Perché non avevamo bisogno della manifestazione di Coldiretti a Parma
La protesta davanti alla sede dell'Efsa ha sollevato preoccupazioni: nonostante la critica alla carne coltivata, il dibattito si è concentrato su timori ingiustificati, mettendo in discussione il metodo scientifico

Martedì 19 marzo, Parma si è trasformata nel teatro dell’ennesima crociata di Coldiretti contro la carne coltivata. Una manifestazione che avrebbe potuto svolgersi davanti alle istituzioni politiche, davanti alla Camera dei Deputati o alla sede del Governo, per esempio. E invece no: l’associazione ha scelto di portare - a sua detta - 20mila agricoltori sotto la sede dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Un ente scientifico, non politico. Un organismo di ricerca, non un’istituzione normativa. Una decisione di una gravità macroscopica, che ha costretto l’Agenzia a chiudere i propri uffici per tutelare gli scienziati che vi lavorano per garantirci di mangiare in sicurezza.
Coldiretti-Efsa: carne coltivata, tra realtà e propaganda
C’è una domanda che chiunque dovrebbe porsi: gli allevatori e i coltivatori portati in piazza da Coldiretti si rendono conto della portata di questo gesto? Si rendono conto che assediare un’istituzione scientifica, opponendosi non con dati, ma con slogan antiscientifici, significa riportare indietro le lancette della storia di quasi un secolo? Si rendono conto che questa retorica ricalca i peggiori momenti in cui l’irrazionalità ha cercato di sopraffare il metodo scientifico?
Il punto più surreale della protesta sta nella pretesa di equiparare la carne coltivata a un farmaco, chiedendo che sia sottoposta agli stessi test di sicurezza riservati ai medicinali. Un’affermazione che non ha alcun fondamento normativo né logico: la carne coltivata è un alimento, e come tale deve essere valutato secondo i criteri previsti per i novel food, né più né meno di quanto accaduto in passato con nuovi prodotti immessi sul mercato. Eppure, la narrativa costruita da Coldiretti gioca sull’ambiguità, insinuando nei cittadini l’idea che si tratti di una sostanza pericolosa, di un prodotto sintetico o addirittura di un esperimento sanitario su scala globale. Non c’è nulla di tutto ciò, ma il messaggio populista è chiaro: rivolgersi alla pancia degli italiani, alla loro paura istintiva per ciò che è nuovo, senza alcuna base scientifica.
Coldiretti-Efsa, la retorica della paura
A lasciare perplessi è stato, ancor prima della manifestazione in sé, lo slogan scelto per il 19 marzo: #facciamoluce. Spiegato più nel dettaglio nel volantino preparato per l’occasione, che si apre con la chiamata alla difesa della qualità e della sicurezza alimentare nell'ambito delle politiche comunitarie, ma che poi, appena possibile, evidenzia l’ossessiva e stucchevole crociata contro la carne coltivata. Il testo non si limita a una critica basata su dati economici o argomentazioni vere e concrete, ma si spinge oltre, trasformandosi in un attacco fondato su timori ingiustificati, riferimenti pseudoscientifici e un’interpretazione distorta del principio di precauzione, utilizzando le classiche strategie comunicative di Coldiretti. Il continuo richiamo a “rischi non esclusi” per la salute o a possibili effetti “non ancora escludibili” rappresenta un trucco retorico ben noto: lo stesso schema con cui gli antivaccinisti continuano a chiedere “ulteriori prove” sugli effetti collaterali dei vaccini, ignorando la mole di dati già disponibile e il lungo periodo di sperimentazione già trascorso.
Per non parlare poi degli agricoltori intervenuti alla manifestazione che, intervistati dai TG nazionali, hanno rilasciato dichiarazioni molto poco in linea con l’argomento trattato. Tradotto: chi ci ha messo la faccia in televisione ha dimostrato di aver capito poco della questione trattata.
Coldiretti-Efsa, la scienza va difesa
Se il vero obiettivo della manifestazione fosse stato quello di influenzare le decisioni politiche, la piazza da scegliere sarebbe stata un’altra. Portare una folla davanti alla sede dell’Efsa significa intimidire chi si occupa di ricerca e sicurezza alimentare, significa tentare di zittire gli esperti con la pressione della piazza. Un precedente inquietante, che non dovrebbe lasciare indifferenti. Non si è trattato di un normale presidio di protesta: una città è stata invasa da una folla che, invece di chiedere più tutele per il proprio settore davanti ai decisori politici, ha puntato il dito contro chi produce conoscenza.
Sia chiaro, Italia a Tavola sostiene con fermezza l’invito a consumare i prodotti del territorio, i cosiddetti km0, sostiene con fermezza l’importanza di preservare le varie Dop, Doc, Docg, Igr, Igp, ma non può accettare questo affronto alla scienza, al progresso. Anche perché, è bene dirlo, una cosa non ostacola e non annulla l’altra. E poi la storia ci insegna che ogni volta che il progresso scientifico è stato ostacolato da paure e superstizioni, l’umanità ne ha pagato le conseguenze. È bene ricordarlo, sempre.
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Alberto Lupini