«Abbiamo chiesto di partecipare ai tavoli di lavoro – spiega Pozzulo – ma non abbiamo avuto risposte. La Fic rappresenta 18 mila cuochi, un comparto di peso, non irrilevante. Non solo il Palazzo non ci sta dando retta, ma non ci ha nemmeno cercato».
«La ristorazione italiana – sottolinea Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi - rischia altissimi tassi di mortalità, la dispersione di professionalità faticosamente costruite, nuove infiltrazioni malavitose, e va aiutata con urgenti interventi che prevedano indennizzi a fondo perduto per chi è stato obbligato a chiudere o ha subito forti cali di fatturato, con congrue moratorie fiscali, procedure di accesso semplici e veloci agli strumenti della cassa integrazione, interventi normativi sulle locazioni commerciali, proroghe e rafforzamento delle misure di protezioni sociali per i lavoratori».
I pubblici esercizi sono stati i primi a chiudere e saranno, al momento, gli ultimi a ripartire.
Rimandare ancora la ripartenza del settore, già agonizzante dopo mesi di mancati incassi, significa dare il colpo di grazia a un comparto enorme, fatto di migliaia di piccole grandi imprese che danno lavoro a centinaia di migliaia di addetti e che producono un indotto miliardario per tutto il Paese. Una situazione insostenibile. Ci sono famiglie intere impegnate nei ristoranti o nei catering rimaste senza lavoro e senza soldi, per non parlare dei 400mila lavoratori stagionali restati a casa senza alcuna prospettiva di guadagno per l'anno in corso.
«Gli affitti – si segnala dalla Fic - continuano a essere pretesi dai proprietari dei locali, le tasse, finora sospese, a breve verranno comunque pretese dallo Stato mentre nessuna certezza ci è stata fornita per il futuro: è stata concessa la cassa integrazione ma i fondi non sono ancora arrivati, così come i tanto promessi aiuti economici alle imprese».
«Noi siamo più che disponibili – denuncia Rocco Pozzulo – Ma non è stata pensata una procedura per noi. Se in un’impresa si potessero far lavorare, per esempio, 5 addetti su 10, lo Stato ci guadagnerebbe, risparmiando sulla cassa integrazione. Una risposta ci è comunque dovuta». Magari anche con un tweet rassicurante, visto che i social sono ormai l’ossatura della comunicazione istituzionale.
I cuochi chiedono anche che venga imposta la sospensione o almeno la riduzione degli affitti per i mesi di inattività, così come il rinvio e la riduzione dei versamenti delle imposte e di trovare “insieme” e presto le soluzioni più efficaci per non far collassare ristorazione e ospitalità.
In parallelo Stoppani chiede «un'anticipazione della data per la ripartenza, certi che i severi protocolli sanitari messi a disposizione delle aziende, che hanno imposto pesanti adattamenti organizzativi e operativi, garantiranno la sicurezza sanitaria di clienti e lavoratori».
E a proposito del flashbob il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani dice che si tratta di «una iniziativa che accompagna l'attività istituzionale della Federazione nel rappresentare i danni, i bisogni, le aspettative e le drammatiche prospettive di un settore tra i più danneggiati, visto che è stato il primo costretto a chiudere e sarà l'ultimo (purtroppo) a riaprire. Si tratta di un segno inequivocabile della disperazione che interessa gli imprenditori, che vedono messo a rischio il progetto della loro vita lavorativa, senza che le politiche economiche, lente, dilatorie e poco incisive, riescano metterli in sicurezza».
Per informazioni: www.fic.it – www.fipe.it
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Alberto Lupini
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