Questo stile di Vinitaly piace. E le cantine sono tutte soddisfatte e fanno contratti

L’edizione speciale della più importante fiera enologica è stata un successo: tanta concretezza e un ambiente adatto al business. Grande l’ottimismo dei produttori e la voglia di tornare in campo . Per imporre una leadership all’estero occorre fare squadra, adottando uno stile e una narrazione condivisi

19 ottobre 2021 | 18:07
di Alberto Lupini

La soddisfazione delle cantine è evidente. I produttori presenti erano ovviamente molto meno di quelli delle edizioni pre-Covid (così come erano pochi i padiglioni utilizzati), ma di certo la presenza in fiera è stata positiva per la qualità dei contatti (solo operatori professionali e giornalisti specializzati) e i non pochi contratti fatti. Si può dire quindi che l’edizione straordinaria di Vinitaly (Special edition) è stata un successo. A tutto business, come segnalano gli organizzatori: e in effetti, niente ressa, niente pubblico di curiosi o “appassionati”, ma tanta concretezza e un ambiente adatto per lavorare.

Uno stile più sobrio, senza fronzoli, per un'edizione più orientata al business

Insomma, una manifestazione in positivo che sembra avere portato bene a chi ha avuto il coraggio di partecipare, rinunciando magari a tanti allestimenti inutilmente costosi e all’insegna di quella diversificazione esasperata che è sempre stato il dato più negativo del mondo del vino italiano, anche a Vinitaly. Tanti box più o meno simili, razionali, bianchi e con pochi fronzoli, sono stati l’emblema di questa fiera e sarebbe bello se questo fosse lo stile anche della 54ª edizione in programma dal 10 al 13 aprile 2022.

Da parte dei produttori c'è voglia di tornare in campo e fare squadra

In questi giorni, oltre alla voglia di tornare in campo e “in presenza” dei produttori, si è avvertito tanto ottimismo, nonché l’inusuale sensazione di fare squadra. Certamente la sobrietà dei tanti stand ha aiutato, come forse la sensazione di poter finalmente adottare un nuovo modo di comunicare dei territori (che sono da visitare e “gustare” con tutte le proposte agroalimentari e di offerta turistica) e non solo delle cantine. O meglio, le cantine si presentano come ambasciatori o promotor dei territori.

L'obiettivo è imporre all'estero una leadership per la qualità

E qui si apre la partita vera che attende il vino italiano. Consolidare un primato internazionale a livello di produzione e vendite può essere facile. Un po’ meno imporre una leadership per la qualità, soprattutto nei confronti dei soliti francesi. E non certo perché la qualità difetti. Anzi. La differenza è sempre nello stile e nel modo di porsi sul mercato: d’Oltralpe ci sono pochi territori e tante cantine che in ogni contesto si presentano in modo unitario e coordinato. Da noi ogni occasione è buona per distinguersi.

Ci vuole uno stile condiviso per comunicare meglio la territorialità

Proprio questo Vinitaly eccezionale e in modalità smart ha però dimostrato che si può vincere anche abbassando le differenze e puntando ad una maggiore unitarietà. Per carità, che le cantine della Sicilia possano e debbano presentarsi in maniera magari più giocata sulla solarità rispetto all’immagine di laghi e colline di quelle lombare, ci sta. Ed è giustissimo. L’importante è che lo stile venga condiviso e ci sia più sintesi nel modo di comunicare la territorialità.

Puntare sullo storytelling delle cantine, come invitano a fare tanti soloni della comunicazione social, va bene. Ma se manca la narrazione condivisa con i colleghi-concorrenti del territorio in cui ci sono le vigne, si rischia di creare solo nuova confusione e una Babele di linguaggi.

Il valore delle vendite deve tornare a crescere, facendo corrispondere prezzo a qualità vera

E questo mentre siamo in presenza di quella che il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, definisce una grande accelerazione dell’export made in Italy e del vino tricolore su tutti i principali mercati target, compreso quello nazionale grazie alle collaborazioni attivate con Fipe e Vinarius. Ed è questa la realtà su cui costruire nuove strategie e fare crescere il valore delle vendite, facendo corrispondere prezzo a qualità vera. Certo non sarà facile trasferire sul costo di ogni etichetta i crescenti oneri che le cantine registrano come tutto il sistema produttivo nazionale per i rincari dell’energia e delle materie prime (pensiamo solo al vetro delle bottiglie), ma questa è una sfida inevitabile da affrontare in una logica di sistema in cui alle cantine sia assegnato un giusto ruolo anche in tutti i piani di sostegno e sviluppo del turismo.

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