Il paradosso delle mance: detassate ma vietate dal contratto

Nella legge di Bilancio è stata inserito un articolo che porta al 5% la tassazione sulle mance, ma il contratto nazionale prevede il divieto di accettarle e non esistono norme specifiche che le regolino. Restano aperti allora moltissimi interrogativi, dal problema del nero ai meccanismi dei pagamenti elettronici

25 novembre 2022 | 16:31
di Gianluca Pirovano

Tra le pieghe della manovra varata dal Consiglio dei ministri e che dovrà poi passare al vaglio del Parlamento entro la fine dell'anno sono diversi gli aspetti che riguardano il mondo del turismo e della ristorazione. Dal credito d'imposta contro il caro energia per bar e ristoranti che sale al 35% alla reintroduzione dei voucher. Dall'istituzione di un fondo per gli impianti sciistici alla scomparsa dell'obbligo di Pos per i pagamenti sotto i 30 euro. Nella legge di Bilancio c'è poi un articolo dedicato alle mance. Questo stabilisce che le somme destinate dai clienti ai lavoratori di ristoranti e hotel saranno soggette, dall'1 gennaio 2023, a un’imposta forfettaria del 5%, che si applicherà per una quota non superiore al 25% del reddito annuale del lavoratore. «Eravamo l'unico Paese in cui le mance erano tassate. Anche questo va nello spirito del merito, chi fa bene il proprio lavoro e la mancia è una gratificazione del lavoro fatto bene», ha detto il ministro del Turismo Daniela Santanché.

Tutti contenti? Insomma. Restano infatti moltissimi i nodi da sciogliere e i dubbi sollevati dalla misura del Governo. Questo perché sembra esserci un problema di fondo: la regolamentazione delle mance, che per il contratto nazionale sono addirittura vietate. 

Mance detassate, quanti dubbi per bar e ristoranti 

La prima e centrale questione è proprio quella della regolamentazione, ben spiegata da Luciano Sbraga, vice direttore di Fipe, la Federazione Italiana del Pubblici esercizi, al Corriere. «Le mance attualmente non sono riconosciute dalla legge e il contratto nazionale di lavoro prevede il divieto di accettarle - ha evidenziato - Serve una norma che le regoli ed eviti che diventino parte della retribuzione dei lavoratori e le aziende si trovino a doverci pagare sopra i contributi». 

Criticità che aveva già sottolineato anche da Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, che ha sottolineato come problema legato alle mance sia anche quello del nero, cioè dei contanti che finiscono direttamente nelle tasche dei lavoratori, sfuggendo completamente al Fisco. «È tutto da verificare, dunque, se il taglio avrà il triplice effetto sperato: invogliare nuovi addetti a lavorare nel turismo, far emergere il sommerso e aumentare il gettito per lo Stato», ha detto.

 

Il paradosso del nero tra Pos e detassazione 

Il tema toccato da Bocca è senza dubbio centrale. Inutile nascondersi, la percentuale di mance che sfuggono al Fisco è molto alta. L'azione del Governo ha quindi tra gli obiettivi quello di "istituzionalizzare" le mance e aumentare il gettito per lo Stato, strizzando l'occhio a una svolta "americana" della gestione delle mance. Peccato però che, nella stessa manovra, si incentivi l'utilizzo del contante, non soltanto alzando il tetto a 5mila euro, ma anche e soprattutto togliendo l'obbligo di accettazione delle carte di credito per pagamenti sotto i 30 euro. Un vero e proprio paradosso. 

Mance, come funziona con le carte di credito? 

Appare quindi evidente come intorno alla questione mance ci siano parecchie nubi. La mancata regolamentazione riguarda, peraltro, anche un aspetto sicuramente non secondario: i pagamenti elettronici. Come ci si deve comportare con le carte di credito? Un dubbio che affligge, per esempio, anche Giancarlo Perbellini che, sempre al Corriere, dice: «È una giusta iniziativa, ma avrà senso solo se le mance verranno regolate per legge: al momento, ad esempio, non è chiaro come lasciarle con carta di credito». La preoccupazione dei ristoratori è che le mance si trasformino in un onere per l'azienda che le incassa per i dipendenti

Il 5% varrà per tutte le mance? 

Non solo il nero e nemmeno soltanto il problema con le carte di credito. C'è anche un altro interrogativo a cui dare risposta: la tassazione del 5% varrà per tutte le mance o verrà stabilito un tetto? La novità fiscale inserita nella legge di Bilancio cozza, infatti, con l'orientamento dato dalla Cassazione che un anno fa si era occupata di una controversia dell'Agenzia delle Entrate con un concierge di un hotel di lusso, accogliendo il ricorso della prima e precisando come le regalie dei clienti al personale fossero da considerarsi a pieno titolo un’entrata originata dal rapporto di lavoro subordinato, soggetta pertanto a tassazione ordinaria. Le laute mance ammontavano a 84mila euro ed erano state racimolate dal dipendente in un hotel 5 stelle lusso della Costa Smeralda in un anno di lavoro. Il primo round aveva dato ragione al lavoratore: secondo i giudici tributari le mance, da intendersi come regalie, non potevano essere considerate tassabili perché non comprese nel reddito da lavoro dipendente. A motivare la sentenza, la natura aleatoria delle mance e il fatto che quest’ultime arrivassero direttamente e spontaneamente dal cliente senza il coinvolgimento del datore di lavoro. Per la Cassazione, però, poi le cose sono andate in un modo diverso: i guadagni delle mance non condivisi con il Fisco rientravano nel quadro normativo che detta una sola linea per il reddito da lavoro dipendente, sia ai fini fiscali sia contributivi. Questa la linea che era prevalsa a partire da questa sentenza. E ora cosa accadrà? 

Perché non rendere le mance obbligatorie? 

In mezzo a questo caso, una soluzione apparentemente semplice potrebbe esserci. A proporla dalle colonne del Corriere è chef Giuseppe Iannotti: «Se questa norma è stata pensata come incentivo a lavorare nella ristorazione è del tutto inutile. Sarebbe stato più efficace rendere le mance obbligatorie e metterle in scontrino». Eccola qui: in un contesto frastagliato e complesso, in una zona grigia dominata dal nero, perché non rendere le mance obbligatorie, come già accade in altri Paesi? Il rischio altrimenti è che la misura governativa non porti alcun beneficio e che si limiti a una platea di lavoratori molto ridotta e quasi esclusivamente nell'ambito della ristorazione e dell'accoglienza di lusso. 

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Alberto Lupini


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