Più rider che camerieri, il personale che manca azzoppa la ripresa
La ristorazione, dopo aver festeggiato per l'allentamento delle restrizioni, deve fare i conti con la mancanza di personale. Motivi economici e opportunità rendono poco appetibile il settore . Mentre la pandemia ha spinto il food delivery verso nuove regole e realtà imprenditoriali indipendenti
25 giugno 2021 | 05:02
di Nicola Grolla
Camerieri, cuochi, personale turistico: dove sono finiti tutti?
Come accennato, una spiegazione univoca non c'è. Piuttosto è la cronaca a parlare. La Fipe-Confcommercio da tempo sottolinea il problema. Durante la pandemia, infatti, si sono persi 240mila posti di lavoro nel settore dei pubblici esercizi. Di questi, ben 116mila erano dipendenti a tempo indeterminato che si sono licenziati o hanno perso il lavoro per la cessazione dell'attività in cui erano assunti. Eppure, con il progressivo allentamento alle restrizioni e il ritorno a una (quasi)normalità di servizio, non sono stati colmati questi vuoti. Anzi, mancano all'appello circa 150mila unità per affrontare al meglio la stagione estiva che entra sempre più nel vivo.Scorrendo i dati dell'ultimo aggiornamento di Anpal e Unioncamere, lo stesso problema si rileva anche nel settore turistico. Per quanto riguarda la filiera turistica, sebbene a giugno ci si attende l’ingresso nel mondo del lavoro di circa 99mila addetti (+48,2% sul mese precedente), grazie anche ai contratti stagionali da attivare per il periodo estivo, questi numeri non bastano a invertire la rotta per un ammanco di 26mila operatori a giugno e 77mila nel trimestre giugno-agosto.
Food delivery e logistica, l'incontro che fa bene ai rider di Just Eat
Dall'altra parte, c'è il food delivery che, sul tema del lavoro, è pronto a giocarsi la sostenibilità del modello di business. Dopo la querelle sull'inquadramento professionale dei rider scoppiata all'indomani dell'accordo fra Assodelivery (l'associazione di categoria delle piattaforme) e il sindacato Ugl, Just Eat ha colto la palla al balzo per far evolvere il rapporto professionale con i ciclofattorini. Tanto che il 22 giugno ha annunciata una nuova tornata di assunzioni a Milano: 1.000 rider regolarizzati con il contratto del settore logistica e trasporti. «Con il nuovo modello, il gruppo prosegue nel percorso di investimento sul territorio, creando posti di lavoro nella città, generando opportunità a sostegno della crescita del mercato del food delivery e migliorando il livello del servizio», spiega una nota.A Milano l’implementazione del modello con i rider dipendenti valorizza il potenziale di crescita della città che registra un trend positivo anno su anno con un incremento dell’83% dei ristoranti che hanno scelto il digital food delivery, arrivando a oltre 2.200 totali attivi su Just Eat in città. Il contratto prevede l’applicazione di festività, lavoro straordinario, ferie, malattia, maternità/paternità secondo quanto regolamentato. La retribuzione segue le tabelle previste dal Ccnl con un compenso orario che di norma non sarà inferiore a 9 euro sino alla maturazione di un’anzianità lavorativa della durata complessiva di due anni. Ad un salario orario di partenza di 8,50 euro si aggiunge infatti il premio di risultato di 0.25 euro a consegna e l’accantonamento del Tfr.
La new wave delle piattaforme indipendenti: il caso di Robin Food
Allo stesso modo, questa new wave ha dato il là a numerose iniziative indipendenti. L'ultima in ordine di tempo arriva da Firenza e si chiama Robin Food. La società, strutturata come una cooperativa, è nata dall'idea di sette soci fondatori che in questi anni hanno lavorato per le multinazionali del delivery arrivando alla conclusione che nel settore delle consegne a domicilio «non c’è vera condivisione di intenti fra chi lavora ai piani alti e chi consegna il cibo a domicilio, che è considerato più un numero, un ingranaggio utile a raggiungere lo scopo economico con il minimo sforzo possibile», racconta Duccio D'Agnano, uno dei fondatori. Da qui la necessità di darsi una struttura che allargasse la partecipazione dei rider alle decisioni e ai destini dell'azienda garantendo loro una equa ripartizione degli utili.A livello lavorativo, Robin Food garantirà la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori attraverso un protocollo di intesa con Nidil Cgil Firenze con cui la cooperativa si impegna ad applicare correttamente ai propri soci lavoratori e lavoratori la disciplina del lavoro subordinato secondo i Ccnl di settore. «La nascita di Robin Food e la firma del Protocollo che sancisce piene tutele per i fattorini - ha sottolineato Ilaria Lani, segretaria generale Nidil Cgil Firenze - propone ai consumatori una nuova alternativa sostenibile nel settore delle consegne a domicilio ed è significativo che i protagonisti di questa esperienza siano proprio i rider che in questi mesi si sono battuti contro lo sfruttamento imposto dalle multinazionali e che con concretezza e coraggio si sono autorganizzati in cooperativa».
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Le difficoltà non mancano, ma il professionismo in cucina deve cambiare paradigma
Insomma, un modello più solidale e una spita all'autorganizzazione imprenditoriale. Un passaggio che, forse, manca alla ristorazione tradizionale che ora sta cercando di rimettere insieme i pezzi delle varie brigate e ricostruire lo staff di sala ma deve scontrarsi con diversi "no" e complicazioni: dal reddito di cittadinanza conveniente, al costo del lavoro troppo alto, passando per inquadramenti professionali intermittenti o stagionali che non convicono i giovani a cui le chiusure forzate hanno permesso di risparmiare e trovarsi in tasca più di quanto avessero potuto prendere in un'estate di lavoro. Per venirne fuori sarebbe necessario un salto in avanti, un cambio di paradigma che tuttavia risulta difficile da attuare.«Il compenso nasce da conoscenze e capacità. I vecchi cuochi pesavano la professionalità solo contando gli anni di lavoro maturati. Ma ormai non è più così. Ci sono giovani professionisti che hanno fatto esperienze di alto livello, magari all'estero, e ora vogliono vedersi riconoscore questo valore», afferma Massimiliano Lezzi, socio fondatore di Ristocall, azienda che si propone di favorire il matching tra domanda e offerta a livello ristorativo. «Purtroppo capita troppo spesso che i titolari dei ristoranti non facciano altro che sparare nel mucchio, sperando di trovare la figura che cercano ma senza curare la richiesta o valorizzare le singole capacità. Questo perché sono poco preparati a livello imprenditoriale. Anche se oggi, per mandare avanti una cucina, hai bisogno di organizzazione e figure tali da rispondere a diversi ruoli a seconda delle varie specificità», sottolinea Lezzi.
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Alberto Lupini