L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare. Il mitico
Gino Bartali era solito utilizzare questa sua leggendaria definizione per dire che ciò che si era visto fino ad ora non andava bene e che bisognava ribaltarlo, con l’operosità di cui solo gli uomini del suo tempo - quello del dopoguerra - erano dotati. Un’espressione quella che è il simbolo di ciò che i
ristoratori (ma non solo) hanno pensato quando il Governo
Giuseppe Conte non stava rispondendo alle loro richieste di aiuto.
Forse non tutto, ma tanto è stato sbagliato di quel Governo e tanto è stato rifatto con
Mario Draghi e i suoi Ministri. Ma non è stato rifatto tutto, anzi. Qualche voce di ristoratore nei giorni scorsi si era levata per far notare che oltre a tanti clamori con i quali Draghi era stato accolto non si era visto nulla di concreto. E via
proteste. Ora che il mandato è entrato nel vivo e che il rodaggio è passato però i difetti del Governo Conte sembrano intaccare anche quello Draghi.
Ristoratori incerti
L'annuncio di nuove restrizioni a ridosso del weekendDa diversi giorni infatti
si attendono altre restrizioni oltre a quelle previste dal
Decreto Pasqua, ma tutto è slittato di giorno in giorno e ora pare che la decisione finale verrà annunciata venerdì. Già il fatto che subito dopo pochi giorni la firma del Dpcm il Governo abbia pensato che ci fosse bisogno di un’altra
stretta fa il paio con le continue correzioni che apportava Conte e il suo staff; se poi finisce che si decide a poche ore dall’entrata in vigore delle nuove norme, allora oggi non è proprio cambiato nulla rispetto al passato.
La questione riguarda
bar e
ristoranti delle
zone gialle e bianche (
solo la Sardegna) dove i locali sono aperti fino alle 18. L’ipotesi sul tavolo infatti è che il Governo decida di far scattare la
zona rossa nazionale il sabato e la domenica; ciò non cambierebbe nulla per i locali in zona arancione, arancione scuro e rossa perché tanto sono comunque chiusi, ma per gli altri (
Val d’Aosta, Liguria, Lazio, Sardegna, Calabria e Sicilia) sì.
Oggiono: Lavorare nel weekend è essenzialeDa nord a sud gli umori sono tra il nero e lo sconsolato, come se la voglia di fare la battaglia fosse ormai svanita.
Filippo Oggiono, chef del
Vecchio Ristoro di Aosta spiega: «Se si chiude nel weekend allora è meglio restare chiusi tutta settimana. In zona gialla abbiamo lavorato bene all’inizio, ma da quando le notizie sono peggiorate abbiamo perso il 50% della clientela. E bisogna considerare che siamo un locale piccolo, da 16 coperti. Il
delivery poi non ci ha certo salvato perché da Capodanno in poi abbiamo avuto una media di 10 persone a settimana».
Filippo Oggiono e Giorgio Servetto
Servetto: Per aprire e chiudere servono giorniLa poca fiducia affossa i ristoratori
liguri come la peggiore delle Macaie: «Noi abbiamo chiuso il 31 ottobre e non abbiamo ancora riaperto - spiega
Giorgio Servetto, delegato regionale Euro-Toques e chef del ristorante realais,
Villa della Pergola - pensavamo di farlo il 3 aprile, ma con le nuove
decisioni penso slitteremo alla fine di quel mese. Inutile dire che siamo in disaccordo con queste decisioni perché i ristoranti non sono il
problema. Aprire un ristorante è impegnativo, servono giorni e in questo clima di incertezza si valuta sempre molto bene se aprire o no, la ristorazione ligure sta soffrendo».
Fratello: Il menu lo decido al mattinoI ristoratori che decidono di tenere aperto costringono i
cuochi ad arrangiarsi come possono perché il grosso problema è quello di uno spreco di materie prime enorme: la merce comprata fresca pensando di lavorare il giorno dopo quasi sempre finisce nella spazzatura se in serata dal Governo arriva l’ordine di chiudere. «Ho scelto di proporre un menu quotidiano - spiega
Antonino Fratello, chef dell’hotel
Excelsior di Roma e vicedelegato EuroToques per il Lazio - e lo costruisco a seconda di quello che la spesa del mattino mi offre. I fornitori mi scrivono all’alba per dirmi quello che c’è e io scelgo; del resto è impossibile fare progetti a lungo termine con questi cambiamenti».
Antonino Fratello e Giuseppe Romano
Romano: Troppi costi e pochi aiutiE di fronte a queste continue limitazioni al lavoro il Governo continua a non sostenere economicamente i ristoratori. «Da dicembre non abbiamo ricevuto alcun ristoro e ci sentiamo abbandonati - spiega
Giuseppe Romano, del
Me Restaurant di Pizzo (Vv) - dato che abbiamo perso oltre 350mila euro e i ristori sono arrivati a 10mila. A questo si aggiungono i costi vivi. Controllavo la fattura dell’energia elettrica e da 300 euro di
consumi diventano 700 fra spese e tasse. Siamo d’accordo sul chiudere ma abbiamo bisogno delle garanzie per continuare a sostenere il modello di cui facciamo parte».
Sorbello: Tanti investimenti per nullaE a proposito di costi interviene anche
Seby Sorbello, chef di Sabir Gourmanderie – Parco dei Principi Resort: «Abbiamo investito e continuiamo ad investire per rispettare i protocolli e lavorare con il locale in regola - dice - ma a quanto pare non servono a niente. C’è incertezza e confusione e se decideranno di chiudere nel weekend io chiuderò, perché con il
lavoro della settimana non si va avanti».
Seby Sorbello e Daniele Sechi
Sechi: Ormai cambiamenti sono routineTira le somme
Daniele Sechi, chef del ristorante
Il Purgatorio Dani e Pier Restaurant di Tempio Pausania (Ss): «Ormai è di routine per noi vivere in attese di nuove disposizione - spiega - ci stiamo convivendo da tempo e sappiamo che è così. Ci spiazzano ogni volta soprattutto adesso che per noi è un bel
periodo: in zona bianca siamo tornati a lavorare tanto e bene, lo spirito c’è ma è anche vero che siamo sempre in quel limbo in cui non sappiamo se possiamo andare due passi avanti o due passi indietro».