Patentino vaccinale più vicino L'Ue approva linee guida comuni
28 gennaio 2021 | 15:50
L'Ue ha adottato le linee guida per il certificato delle vaccinazioni covid a scopo medico, per raggiungere uno standard operativo a livello europeo. Il contenuto dei certificati di vaccinazione sarà quindi uniforme, composto dallo stesso set di dati così da permetterne la fruizione indipindentemente dallo Stato membro in cui ci si trova. Una notizia che rilancia la richiesta di un passaporto vaccinale utile a riprendere i viaggi internazionali; condizione necessaria perché la prossima stagione turistica non si trasformi in un flop.
Sul tavolo rimangono però questioni di carattere etico e giuridico. «La discussione è su come si possa utilizzare questo certificato per accedere ad eventuali servizi o viaggi ed è una questione politica e giuridica, non medica, che dovranno affrontare gli Stati membri a livello Ue», ha precisato Dana Spinant, portavoce della Commissione Ue. Un rilievo non di poco conto se si considera che il tentativo di un coordinamento sui test anti-Covid non ha trovato ancora una soluzione omogenea. Da qui il plauso all'idea del passaporto, ma un temporeggiamento rispetto alla sua attuazione pratica in attesa di un allineamento di tutti i Paesi sullo stesso livello di vaccinazioni effettuate.
Passaporto: c'è chi l'ha già provato
Oltre alla Grecia, che ha già stampato il proprio certificato standardizzato per dimostrare che un cittadino è stato vaccinato, anche altri Paesi si sono mossi su questa linea. In Gran Bretagna, per esempio, entro la fine del mese verrà lanciata una sperimentazione analoga. In questo caso, il passaporto creato dalle aziende iProov e Mvine, specializzate in biometrica e in sicurezza informatica, verrà rilasciato sotto forma di app che, nelle intenzioni di Londra, fungerà da attestazione digitale dell'avvenuta vaccinazione. Il tutto in collaborazione con il servizio sanitario nazionale che, in questo modo, riceverà un riscontro per aggiornare le proprie liste vaccinali.
Anche la Danimarca, secondo Reuters, starebbe sviluppando un passaporto vaccinale digitale da consegnare alle persone che hanno già ricevuto il siero. Coloro che sono stati vaccinati potranno scaricare il documento dal sito del ministero della Salute e stamparlo per mostrarlo quando si richieda l'attestazione dell'avvenuta vaccinazione. Un’iniziativa scattata in previsione della futura adozione dello stesso strumento anche da parte degli altri paesi europei.
Proposte italiane a favore dei ristoranti
In Italia, invece, il tema è uno dei cavalli di battaglia di due presidenti di Regione: il campano Vincenzo De Luca e il veneto Luca Zaia. Oltre al viaggio, il passaporto vaccinale potrebbe essere esteso anche ad altre utenze, come: palestre, piscine, ristoranti, cinema, ecc. A sostenere questo allargamento della platea di possibili fruitori è stata la Regione Lazio che ha tramutato il pressing delle aziende del settore in proposte da presentare al Governo.
Secondo le differenti componenti economiche, l'idea del passaporto vaccinale deve essere presa in considerazione al più presto e il ritardo della campagna vaccinale non può essere un alibi. «I ritardi non devono indurre a perdere tempo, perché le basi devono essere gettate fin da adesso. Il patentino venga fatto e rilasciato non solo ai vaccinati ma anche a chi ha già avuto il virus», ha rilanciato Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Lazio.
Le alternative di Fipe e Fiepet
In attesa che la politica e gli esperti decidano il da farsi, chi ha deciso di non aspettare sono Fipe e Fiepet. Le due associazioni di categoria che raggruppano bar, ristoranti, pub e pubblici esercizi hanno già presentato la propria proposta ai membri del Comitato tecnico scientifico. Nell'incontro del 21 gennaio, le due associazioni datoriali «hanno avanzato alcuni criteri per una possibile e graduale riapertura in sicurezza delle attività di somministrazione. Il Cts ha manifestato grande attenzione e si è riservato di valutare le proposte nel merito già nel corso della prossima settimana», si legge in una nota diramata dalle due associazioni. In sostanza: rafforzare i protocolli di sicurezza (già i più alti in Europa), ascoltare il parere degli scienziati e cominciare a riaprire anche la sera nelle zone gialle e, almeno di giorno, in quelle arancio quei locali che per superficie e garanzie possono essere considerati “sicuri”.
Il dilemma delle palestre
Sul tema della certificazione passpartout si è innescata la polemica nel mondo delle palestre. Protagonisti dello scontro, Giampaolo Duregon, presidente di Anif-Eurowellness (associazione che raggruppa 100 mila centri sportivi) e Giorgio Averni, presidente del Circolo antico tiro a volo. Casus belli, l’intervista rilasciata da quest’ultimo al Messaggero in cui si dichiarava favorevole al documento per riprendere le attività. Secondo Duregon, invece, «le palestre, le piscine e tutti i luoghi di sport hanno, già da maggio, adeguato le strutture ai rigidi protocolli emanati dal ministero dello Sport proprio per assicurare a tutti i frequentatori la massima sicurezza sanitaria. Il livello di contaminazione registrato nei centri sportivi è risultato effettivamente molto basso, al di sotto dell'1 per mille».
L'Unione Europea ha approvato le linee guida comuni per il patentino vaccinale
L'iniziativa, arriva su indicazione della videoconferenza di coordinamento covid dei leader Ue, di giovedì scorso che ha lasciato aperto il dibattito sull'utilizzo del certificato come lasciapassare per varcare i confini interni dell'area Schengen. Su questo tema, sostenuto in prima battuta anche da Italia a Tavola, si era già espressa la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen. In un incontro pubblico, aveva appoggiato la proposta del primo ministro greco, l'ultimo in ordine di tempo a lanciare l'introduzione di un passaporto che consenta gli spostamenti transfrontalieri.Sul tavolo rimangono però questioni di carattere etico e giuridico. «La discussione è su come si possa utilizzare questo certificato per accedere ad eventuali servizi o viaggi ed è una questione politica e giuridica, non medica, che dovranno affrontare gli Stati membri a livello Ue», ha precisato Dana Spinant, portavoce della Commissione Ue. Un rilievo non di poco conto se si considera che il tentativo di un coordinamento sui test anti-Covid non ha trovato ancora una soluzione omogenea. Da qui il plauso all'idea del passaporto, ma un temporeggiamento rispetto alla sua attuazione pratica in attesa di un allineamento di tutti i Paesi sullo stesso livello di vaccinazioni effettuate.
Passaporto: c'è chi l'ha già provato
Oltre alla Grecia, che ha già stampato il proprio certificato standardizzato per dimostrare che un cittadino è stato vaccinato, anche altri Paesi si sono mossi su questa linea. In Gran Bretagna, per esempio, entro la fine del mese verrà lanciata una sperimentazione analoga. In questo caso, il passaporto creato dalle aziende iProov e Mvine, specializzate in biometrica e in sicurezza informatica, verrà rilasciato sotto forma di app che, nelle intenzioni di Londra, fungerà da attestazione digitale dell'avvenuta vaccinazione. Il tutto in collaborazione con il servizio sanitario nazionale che, in questo modo, riceverà un riscontro per aggiornare le proprie liste vaccinali.
Anche la Danimarca, secondo Reuters, starebbe sviluppando un passaporto vaccinale digitale da consegnare alle persone che hanno già ricevuto il siero. Coloro che sono stati vaccinati potranno scaricare il documento dal sito del ministero della Salute e stamparlo per mostrarlo quando si richieda l'attestazione dell'avvenuta vaccinazione. Un’iniziativa scattata in previsione della futura adozione dello stesso strumento anche da parte degli altri paesi europei.
Proposte italiane a favore dei ristoranti
In Italia, invece, il tema è uno dei cavalli di battaglia di due presidenti di Regione: il campano Vincenzo De Luca e il veneto Luca Zaia. Oltre al viaggio, il passaporto vaccinale potrebbe essere esteso anche ad altre utenze, come: palestre, piscine, ristoranti, cinema, ecc. A sostenere questo allargamento della platea di possibili fruitori è stata la Regione Lazio che ha tramutato il pressing delle aziende del settore in proposte da presentare al Governo.
Secondo le differenti componenti economiche, l'idea del passaporto vaccinale deve essere presa in considerazione al più presto e il ritardo della campagna vaccinale non può essere un alibi. «I ritardi non devono indurre a perdere tempo, perché le basi devono essere gettate fin da adesso. Il patentino venga fatto e rilasciato non solo ai vaccinati ma anche a chi ha già avuto il virus», ha rilanciato Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Lazio.
Le alternative di Fipe e Fiepet
In attesa che la politica e gli esperti decidano il da farsi, chi ha deciso di non aspettare sono Fipe e Fiepet. Le due associazioni di categoria che raggruppano bar, ristoranti, pub e pubblici esercizi hanno già presentato la propria proposta ai membri del Comitato tecnico scientifico. Nell'incontro del 21 gennaio, le due associazioni datoriali «hanno avanzato alcuni criteri per una possibile e graduale riapertura in sicurezza delle attività di somministrazione. Il Cts ha manifestato grande attenzione e si è riservato di valutare le proposte nel merito già nel corso della prossima settimana», si legge in una nota diramata dalle due associazioni. In sostanza: rafforzare i protocolli di sicurezza (già i più alti in Europa), ascoltare il parere degli scienziati e cominciare a riaprire anche la sera nelle zone gialle e, almeno di giorno, in quelle arancio quei locali che per superficie e garanzie possono essere considerati “sicuri”.
Il dilemma delle palestre
Sul tema della certificazione passpartout si è innescata la polemica nel mondo delle palestre. Protagonisti dello scontro, Giampaolo Duregon, presidente di Anif-Eurowellness (associazione che raggruppa 100 mila centri sportivi) e Giorgio Averni, presidente del Circolo antico tiro a volo. Casus belli, l’intervista rilasciata da quest’ultimo al Messaggero in cui si dichiarava favorevole al documento per riprendere le attività. Secondo Duregon, invece, «le palestre, le piscine e tutti i luoghi di sport hanno, già da maggio, adeguato le strutture ai rigidi protocolli emanati dal ministero dello Sport proprio per assicurare a tutti i frequentatori la massima sicurezza sanitaria. Il livello di contaminazione registrato nei centri sportivi è risultato effettivamente molto basso, al di sotto dell'1 per mille».
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Alberto Lupini
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