Pil in crescita e maggiore occupazione, ecco perché il Pnrr può salvare l'Italia

Il piano nazionale di ripresa e resilienza servirà, si stima, per far crescere il prodotto interno lordo del 3,6% tra il 2024 e il 2026 e l'occupazione del 3,2%. Uno snodo cruciale per l'Italia, che riguarda tutti

23 agosto 2021 | 10:51
di Vincenzo D’Antonio

Ogni buon cittadino italiano dovrebbe avere in casa una copia della nostra Costituzione. Forse arditamente, il buon Benigni la definì la più bella del mondo. Sia come sia, dovremmo averla letta, e poi riletta. Oltre al fondamentale articolo primo, "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." pensiamo oggi a quanto attuale è il primo comma dell’art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Ecco, se per caso lo andate a raccontare anche ai no-vax!

Ma anche un altro documento, pubblicato proprio nei giorni scorsi, dovremmo leggere. È il documento del Governo “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NEXTGENERATIONITALIA”.

Da un’unica obiezione aborrirei, la seguente: “E cosa me ne importa a me di queste faccende!” Ecco a costoro, ma forse non esistono (!), suggerirei di leggere l’hashtag qui riproposto: #NEXTGENERATIONITALIA.

Si costruisce l'Italia di domani

Si va disegnando l’Italia dei prossimi anni e dei prossimi decenni quella delle prossime due generazioni (oltre le attuali Millennials e Generazione Z): i figli ed i nipoti. E, fattore importantissimo, si comincia da oggi ad attuare questo PNRR. A momenti diremmo che è un “oggi” quasi letterale. I primi soldini da investire sono entrati nelle disponibilità la scorsa settimana.

Perché dobbiamo, essere tutti ben consapevoli dell’importanza del PNRR? Perché è pervasivo. Ci tange tutti, che ci piaccia o meno, che se ne abbia contezza oppure che si metta la testa sotto la sabbia.

Per il nostro Belpaese il PNRR rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il PNRR è l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni.

 

Come sta l'Italia? Male

Entriamo maggiormente nel merito e prima di esporre il PNRR a grandi linee, facciamo parlare i numeri. Anche stavolta, secondo l’elogio dell’approssimazione, i valori percentuali sono arrotondati. Dai dati che seguono agevolmente comprenderemo perché il PNRR è, posto che lo si sappia usare e non venga traviato nei suoi intenti, una provvidenziale manna dal cielo.

Nel 2020, il Pil si è ridotto del 9%, a fronte di un calo nella UE del 6%. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale dell’8%. Nello stesso periodo in Germania cresceva del 30%, in Francia del 32% e in Spagna del 44%. Dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4%, mentre in Francia e in Germania è aumentato del 21%. Nel secondo dopoguerra, durante il miracolo economico, il nostro Belpaese ha registrato tassi di crescita del Pil e della produttività tra i più alti d’Europa.

Tra il 1950 e il 1973, il Pil per abitante è cresciuto in media del 5% l’anno, la produzione industriale dell’8% e la produttività del lavoro del 6%. Il reddito medio degli italiani, in quel periodo, passò dal 38% al 64% di quello degli Stati Uniti e dal 50% all’88% di quello del Regno Unito. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 6% tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3% all’8% della popolazione; nel 2020 vi è stato aumento ulteriore sino ad arrivare al 9%. Ad oggi risultano registrati circa 120mila decessi dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che ha subito la maggior perdita di vite nella UE.

L’Italia è il Paese della UE con il più alto tasso di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione: i Neet (Not in Education, Employment or Training). Il tasso di partecipazione delle donne al lavoro è solo il 54%, molto al di sotto del 67% che è la media europea. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), nel 2017 il 13% della popolazione viveva in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015. Prima dello scoppio della pandemia, il 99% dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai utilizzato il lavoro agile. Anche durante la pandemia, a fronte di un potenziale di tale modalità di lavoro nei servizi pubblici pari a circa il 53%, l’utilizzo effettivo è stato del 30%, con livelli più bassi, di circa 10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.

Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66% a fronte del 118% nella zona euro. In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli investimenti pubblici è diminuita, passando dal 15% degli investimenti totali nel 1999 al 13% nel 2019. Eccoci ad esporre l’impalcatura fondamentale del PNRR.

 

 

Il Piano

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si articola in 6 Missioni e 16 Componenti.

Le sei missioni del Piano sono:

  • digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile;
  • istruzione e ricerca;
  • inclusione e coesione;
  • salute

 

Il 40% circa delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Il governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto:

  • pubblica amministrazione,
  • giustizia,
  • semplificazione della legislazione
  • promozione della concorrenza.

Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il Pil sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali. Adesso forse è più chiaro in noi tutti il motivo per cui il PNRR ci deve interessare: perché ci riguarda. Ci riguarda nella nostra quotidianità, e di ciò ci accorgeremo nel termine medio, e soprattutto riguarda il futuro delle prossime generazioni, quelle generazioni che potranno forse addirittura esserci grate per aver salvato il loro Paese proprio quando stava sull’orlo del baratro.

Concludiamo con il pensiero del Presidente del Consiglio Mario Draghi: «L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale».


 

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