Più formazione e meno chef star per il futuro dell'Horeca
È nell'interesse di tutti mettere la ristorazione al centro del Sistema Italia che però non ne comprende i reali bisogni continuando a puntare sull'effetto mediatico e non su principi base come autenticità e formazione
22 ottobre 2018 | 15:23
di Alberto Lupini
La ristorazione, nonostante le penalizzazioni del Governo che l’hanno esclusa dal ripristino dei voucher (che tornano per agricoltura e alberghi), può svolgere un ruolo centrale considerando come sia una delle prime voci di interesse degli stranieri. Ma proprio perché è un asset strategico, servono al più presto scelte coerenti che garantiscano da un lato l’utilizzo di materie prime e di ricette (rese contemporanee) autentiche, mentre da un altro lato si deve modificare un meccanismo, anche mediatico, che continua a privilegiare solo alcuni locali di alta cucina (a cui spetta comunque il compito di rappresentare al meglio il comparto) o le catene di franchising.
È una questione di interesse nazionale che non può essere ulteriormente rinviata e che ha alla base come prioritaria una profonda riforma del sistema di formazione. Negli istituti alberghieri vanno introdotti molti cambiamenti, si deve valorizzazione il lavoro di sala e per i corsi orientati alla cucina si devono aumentare le ore teoriche e pratiche che negli ultimi anni erano state ridotte. Si deve definire un percorso di accesso alla professione serio a garanzia di tutti, fermando una volta per tutte le varie accademie farlocche che pretendono di sfornare cuochi professionisti in pochi giorni di studio. Va rivisto il periodo di stage in modo serio e impegnativo per tutti. E vanno introdotti i nuovi corsi di laurea di hospitality che nella passata legislatura avevamo proposto come laurea accoglienza.
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Alberto Lupini