Tornare in ufficio sia per salvare bar, ristoranti e locali pubblici, sia per salvaguardare la salute a tavola dei lavoratori e la loro creatività. Al dibattito “samrt working sì, smart working no”, dopo la recente
richiesta fatta al Governo da Movimento imprese ospitalità (Mio Italia) di riportare alla normalità i lavoratori del settore pubblico e delle banche, da sempre sostenuta anche da Italia a Tavola, si aggiunge un altro capitolo:
i lavoratori dipendenti italiani non sarebbero poi così contenti della pausa pranzo in smart working.
Per il 42% degli intervistati mangiare a casa è meno rilassante
Secondo una ricerca condotta da Praxidia per Elior, gruppo della ristorazione collettiva, il
il 50% degli intervistati la ritiene, infatti, più complicata da gestire rispetto al pranzo in ufficio e con un menu meno vario (39%). Il 42% percepisce, invece, il momento della pausa a casa come meno rilassante con l'impossibilità di staccare davvero dal lavoro, mentre il 49% denuncia una minore possibilità di fare movimento e il 30% pensa di avere meno tempo per sé stesso.
Come fare dunque? Una possibile soluzione, sempre secondo l’immagine, per migliorare la qualità della pausa tra le mura domestiche sarebbe la
digitalizzazione dell’acquisto di cibo e bevande (dal momento della scelta, all'ordine e al pagamento), che permetta chiara lettura delle ricette, degli ingredienti e dei loro apporti nutrizionali. Parole d’ordine: personalizzazione (per rispondere ai diversi regimi dietetici e scelte alimentari) e l'italianità, la genuinità e la tradizione degli ingredienti (imprescindibili per il 55% degli intervistati).
Dati che confermano
l'indagine della startup Foorban, condotta su Linkedin: il 40% dei partecipanti al sondaggio ha, infatti, dichiarato di preferire “cibo sano sempre disponibile”, con verdure da coltivazioni biologiche, cereali, pesce non di allevamento, carni di animali cresciuti all’aria aperta, e dove per “ufficio” oggi si intende “qualsiasi luogo dove si trovi un pc e un wifi”.
Anche se ora, in molti italiani, forse per l’esigenza di una socialità che abbiamo nel sangue, sarebbero felici di tornare in mesa. Che oggi è ancora la “cara” ma non la “vecchia” mensa: anche qui la forma della pausa pranzo è, infatti, in evoluzione per rispondere alla maggiore velocità nella fruizione e alla maggiore differenziazione delle esigenze alimentari, oltre alla crescente flessibilità dei modelli organizzativi.
«L'emergenza sanitaria ha accelerato una crescente flessibilità dei modelli di lavoro - sottolinea
Rosario Ambrosino, amministratore delegato di Elior - Ecco quindi consegne a domicilio in crescita, ma anche una grande voglia di consumi fuori casa, e di convivialità nei pasti».
Occorre digitalizzare sempre di più l’acquisto di cibo e bevande
Relmi Rizzato, direttore risorse umane di San Benedetto, ha sottolineato: «come l’esperienza del lockdown abbia costretto a rivedere le modalità di fruizione del servizio mensa e della pausa pranzo tra esigenze di evitare gli assembramenti e presenza al lavoro. La necessità di consumare il pasto alla scrivania ha fatto emergere il bisogno di pasti leggeri e diversificati».
Un tema dunque sempre più caldo quello del ritorno in ufficio e una scelta importante che Governo e imprese sono chiamati a fare perché,
se con lo smart working ogni azienda può risparmiare fino a 10mila euro per ogni dipendente in telelavoro, con innegabili benefici per l’ambiente, dall’altro, è bene ricordarlo, soprattutto in Italia, continuando con questa strada, crolla l’indotto nelle città con 19mila imprese a rischio.Ma non solo, a rischio anche la creatività: «In questa fase affrontiamo la pandemia cercando di progettare giorno dopo giorno un tempo nuovo - aveva affermato
Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore italiano, fondatore dell'omonima azienda (al 33º posto della lista delle persone più ricche d'Italia secondo Forbes) - Pur sapendo che lo smart working è la morte della creatività e che dobbiamo tornare presto ad avere un sano rapporto con il lavoro».
Ed è proprio per impedire che la soluzione “da casa” abbia impatti negativi sia sulla produttività sia sulla creatività dei dipendenti, a cominciare dai più giovani, il colosso bancario statunitense Jp Morgan ha ridotto drasticamente l’uso dello smart working in Usa.