La riapertura per ora è una tragedia A giugno si copriranno i costi?

Ad una settimana dalle riaperture di bar e ristoranti, per Aldo Cursano (vice presidente Fipe) il bilancio è negativo. Poca gente ha voglia di sedersi ai tavoli e le perdite quotidiane sono ingenti . Poi la risposta al Codacons che denuncia un rincaro dei prezzi: «Molti ristoratori, al contrario, stanno applicando sconti»

24 maggio 2020 | 13:30
di Federico Biffignandi
«Un bilancio sulla prima settimana di apertura? Tragico». Non usa mezzi termini Aldo Cursano, vicepresidente della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) per inquadrare il momento nero dei bar e dei ristoranti che dal 18 maggio hanno potuto riaprire, nonostante non poche defezioni rappresentate da chi ha scelto di rimandare.


Molti locali lavorano in perdita

«Credo che i sacrifici comunque andavano fatti - ha precisato Cursano - ma bisogna dirlo che molti imprenditori hanno riaperto in perdita nonostante nel weekend il movimento sia aumentato un po’. Personalmente, per quanto riguarda i miei tre locali di Firenze, posso dire che ne ho riaperti due su tre e che tra venerdì e sabato ho lavorato al 25% del potenziale in una situazione normale; nel corso della settimana invece non c’era anima viva che volesse sedersi al tavolo, abbiamo lavorato solo con delivery e take away».


Ancora tanta la paura dei clienti

Non è difficile spiegarsi da dove nasca questo andazzo poco confortante: «Bar e ristoranti - spiega Cursano - sono l’emblema di una qualità della vita gradevole e normale, è chiaro che nel momento in cui non tutti gli uffici hanno riaperto e la gente ha ancora timore del contagio i locali rimangano pressoché vuoti. Tuttavia il settore è chiamato ad affrontare questo periodo guardando all’immagine e assumendo il ruolo di trascinatore: se si guarda al business, agli incassi, ai bilanci si percorre una strada non prolifica che porterà ad un alto tasso di mortalità delle imprese; se invece si resisterà continuando a trasmettere fiducia, voglia, intraprendenza, garanzia e sicurezza allora si ripartirà. Al momento si lavora in perdita, ma l’auspicio è che entro giugno si riesca aalmeno a coprire la totalità delle spese».


Si muove qualcosa nel weekend, ma in settimana tutto si ferma

Da qui, la dura risposta di Cursano al Codacons il quale ha denunciato un aumento di 4 euro sugli scontrini battuti da alcuni esercenti in questa settimana e già prima della riapertura stimava un aumento del 21% dei conti di bar e ristoranti. «Diffido chi parla male del settore - attacca Cursano - questo è un momento di enorme difficoltà per il Paese nel quale tutti siamo sulla stessa barca. Non stiamo giocando e non vogliamo perderci in questo tipo di giochini, vogliamo lavorare e farlo seriamente. Le insinuazioni sull’aumento dei prezzi sono temi accessori ai quali non vogliamo dar retta. Noi siamo convinti, anche per via di monitoraggi che stiamo conducendo, che gli imprenditori del nostro settore stiano lavorando per rialzarsi attraverso la comunicazione di un modello di stile di vita improntato sulla qualità e sull’accoglienza. Sappiamo di tantissimi gestori di locali che stanno attuando addirittura degli sconti anche solo sul caffè oppure offrendo promozioni ai clienti per invitarli a tornare con regolarità alle abitudini di prima, sempre nel pieno rispetto delle norme. Il lavoro che stiamo facendo è controllare che nessuno abbia alzato i prezzi dal periodo pre-covid ad ora, non valutare il costo di un prodotto perché è chiaro che se è di alta qualità anche il prezzo aumenta».


Aldo Cursano

Il discorso di Cursano è corale e coinvolge tutto il tessuto sociale e culturale del Paese: «Dobbiamo fare in modo che la gente torni a frequentare le piazze, i centri storici, dobbiamo far sì che si ritrovi il senso di comunità, di socialità. Il modello italiano è a rischio, ma bisogna salvarlo a tutti i costi, con l’aiuto di tutti. Abbiamo ad esempio chiesto alla Siae di non chiedere i costi consueti per permettere a giovani artisti, ad esempio, di esibirsi nelle città. Quello che bisogna comprendere è che non ci sono in ballo i fatturati, ma un modello di Paese costruito in decenni di storia».

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Alberto Lupini


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