Turismo e Stati Uniti, presente e futuro, crescita e preoccupazioni. Come da tradizione, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha presentato i dati economici del suo 2023 e l'evento, svoltosi a Milano, è stato l'occasione non soltanto per fare i bilanci sul recente passato, ma anche per guardare al futuro e tracciare i prossimi obiettivi della Dop. Un anno, il 2023, a suo modo storico, nonostante le complessità. Il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,05 miliardi di euro contro i 2,9 miliardi del 2022, con un aumento del 5%. Risultati positivi per le vendite totali a volume (+8,4%), sostenute da un andamento positivo dell’export (+5,7%), e, soprattutto, delle vendite in Italia (+10,9%).
Un exploit sorretto in modo particolare dalla convenienza relativa del Parmigiano Reggiano nei canali retail e ingrosso, dovuta a un calo delle quotazioni del prodotto stagionato e al contemporaneo aumento dei prezzi dei prodotti alternativi. Tale tendenza ha coinvolto anche il mercato del “fresco”: per il Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore la media annuale delle quotazioni all’origine, pari a 10,12 €/kg, ha registrato nel 2023 un lieve calo del 5% rispetto alla media del 2022 (10,65 €/kg). A subire un'accelerata è stato, però, anche un aspetto che il Consorzio vorrebbe sempre più centrale: quello legato al turismo enogastronomico.
Turismo e Parmigiano Reggiano: i numeri del 2023
Si è parlato molto di questo aspetto in occasione della conferenza milanese e hanno puntato molto su questo aspetto sia il presidente del Consorzio Nicola Bertinelli sia il direttore del Consorzio Riccardo Deserti. «A Parmigiano Reggiano serve andare oltre la Dop e diventare una marca - ha sottolineato Bertinelli - L'esperienza, in questo senso, è un tema centrale. Il turista è cambiato. Non vuole più arrivare in Italia e in tre giorni fare Roma, Firenze e Venezia. Vuole entrare sempre più nelle cose, conoscerle e capirle. Serve creare un legame con il consumatore, raccontargli cosa c'è dietro».
I numeri, in questo senso, sono ancora ridotti, ma confortanti e in crescita. Nel 2023, i visitatori totali nei caseifici del comprensorio sono stati 170.000, in aumento del 10% sul 2022. Di questi, 44.600 visitatori (+19% sul 2022) hanno prenotato la visita tramite il portale dedicato sul sito del Consorzio, di cui la metà provenienti dall’estero.
Parla il Consorzio: obiettivo 500mila turisti
Preso atto del presente, lo sguardo punta al futuro. Un aiuto, in questo senso, lo darà una novità all'orizzonte: l’approvazione del nuovo testo unico europeo sulle produzioni di qualità, che entrerà in vigore nei prossimi mesi e rafforzerà ulteriormente il ruolo dei Consorzi nella promozione del turismo enogastronomico. «Da anni abbiamo deciso di lavorarci e l'arrivo di questa novità ha accelerato ulteriormente i tempi - ha evidenziato Deserti - La nostra è già una realtà aperta e dopo il Covid i numeri sono tornati a salire. Per questo motivo le nostre imprese devono farsi trovare pronte a far vivere al visitatore un'esperienza adeguata. E non si tratta soltanto di un aspetto culturale, che è comunque fondamentale, ma anche di un lavoro di marketing. Il turista soddisfatto diventa un consumatore fedele e un influencer naturale. Ne parlerà bene e contribuirà alla crescita del Parmigiano Reggiano. Si tratta di una sfida per noi, che servirà a costruire i consumatori del futuro. L'obiettivo che ci siamo dati è raggiungere nei prossimi cinque anni i 500mila visitatori».
Il primo appuntamento è già in programma. Nel fine settimana del 20 e 21 aprile si terrà l'edizione primaverile di Caseifici Aperti. Sarà possibile visitare i luoghi di produzione del Parmigiano Reggiano, ma anche provare esperienze particolari, come quella di essere "battitore" (i professionisti che "ascoltano" le forme) per un giorno. I due appuntamenti del 2023 hanno registrato 24.500 partecipanti, con un aumento del 19,5% sul 2022.
Un 2023 da ricordare: bene Italia ed estero
Come detto, il 2023 è stato un anno positivo, nonostante le numerose difficoltà incontrate. La produzione è risultata stabile rispetto al 2022: 4,014 milioni di forme vs 4,002 milioni nel 2022 (+0,3%). Tra le provincie della zona di origine, prima per produzione è Parma (1.350.415 forme vs 1.357.224, -0,50%), seguita da Reggio Emilia (1.217.380 forme vs 1.245.159, -2,23%), Modena (860.971 forme vs 849.145, +1,39), Mantova (476.361 forme vs 455.439, +4,59) e Bologna (109.173 forme vs 95.303, +14,55%). Tale stabilizzazione costituisce un punto di forza per guidare il comparto verso condizioni di equilibrio negli anni di commercializzazione 2024 e 2025.
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La quota Italia si attesta al 57%. Per quanto riguarda i canali distributivi, la GDO rimane il primo (65%), seguita dall’industria (17,1%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca rimane fanalino di coda, e quindi con un enorme potenziale di sviluppo, attestandosi all’8,2% del totale. Il restante 9,9% è distribuito negli altri canali di vendita. Le vendite dirette dei caseifici (per oltre l’85% in Italia, con circa 8.000 t. vendute) rappresentano il 5% delle vendite totali e hanno registrato un forte aumento (+10,8%), in linea con la volontà del Consorzio di valorizzare i singoli caseifici e attirare il turismo direttamente nelle strutture.
La quota export rappresenta oggi il 43%, con una crescita del 5,7%. Risultati particolarmente positivi in Spagna (+7,8%), Francia (+6,9%), Stati Uniti, primo mercato estero per la Dop (+7,7%) e Australia (+21,8%). Uniche note negative sono quelle registrate in Canada (-6,5%) e Giappone (-8,2%), rispettivamente per problemi legati alle quote e al cambio.
Parmigiano ed elezioni Usa: la preoccupazione di Bertinelli
Restando nel mondo dell'export, c'è un mercato che in prospettiva preoccupa il Consorzio e non è un mercato qualunque, ma quello degli Stati Uniti, primo mercato globlale per Parmigiano Reggiano. È stato lo stesso Bertinelli a spiegare il problema: «Gli Stati Uniti svolgono un ruolo fondamentale, motivo per cui siamo particolarmente preoccupati dal risultato delle elezioni di novembre, in cui rischia di prevalere una politica di protezionismo. Se dovesse tornare l'idea dell'american first e i dazi in valore dovessero passare dal 15 al 40%, come accaduto in passato, sarebbe un problema».
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Alberto Lupini
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