Le rappresaglie sui dazi non fanno bene a nessuno. All'agroalimentare italiano meno di tutti

Sulla questione dazi si avverte chiaramente la difficoltà di riuscire a tenere insieme gli interessi americani e quelli europei e italiani in particolare. Una guerra commerciale va scongiurata , non solo per l'export dell'agroalimentare tricolore, ma anche perché un peggioramento dei rapporti con gli Stati Uniti potrebbe avere ricadute sul turismo alto spendente in Italia

18 marzo 2025 | 18:58
di Alberto Lupini

Non deve essere facile per Giorgia Meloni rappresentare un'Italia sempre più divisa e frazionata, sia a livello di Governo sia di opposizione, sul rapporto Usa-Ue-Russia. Lo conferma l'intervento al Senato, che ha richiamato una vignetta di qualche giorno fa che rappresentava il capo del governo italiano con i piedi nelle staffe di due cavalli diversi, uno con la testa di Trump e uno con la testa della Von der Leyen. Al di là della complessa posizione sull'Ucraina (che in larga parte sarà comunque decisa fra Washington e Mosca) è sulla questione dazi che si avverte chiaramente la difficoltà di riuscire a tenere insieme gli interessi americani e quelli europei/italiani.

Dazi, la guerra commerciale non conviene a nessuno

Abbiamo già avuto modo di ricordare che ai primi di aprile potrebbe cadere la ghigliottina dei dazi su molti prodotti europei importati dagli Usa, con danni immediati e pesantissimi in particolare per italiani e tedeschi. Nel caso specifico, oltra a moda, design e tecnologie, sarà proprio l'agroalimentare (negli ultimi anni in forte crescita) ad essere maggiormente penalizzato, e ciò può ben spiegare l'equilibrismo che Meloni sta esercitando per mantenere aperto un dialogo fra Usa ed Europa.

 

«L'amministrazione Trump ha deciso di riattivare dazi su acciaio e alluminio, gli Usa hanno annunciato la possibilità di attivare ulteriori dazi su altri comparti - ha detto la presidente del Consiglio - e la Commissione ha risposto annunciando contromisure di riequilibrio. Il quadro è complesso, ma sono convinta che si debba continuare a lavorare per trovare un terreno d'intesa e scongiurare una guerra commerciale che non avvantaggia nessuno, né Usa e né Europa».

Scongiurare una guerra commerciale è ciò che si augurano le imprese di tutto il mondo, anche perché se si sa come si comincia… non si sa come si finisce. Il quadro è complesso e in costante evoluzione, tenuto conto che gli Stati Uniti hanno attivato misure simili anche nei confronti di altre nazioni, Canada, Messico e Cina in primis. Ne è dimostrazione la preoccupazione del braccio destro di Trump, Elon Musk che per le sue posizioni politiche “estreme” ha visto crollare le vendite di Tesla in Europa. E se partisse davvero una guerra dei dazi probabilmente non riuscirebbe più venderle, e forse nemmeno a produrle se la Cina bloccasse anche l'export delle batterie fondamentali per quelle auto elettriche.

Dazi, un equilibro difficile

Vini, formaggi, ortofrutta e salumi italiani, così come gli champagne francesi, oltre naturalmente a prodotti industriali ben più “pesanti” economicamente, potrebbero essere i prossimi destinatari di dazi se non si riuscisse a trovare una quadra sui commerci fra le due sponde dell'Atlantico. E ciò ben spiega la prudenza di Giorgia Meloni che, se da un lato aderisce alla decisione di riarmo per la sicurezza (garantendo così, almeno nel breve periodo molte esportazioni militari Usa), dall'altro frena su una politica di occhio per occhio riguardo alla tassazione dei commerci.

 

«Non è saggio cadere nella tentazione delle rappresaglie che diventano un circolo vizioso dove tutti perdono - ha detto in Senato -. Se è vero che i dazi possono favorire la produzione interna, possono tradursi in un'inflazione indotta e nell'innalzamento tassi dalla Bce. Non sono certa che sia un buon affare rispondere ai dazi con altri dazi, per questo penso che le energie dell'Italia debbano essere spese in soluzione di buon senso in una logica di reciproco rispetto e convenienza economica».

Dazi, le rappresaglie peserebbero anche sul turismo

Forse la posizione della premier italiana è la più difficile e rischiosa in questo momento: rischia di saltare di fronte ad un inasprimento delle posizioni e ci costringerebbe a fare una scelta di campo davvero traumatica. Ma non si può non essere d'accordo che le rappresaglie potrebbero costare care a tutti, e a noi magari più che ad altri. Un dato per tutti: al di là dell'export verso gli Usa, per noi fondamentale, non dimentichiamo che la ripresa del nostro turismo (soprattutto di quello più alto spendente) è dovuto ai turisti statunitensi. Se peggiorassero i rapporti fra i nostri Paesi siamo sicuri che i turisti verrebbero in egual misura a oggi?

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