di inclusione attiva), donne o persone con più di 50 anni di età. La priorità di un intervento in tal senso è secondo il principio “chi più assume meno paga”. E ciò potrebbe essere un vantaggio per quei pubblici esercizi oggi alle prese con la difficoltà nel reperire personale; con dei vantaggi fiscali potrebbero pagare meglio cuochi e camerieri…  

La revisione degli scaglioni Irpef per arrivare alla flat tax per tutti

Fra le novità della riforma c’è anche la revisione degli scaglioni Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche). Anche in questo caso c’è una continuità col Governo Dragh: si prevede il passaggio da quattro a tre scaglioni, con aliquote differenti da quelle oggi in essere. L'obiettivo di legislatura è la flat tax per tutti, passando attraverso l'estensione della flat tax incrementale ai lavoratori dipendenti. Prima però L'Irpef passerà da 4 a 3 scaglioni. Due le ipotesi: 23%, 27% e 43% o 23%, 33% e 43%. Le risorse arriveranno, almeno in parte, dalla revisione delle agevolazioni, con una forfetizzazione in base ai redditi che lascerà però intatte quelle sui mutui e sulle spese sanitarie e ridurrà quelle dei redditi più alti.

Allo stato attuale, i contribuenti italiani sono divisi in 4 fasce:
* fino a 15 mila euro di reddito (con prelievo Irpef del 23%);
* da 15 mila a 28 mila euro (con prelievo del 25%);
* da 28 mila a 50 mila (con prelievo del 35%);
* sopra i 50 mila euro (con prelievo del 43%).

Per ridurre a tre scaglioni queste quattro fasce sono state fatte più ipotesi. Dove a cambiare sono sempre le percentuali dei primi scaglioni. Tutto dipenderà da quante risorse riuscirà il governo a recuperare dalle tax expenditure. Una possibilità, messa a punto dalla Ragioneria di Stato,  prevede l’accorpamento del secondo e del terzo scaglione in un’unica fascia che comprenda i redditi tra i 15 mila e i 50 mila euro, da sottoporre a un prelievo del 27% (ma si era parlato anche del 28%). In questa ipotesi, la prima e ultima fascia risulterebbero intoccate. È evidente che a beneficiarne sarebbe la fascia attualmente compresa tra i 28 mila e i 50 mila euro perché passerebbe dal prelievo di oggi al 35% a uno del 27% o del 28%, con un risparmio di ben 7-8 punti percentuali. Avventurarsi in simulazioni non è però forse inutile finché i politici non decideranno.

La riforma dell’Irpef si prefigge in realtà di arrivare ad una aliquota impositiva unica nell’arco della legislatura, praticamente una flat tax per tutti. E l’innalzamento a 85mila euro della soglia per la flat tax degli autonomi disposta dall’ultima legge di bilancio è un passo in questa direzione, anche considerando che i programmi elettorali di tutti i partiti del centro destra puntavano da subito a una flat tax per tutte le partite Iva fino a 100mila euro di ricavi o compensi. Nella direzione di una flat tax per tutti va vista anche la graduale estensione della tassazione piatta incrementale (novità dell’ultima manovra per ora limitata alle partite Iva) anche ai lavoratori dipendenti.

L’Iva cambia faccia. Aliquota zero per i beni essenziali?

La legge delega prevede anche la semplificazione del regime Iva. Nella bozza del provvedimento si parla di razionalizzazione del sistema delle aliquote allineate a criteri Ue, con l’obiettivo di rendere omogenee le aliquote oggi applicate a beni e servizi similari a rilevanza sociale. Non è al momento chiaro se ci sarà anche l’introduzione di una aliquota Iva zero per un piccolo pacchetto di beni essenziali, che potrebbero essere pane, pasta e olio.

La lotta all'evasione fiscale  

Un capitolo molto caldo è poi quello che riguarda la lotta all’evasione fiscale, espressamente richiesta dall’Unione Europea e più volte citata nei giorni in cui si discuteva del tetto al contante. Parliamo di una realtà che oscilla tra gli 85 e i 100 miliardi di euro annui. E ciò a fronte di un impegno per il Governo di 35 miliardi come spese annue previste nella legge di bilancio 2023. La riforma punta a rivedere il cosiddetto sistema di accertamento, ovvero la procedura con la quale è possibile determinare la base imponibile e tutte le imposte relative ai singoli tributi.

Nei principi generali (articoli 1-3 della bozza di legge delega) per contribuire a razionalizzare il sistema tributario si prospetta anche all’eliminazione di microtributi che comportano eccessivi oneri di gestione per lo Stato, anche nella prospettiva di uno stop a ad alcune imposte (bollo, ipotecaria, catastale, eccetera), per far posto a un tributo unico in misura fissa (articolo 10 della bozza).

Verso un fisco amico?

Un altro degli obiettivi che la riforma si pone riguarda il miglioramento del rapporto tra le aziende e il Fisco stesso. In particolare, per le società più piccole si parla di un uso incrociato delle banche dati disponibili su fatturazione e partita Iva. Così facendo, si potrebbero avviare concordati preventivi biennali (ovvero le procedure concorsuali del diritto fallimentare italiano a cui può ricorrere un debitore, in questo caso lo Stato), con accertamenti intrusivi per le imprese che non accettano. In ultimo, per le imprese maggiori, potrebbe invece venire estesa la cooperative compliance, il regime che riconosce ai contribuenti collaborativi e meritevoli una serie di vantaggi. Accanto a questa, tra le misure di semplificazione, c'è anche la trimestralizzazione dei versamenti allineandoli ai versamenti Iva, con eccezione per il mese di dicembre.

Il Fisco equo si declina anche dando la priorità alla semplificazione degli obblighi dichiarativi, dando ancora più spazio al principio della pace fiscale e del “saldo e stralcio” e alla ricerca di accordi tra cittadini ed Erario, punti che ritroviamo anche nella delega.

Tante altre novità da scoprire

Nella legge delega ci sono molti punti che da soli segnerebbero dei cambiamenti importanti, ma che magari non sono così immediati o di immagine. È il caso dell’armonizzazione della nostra disciplina doganale alle norme Ue (articolo 11), la rimodulazione delle accise sui prodotti energetici con la revisione dei criteri di tassazione (articolo 12), un nodo difficile da sciogliere, come ha evidenziato il pasticcio seguito allo stop al taglio delle accise per calmierare i prezzi al distributore di benzina.

C’è poi tutta la partita dei tributi regionali per l’attuazione del federalismo fiscale regionale (articolo 13), il riordino dei tributi locali e in particolare l’attribuzione del gettito Imu dei capannoni industriali e produttivi direttamente ai Comuni (articolo 14). L’articolo 15 prevede il riordino delle norme sui giochi con previsioni puntuali come le misure di contrasto alle ludopatie e la tutela dei soggetti vulnerabili.

 

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