Il rapporto ristoratore-proprietario si reinventa di fronte all'emergenza

Con i ristoranti chiusi, come stabilito dal Governo, emerge il problema dell'affitto che il ristoratore-imprenditore deve ogni mese al proprietario del locale . In una situazione di crisi bisogna trovare un nuovo modello di riferimento, che si può intravedere nella variabilità dei costi a seconda di criteri pattuiti a inizio rapporto

25 marzo 2020 | 09:20
di Vincenzo D’Antonio
I ristoratori sono obbligati a tenere chiusi i loro ristoranti e siamo purtroppo propensi a ritenere (sebbene esatto opposto di quanto ci auguriamo, sia chiaro) che il periodo di chiusura non sarà così breve. I ristoratori, facendo di necessità virtù, come si diceva una volta, capovolgono la debolezza enorme dell’inattività quotidiana fatta in gran parte di routine, nella forza grande e beneficamente esplosiva di produrre pensiero, produrre idee e mettere basi progettuali per la riapertura. Riapertura che significherà condurre un’attività in modalità di certo non meramente uguale a prima che il flagello del coronavirus arrivasse a scardinare i paradigmi consolidati.


Fondamentale trovare una linea d'incontro tra ristoratore e proprietario del locale per il dopo coronavirus

Periodo sabbatico, ecco l’approccio giusto. Si obietterà che non lo si è scelto. È vero non lo si è scelto. E quindi!? Cos’altro? Piangersi addosso e ritenere che le soluzioni non tampone giungano da decreti emanati in emergenza, è come voler proseguire, dopo la foratura e quindi la sostituzione della ruota con il ruotino di scorta, il viaggio di 800 km lasciando per tutto il viaggio il ruotino di scorta. Ma dove andiamo!?

Tra i lai in voga nelle discussioni tra addetti ai lavori, colpisce particolarmente quanto si ventila a proposito della pattuizione contrattuale, concretamente difficoltosa da adempiere, che lega l’esercente al proprietario del locale: l'affitto, in poche parole. È scontro/incontro che va risolto nell’immediato a fronte di quanto verificatosi. Una soluzione che soddisfi entrambe le parti è ardua da individuare soprattutto perché non vi è una data certa di riapertura. Osiamo azzardare che se data certa vi fosse - ed essa fosse tale da comportare in definitiva la chiusura del ristorante per 2-3 mesi (ipotesi per il caso) - una moratoria sarebbe accettabile.

Proviamo a dare voce alle due “campane”.

Ristoratore: «Come faccio a pagare il fitto del locale se il locale è chiuso ed io perciò non incasso?».
Proprietario del locale: «Ed io cosa ci posso fare se il locale è chiuso: io comunque ho le mie spese e con quel fitto ci campo».

In sintesi, cosa diviene evidente? La dicotomia dei personaggi in scena. La differenza netta tra chi intraprende e trae profitto dalla sua intrapresa, di essa sapendo ben individuare i ricavi ed i costi, e chi trae reddito da cessione in affitto del bene immobile. Cos’altro avrebbero da dirsi le “voci” se la loro discussione continuasse? Probabilmente in atteggiamento antitetico: «Non ti pago» dal ristoratore al proprietario; «Ed io ti sfratto per morosità» dal proprietario del locale al ristoratore. Quale la via di uscita? Lite con composizione stragiudiziale o giudiziale che sia. Proviamo adesso ad immaginare lo scenario prossimo venturo, quello per fortuna non maculato da una lite insorgente. Lite cagionata dal perdurare delle regole dell’era a.c. (avanti coronavirus) quando al redditiere l’imprenditore si approcciava in presunzione di impermeabilità dei ruoli. Il “quanto”, il “quando” inteso come durata, le clausole di rinnovo tacito o meno, la puntualizzazione dei carichi per manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria, gli aumenti automatici e tanti altri disperati codicilli e verbose clausole.


Bisogna prepararsi per quando l'emergenza finirà

Giorno zero del ristoratore del d.c. (che sta per dopo coronavirus) e giorno zero del proprietario del locale del d.c. Ci si incontra (chissà se saremo adusi a stringerci la mano) e l’imprenditore ha un altro atteggiamento, magari maturato durante le riflessioni rese possibili dal suo periodo sabbatico. Anche il redditiere avrà modificato alcuni dei suoi postulati.

Negoziazione, numeri che cominciano ad essere scarabocchiati su carta e via ad andare (per comodità espositiva d’ora innanzi adopereremo 100 come numero indice). Il redditiere fa la sua richiesta che è... 100. Il rimbalzo del ristoratore non sarà sul “quanto”, ovviamente tendendo comunque a far diventare quel 100, 80 se non 70, se non 60 e giù ancora, ma sarà sul “quando”. «Hai detto 100, va (quasi) bene, ma “quando” ti devo dare 100?». Ed il redditiere comprensibilmente spaesato: «che significa quando? Ogni mese», e già pronto a specificare clausole e codicilli. E l’imprenditore: «No, non “quando” ad intendere la cadenza, è ovvio che la cadenza è mensile come da consuetudine. Io per quando intendo a fronte di quale performance della mia attività?»

Ve lo immaginate adesso il redditiere? Meraviglia, sgomento. E se poi comincia a ragionare? Magari anche dopo la notte che porta consiglio?
Insomma, cosa sta avvenendo? Sta accadendo che l’imprenditore coopta il redditiere a condivisione di rischio/opportunità. Fitto di 100 a fronte di performance M, però fitto di 80 a fronte di performance B.

Un momento, e chi stabilisce parametri e valori della performance? In base a cosa si definirà Media oppure Bassa la performance? In base a dati condivisi a priori e resi noti tra le parti. L’elemento basilare sarà sicuramente il volume d’affari, l’incasso del mese. Ma poi ne potrebbero subentrare altri, o magari lo stesso elemento avere oscillazioni secondo stagione. Quindi, con performance M il fitto è 100. Con performance B il fitto è 80.

Un momento! Attenzione! E quando la performance è A, ovvero Alta? Ah, e allora il fitto diviene 160.

Cosa sta accadendo? Sta accadendo che il proprietario del locale cessa di assumere la vetero postura del redditiere e diviene in piccola parte anche un soggetto che intraprende. Sta accadendo, altresì, che il ristoratore commuta in una parte variabile quanto è sempre stato visto come un costo fisso. Il nuovo modello funziona. E se funziona, come si può pensare di non estenderlo anche ai collaboratori? Ed ai fornitori?

Che facciamo? Siamo in periodo sabbatico. Abbiamo tempo, propensione e volontà di approfondire questa idea da attuare nell’era d.C.?

Intanto, in questo periodo di estrema emergenza, si è espressa la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), che ha approntato un modello per i titolari di bar e ristoranti per chiedere ai proprietari degli immobili di sospendere e rinegoziare proprio i contratti d'affitto.

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Alberto Lupini


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