La rabbia dei locali da ballo: Via anche la dignità, denunceremo

Dalla Romagna al Lazio fino alla Puglia, sale il malcontento degli imprenditori dopo la chiusura. Bene i fondi del Governo, ma la priorità è ridare un'immagine corretta del comparto

17 agosto 2020 | 12:33
di Sergio Cotti
Non è solo una questione di soldi e di lavoro per migliaia di imprenditori e dei loro dipendenti: l’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che ha chiuso le porte dei locali da ballo da oggi al 7 settembre (salvo proroghe) per l’innalzarsi della curva dei contagi da Covid-19, è un attacco all’immagine e alla dignità di un intero comparto.

Dopo lo stop, è scontro aperto tra il Governo e le discoteche

Così la vivono i gestori delle discoteche, i cui rappresentanti hanno deciso lunedì pomeriggio di ricorrere d'urgenza al Tar del Lazio, com’era già stato annunciato ieri, nel tentativo di riaprire da subito le porte dei loro locali.

«Si parla di una cifra corposa che il Governo dovrebbe mettere a disposizione per dare la possibilità ai locali di sopportare questo nuovo periodo di stop, limitando i danni economici - dice Gianni Indino, vicepresidente di Confcommercio Emilia Romagna con delega al Turismo e presidente Silb di Rimini - oggi, però, la nostra priorità non è pensare agli indennizzi, anche se ne abbiamo bisogno, ma restituire dignità e immagine a un settore del quale si è parlato a sproposito». Non usa giri di parole, Indino, per fotografare l’immagine che l’opinione pubblica sembra avere delle discoteche, soprattutto in questo periodo: «Siamo identificati come la feccia delle imprese del nostro territorio e non solo - dice - da sempre, quando c’è una persona che si ubriaca o che si droga, è perché è stata in discoteca, adesso siamo anche diventati gli untori del virus, è ora di finirla. D'ora in poi inizieremo una serie di denunce laddove verranno messi in discussione in maniera poco ortodossa il nostro lavoro e le nostre funzioni».



I gestori dei locali da ballo rimproverano al Governo di non aver aperto alcun tavolo di discussione per provare a trovare delle soluzioni: «Quando una grande azienda si trova difficoltà - dice ancora Indino - il Governo convoca le parti e si definisce un piano per risolvere il problema. Qui stiamo parlando di un comparto che tocca 400mila famiglie, tra dipendenti diretti e indotto, e le parti non sono state nemmeno convocate. Non solo: ad oggi non ci sono evidenze scientifiche, sanitarie o epidemiologiche che confermano che all’interno dei nostri locali ci si infetti. Se ci fossero state, con grande senso di responsabilità, avremmo deciso noi di chiudere i nostri locali, perché siamo persone responsabili, abbiamo già dimostrato in più occasioni».

Gianni Indino

Lo stop di ieri arriva a poche settimane dalla riapertura dei locali (almeno quelli all’aperto). Viene da pensare che, forse, sarebbe stato meglio non riaprirli neppure: «Questo no - dice invece Indino - perché in questo periodo abbiamo dato la possibilità a molte aziende di tornare a lavorare almeno per un paio di mesi. Avevamo riacceso una fiammella di speranza che oggi si spegne, mi auguro non in maniera definitiva». L’ordinanza scadrà il 7 settembre, tuttavia già si parla di una possibile proroga: «Allo stato delle cose, sono convinto che la proroga ci sarà - dice, rassegnato, Indino - Intanto nel frattempo leggeremo quali saranno i cambiamenti delle curve epidemiologiche: mi sembra imbarazzante che ci si possa infettare dalla sera alla mattina, mentre durante tutto il giorno questo non può accadere. Siamo forse nel Paese dei balocchi?».

Dalla Romagna al Lazio, i toni dei gestori dei locali all’indomani della chiusura decisa dal Governo non cambiano: «Chiudere le discoteche, quando ci sono locali alternativi che fanno la stessa cosa, non ha senso - dice Rino Polverino, storico imprenditore di Latina e gestore, tra gli altri, della discoteca 24 Mila Baci - A questo punto, andrebbero chiusi pure gli stabilimenti balneari che fanno ballare la gente sulla spiaggia. Le pecore nere ci sono in ogni categoria, ma tra noi ci sono tanti imprenditori seri e con un grande senso di responsabilità. Non mi va di passare per fesso, d’ora in poi tutte le situazioni che vedo, sporgo denuncia». Secondo Polverino, il problema è di facciata, un po’ come sostiene il romagnolo Indino: «A fare paura è il termine “discoteca” - dice - tanto vale cambiare nome. Ma è assurdo, io faccio questo lavoro da una vita, capisco che il momento è difficile, non possiamo però essere gli unici a pagare».


Rino Polverino

A parlare di locali da ballo utilizzati come capro espiatorio, è anche Pierpaolo Paradiso, titolare della discoteca Praja di Gallipoli (Lecce): «Lo siamo anche se non è stato riportato nessun contagio in nessuna discoteca - puntualizza - I nostri dipendenti non riusciranno a raggiungere le giornate necessarie per avere la disoccupazione. Inoltre non vedo gli stessi provvedimenti di chiusura totale per bar, ristoranti e spiagge. Vediamo solo buio davanti a noi, spero si ricordino di aver messo un settore sul lastrico».


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«Osserveremo la disposizione del ministero, ma il governo deve fornirci degli aiuti concreti - è la richiesta di Francesco Susca, titolare di Musica e Parole, società di Bari che opera nel mondo del divertimento in Puglia e che ha all’attivo 550 dipendenti - Con questa decisione saltano tutti i contratti e le date stabilite per aziende chiuse da fine febbraio. Un danno economico evidente. La speranza è che gli acconti vengano restituiti e che i dipendenti ricevano un supporto tangibile, visto che si troveranno senza ammortizzatori sociali».

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Alberto Lupini


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