Ordinare in delivery? Attenzione a imballaggi e conservazione a casa
In attesa che si arrivi a una norma verticale in materia, ecco il vademecum degli esperti sui materiali più adatti a ciascun cibo e le dritte utili da seguire a casa: dalla pizza al gelato passando per le cucine etniche
12 marzo 2021 | 16:18
Il delivery ormai è diventato “cibo quotidiano”. Ma quanto, effettivamente, ne sanno i consumatori sul materiale più idoneo con cui i diversi cibi devono essere trasportati? E che su che cosa bisogna fare a casa per mangiarli e conservarli in sicurezza. In attesa che si prenda coscienza dell’utilità di una norma verticale in materia di food delivery, ecco il vademecum della Moca Specialist Serena Pironi.
Fenomeno ormai consolidato
Complici le misure di contenimento del Covid-19 che hanno costretto bar e ristoranti ad abbassare le serrande, ormai da un anno la classica cena fuori ha lasciato, infatti, il posto al delivery. I dati dell’Osservatorio 2020 di JustEat sono eclatanti: il solo delivery mediante app e piattaforme digitali ha raggiunto lo scorso anno un valore stimato tra i 700 e gli 800 milioni di euro e nel 2021 procede spedito verso la soglia del miliardo. A questo giro d’affari bisogna poi aggiungere quello di tutti i bar e i ristoranti che raccolgono gli ordini per telefono “alla vecchia maniera”.
Delivery: l’evoluzione delle nostre abitudini
Più che a una semplice moda passeggera, siamo di fronte a un’evoluzione delle nostre abitudini, come dimostra il fatto che ormai 9 consumatori su 10 annoverino la consegna di cibo a domicilio tra i servizi essenziali. Tant’è che il nuovo trend sono le dark kitchen, locali che non hanno tavoli né arredi perché gli unici a frequentarli sono i rider.
Il trasporto è sicuro?
Sappiamo che bar e ristoranti devono seguire norme e ispezioni molto severe, ma cosa succede quando le pietanze escono dal locale diretti verso le nostre case? «Ad oggi non esiste una normativa verticale che disciplini il food delivery; solo la regione Veneto durante il lockdown ha emanato alcune linee guida vincolanti per il proprio territorio» spiega Serena Pironi, tecnologa alimentare e Moca Specialist.
In tempi di pandemia, va da sé che la nostra preoccupazione numero uno è il contagio. «Appena il rider consegna la busta, è bene tenere l’imballo esterno fuori dalla sala da pranzo, buttarlo nella spazzatura e igienizzare la superficie dov’è stato appoggiato. Dopodiché bisogna lavare accuratamente le mani con acqua calda e sapone o, in alternativa, un gel igienizzante». Non sapendo dove sono stati i contenitori né chi li ha toccati, è buona norma travasare il cibo: ci toccherà lavare un piatto in più, ma ci guadagneremo in sicurezza.
Scegliere i materiali giusti
Poi entra in gioco un’altra questione, garantire che la pietanza arrivi a destinazione in condizioni igienico-sanitarie ottimali. La regola di base che gli esercenti devono seguire è una: «Scegliere i Moca (materiali e oggetti a contatto con gli alimenti) che siano idonei al contatto con quella specifica pietanza e resistano alle temperature di stoccaggio e di trasporto. L’alluminio, ad esempio, non va d’accordo con i cibi acidi, le plastiche invece non sono tutte idonee al contatto coi grassi», continua Pironi.
Ma come facciamo a capire se la confezione che ci viene recapitata dal nostro ristorante preferito è quella corretta? Se avanziamo qualcosa, possiamo tenerlo da parte? Serena Pironi viene in nostro aiuto passando in rassegna le 10 cucine più ordinate in Italia secondo l’Osservatorio di JustEat e condividendo con noi delle vere e proprie “istruzioni per l’uso”.
I consigli da applicare a casa
Pizza
Compagna irrinunciabile delle serate conviviali e delle partite di calcio in TV, la pizza è l’autentica regina della tavola degli italiani. «Le normative vietano i cartoni riciclati perché, con il calore della pizza, potrebbero rilasciare sostanze potenzialmente dannose. Un cartone a norma è contrassegnato dalla scritta ‘per alimenti’ o dal simbolo di idoneità alimentare e, se stracciato, all’interno dovrebbe essere di colore bianco o avana. Questi requisiti però non garantiscono al 100% che il materiale sia sicuro», spiega Pironi.
Visto che le sostanze migrano con il calore, riscaldare la pizza mettendola in forno dentro il suo cartone è una pessima idea: dovremmo liberarci anche dall’abitudine di mangiarla nel cartone, perché rischiamo di portarne alla bocca qualche piccolo frammento.
Hamburger
Merita un po’ di attenzione anche l’hamburger, secondo in classifica, perché arriva caldo ed è costituito da un mix di ingredienti acidi, grassi e acquosi. Il contenitore può essere in carta o multistrato con alluminio, purché a contatto con l’alimento ci sia una materia plastica. «Tassativo che ci sia un contenitore separato per le patatine, sia perché contengono più sostanze grasse, sia perché – a differenza del panino – devono rimanere croccanti», continua la Moca Specialist.
E se l’abbiamo ordinato ma, per vari motivi, decidiamo di tenerlo da parte per il giorno dopo? «Di base, un hamburger andrebbe consumato entro mezz’ora o poco più, sia per mantenerne il sapore sia per evitare la proliferazione di microrganismi. In alternativa, dovremmo raffreddarlo rapidamente (non in frigo, ma magari in un contenitore immerso in acqua fredda e ghiaccio) per poi riscaldarlo bene al cuore prima del consumo».
Sushi
Non sarà parte della nostra tradizione, ma il sushi negli ultimi anni ha conquistato tutti o quasi, tanto da ritrovarsi sul terzo gradino del podio. Per gustarlo senza pensieri, innanzitutto, dobbiamo affidarci a un ristorante di fiducia che abbia seguito scrupolosamente le norme igieniche, abbia eseguito il trattamento di bonifica contro il parassita aniskis e l’abbia refrigerato immediatamente.
«La catena del freddo non va mai interrotta. Se il sushi ci arriva nella stessa busta di un piatto caldo, corriamo ai ripari», commenta Pironi. Se ne abbiamo ordinato troppo, possiamo conservarlo in un contenitore coperto nel ripiano più freddo del frigorifero, a patto però di consumarlo al pasto immediatamente successivo.
Cinese
Appena fuori dal podio troviamo un’altra cucina etnica, stavolta quella cinese. A caratterizzarla è un largo uso di salsa di soia (salata), aceto di riso (acido) e altre salse, che possono risultare aggressive per i contenitori in alluminio o in carta. «I materiali più inerti sarebbero vetro o acciaio inox, ma non si prestano all’usa e getta. La plastica è adeguata ma solo per il tempo strettamente necessario», puntualizza la Moca Specialist, invitandoci a travasare in un piatto la nostra porzione di noodles o maiale in agrodolce.
Pollo
Per l’assenza di acidità e la presenza di grassi, il tradizionale pollo arrosto si presta a essere confezionato nell’alluminio, ma solo se non ha sale in superficie. Bene anche alcune plastiche, purché non contengano Pvc.
Panini
«Il contenitore in cartone per panini può essere smaltito nella carta solo se è perfettamente pulito; se resta unto o contiene residui, va nel bidone dell’indifferenziata», specifica Serena Pironi.
Dolci
Il vero confort food del lockdown di aprile-maggio 2020 è stato il gelato; complici le giornate calde e soleggiate, gli ordini su JustEat sono aumentati del 110%. Scegliamo però una gelateria vicina a casa: «Un tempo di trasporto inferiore ai 20 minuti assicura il rispetto della catena del freddo, evita lo sviluppo di patogeni e mantiene cremoso il gelato», avverte Serena Pironi.
Se lo avanziamo, ricordiamo che un prodotto artigianale è molto più delicato di quello industriale. «Se non si è già sciolto, possiamo metterlo in freezer solo una volta e consumarlo entro qualche giorno. I cicli di congelamento e scongelamento favorirebbero il suo deterioramento microbico e chimico».
Se invece vogliamo concederci una ricca colazione domenicale a base di croissant, teniamo presente che quelli farciti con marmellata, miele e Nutella sono i più sicuri a livello igienico-sanitario.
Pokè
Fino a qualche anno fa era un perfetto sconosciuto, oggi il pokè continua la sua marcia trionfale con una crescita degli ordini pari al 133% anno su anno. «In termini di sicurezza valgono le stesse indicazioni valide per il sushi: rispetto rigoroso della catena del freddo, niente avanzi lasciati in frigo troppo a lungo, evitare il contatto tra l’alluminio e le salse molto salate».
Messicano
Dichiarata ufficialmente patrimonio Unesco, la cucina messicana spopola anche in Italia. Nel 2020 i nostri connazionali hanno ordinato su JustEat circa 8mila kg di tacos (+40% rispetto all’anno precedente) e 16mila kg di burritos (+20%).
«I contenitori più adatti sono quelli multistrato con coating plastico - spiega Pironi - Attenzione alle salse: se sono in monoporzioni devono stare a temperatura ambiente, se invece sono fatte dal ristoratore vanno refrigerate».
Greco
In chiusura della top 10 troviamo un’altra new entry, la cucina greca. «Gli alimenti che contengono tanti ingredienti, come la pita greca, il kebab o l’hamburger, hanno caratteristiche similari. È compito del ristoratore scegliere il materiale idoneo, è compito nostro verificare ed evitare gli sbalzi caldo-freddo».
Serve una norma verticale sul food delivery
«Il fatto che manchi una norma verticale sul food delivery fa pensare e, lo dico da addetta ai lavori, andrebbe affrontato. La consapevolezza dei consumatori può fare la differenza, perché lancia un segnale sia all’esercente che al legislatore - conclude Serena Pironi - Ormai siamo abituati a dare i voti a qualsiasi cosa: la bontà del piatto, l’efficienza della consegna, la cortesia del rider. Perché non introdurre anche un rating di qualità e sicurezza per i ristoranti?».
Fenomeno ormai consolidato
Complici le misure di contenimento del Covid-19 che hanno costretto bar e ristoranti ad abbassare le serrande, ormai da un anno la classica cena fuori ha lasciato, infatti, il posto al delivery. I dati dell’Osservatorio 2020 di JustEat sono eclatanti: il solo delivery mediante app e piattaforme digitali ha raggiunto lo scorso anno un valore stimato tra i 700 e gli 800 milioni di euro e nel 2021 procede spedito verso la soglia del miliardo. A questo giro d’affari bisogna poi aggiungere quello di tutti i bar e i ristoranti che raccolgono gli ordini per telefono “alla vecchia maniera”.
Delivery: l’evoluzione delle nostre abitudini
Più che a una semplice moda passeggera, siamo di fronte a un’evoluzione delle nostre abitudini, come dimostra il fatto che ormai 9 consumatori su 10 annoverino la consegna di cibo a domicilio tra i servizi essenziali. Tant’è che il nuovo trend sono le dark kitchen, locali che non hanno tavoli né arredi perché gli unici a frequentarli sono i rider.
Il trasporto è sicuro?
Sappiamo che bar e ristoranti devono seguire norme e ispezioni molto severe, ma cosa succede quando le pietanze escono dal locale diretti verso le nostre case? «Ad oggi non esiste una normativa verticale che disciplini il food delivery; solo la regione Veneto durante il lockdown ha emanato alcune linee guida vincolanti per il proprio territorio» spiega Serena Pironi, tecnologa alimentare e Moca Specialist.
In tempi di pandemia, va da sé che la nostra preoccupazione numero uno è il contagio. «Appena il rider consegna la busta, è bene tenere l’imballo esterno fuori dalla sala da pranzo, buttarlo nella spazzatura e igienizzare la superficie dov’è stato appoggiato. Dopodiché bisogna lavare accuratamente le mani con acqua calda e sapone o, in alternativa, un gel igienizzante». Non sapendo dove sono stati i contenitori né chi li ha toccati, è buona norma travasare il cibo: ci toccherà lavare un piatto in più, ma ci guadagneremo in sicurezza.
Scegliere i materiali giusti
Poi entra in gioco un’altra questione, garantire che la pietanza arrivi a destinazione in condizioni igienico-sanitarie ottimali. La regola di base che gli esercenti devono seguire è una: «Scegliere i Moca (materiali e oggetti a contatto con gli alimenti) che siano idonei al contatto con quella specifica pietanza e resistano alle temperature di stoccaggio e di trasporto. L’alluminio, ad esempio, non va d’accordo con i cibi acidi, le plastiche invece non sono tutte idonee al contatto coi grassi», continua Pironi.
Ma come facciamo a capire se la confezione che ci viene recapitata dal nostro ristorante preferito è quella corretta? Se avanziamo qualcosa, possiamo tenerlo da parte? Serena Pironi viene in nostro aiuto passando in rassegna le 10 cucine più ordinate in Italia secondo l’Osservatorio di JustEat e condividendo con noi delle vere e proprie “istruzioni per l’uso”.
I consigli da applicare a casa
Pizza
Compagna irrinunciabile delle serate conviviali e delle partite di calcio in TV, la pizza è l’autentica regina della tavola degli italiani. «Le normative vietano i cartoni riciclati perché, con il calore della pizza, potrebbero rilasciare sostanze potenzialmente dannose. Un cartone a norma è contrassegnato dalla scritta ‘per alimenti’ o dal simbolo di idoneità alimentare e, se stracciato, all’interno dovrebbe essere di colore bianco o avana. Questi requisiti però non garantiscono al 100% che il materiale sia sicuro», spiega Pironi.
Visto che le sostanze migrano con il calore, riscaldare la pizza mettendola in forno dentro il suo cartone è una pessima idea: dovremmo liberarci anche dall’abitudine di mangiarla nel cartone, perché rischiamo di portarne alla bocca qualche piccolo frammento.
Hamburger
Merita un po’ di attenzione anche l’hamburger, secondo in classifica, perché arriva caldo ed è costituito da un mix di ingredienti acidi, grassi e acquosi. Il contenitore può essere in carta o multistrato con alluminio, purché a contatto con l’alimento ci sia una materia plastica. «Tassativo che ci sia un contenitore separato per le patatine, sia perché contengono più sostanze grasse, sia perché – a differenza del panino – devono rimanere croccanti», continua la Moca Specialist.
E se l’abbiamo ordinato ma, per vari motivi, decidiamo di tenerlo da parte per il giorno dopo? «Di base, un hamburger andrebbe consumato entro mezz’ora o poco più, sia per mantenerne il sapore sia per evitare la proliferazione di microrganismi. In alternativa, dovremmo raffreddarlo rapidamente (non in frigo, ma magari in un contenitore immerso in acqua fredda e ghiaccio) per poi riscaldarlo bene al cuore prima del consumo».
Sushi
Non sarà parte della nostra tradizione, ma il sushi negli ultimi anni ha conquistato tutti o quasi, tanto da ritrovarsi sul terzo gradino del podio. Per gustarlo senza pensieri, innanzitutto, dobbiamo affidarci a un ristorante di fiducia che abbia seguito scrupolosamente le norme igieniche, abbia eseguito il trattamento di bonifica contro il parassita aniskis e l’abbia refrigerato immediatamente.
«La catena del freddo non va mai interrotta. Se il sushi ci arriva nella stessa busta di un piatto caldo, corriamo ai ripari», commenta Pironi. Se ne abbiamo ordinato troppo, possiamo conservarlo in un contenitore coperto nel ripiano più freddo del frigorifero, a patto però di consumarlo al pasto immediatamente successivo.
Cinese
Appena fuori dal podio troviamo un’altra cucina etnica, stavolta quella cinese. A caratterizzarla è un largo uso di salsa di soia (salata), aceto di riso (acido) e altre salse, che possono risultare aggressive per i contenitori in alluminio o in carta. «I materiali più inerti sarebbero vetro o acciaio inox, ma non si prestano all’usa e getta. La plastica è adeguata ma solo per il tempo strettamente necessario», puntualizza la Moca Specialist, invitandoci a travasare in un piatto la nostra porzione di noodles o maiale in agrodolce.
Pollo
Per l’assenza di acidità e la presenza di grassi, il tradizionale pollo arrosto si presta a essere confezionato nell’alluminio, ma solo se non ha sale in superficie. Bene anche alcune plastiche, purché non contengano Pvc.
Panini
«Il contenitore in cartone per panini può essere smaltito nella carta solo se è perfettamente pulito; se resta unto o contiene residui, va nel bidone dell’indifferenziata», specifica Serena Pironi.
Dolci
Il vero confort food del lockdown di aprile-maggio 2020 è stato il gelato; complici le giornate calde e soleggiate, gli ordini su JustEat sono aumentati del 110%. Scegliamo però una gelateria vicina a casa: «Un tempo di trasporto inferiore ai 20 minuti assicura il rispetto della catena del freddo, evita lo sviluppo di patogeni e mantiene cremoso il gelato», avverte Serena Pironi.
Se lo avanziamo, ricordiamo che un prodotto artigianale è molto più delicato di quello industriale. «Se non si è già sciolto, possiamo metterlo in freezer solo una volta e consumarlo entro qualche giorno. I cicli di congelamento e scongelamento favorirebbero il suo deterioramento microbico e chimico».
Se invece vogliamo concederci una ricca colazione domenicale a base di croissant, teniamo presente che quelli farciti con marmellata, miele e Nutella sono i più sicuri a livello igienico-sanitario.
Pokè
Fino a qualche anno fa era un perfetto sconosciuto, oggi il pokè continua la sua marcia trionfale con una crescita degli ordini pari al 133% anno su anno. «In termini di sicurezza valgono le stesse indicazioni valide per il sushi: rispetto rigoroso della catena del freddo, niente avanzi lasciati in frigo troppo a lungo, evitare il contatto tra l’alluminio e le salse molto salate».
Messicano
Dichiarata ufficialmente patrimonio Unesco, la cucina messicana spopola anche in Italia. Nel 2020 i nostri connazionali hanno ordinato su JustEat circa 8mila kg di tacos (+40% rispetto all’anno precedente) e 16mila kg di burritos (+20%).
«I contenitori più adatti sono quelli multistrato con coating plastico - spiega Pironi - Attenzione alle salse: se sono in monoporzioni devono stare a temperatura ambiente, se invece sono fatte dal ristoratore vanno refrigerate».
Greco
In chiusura della top 10 troviamo un’altra new entry, la cucina greca. «Gli alimenti che contengono tanti ingredienti, come la pita greca, il kebab o l’hamburger, hanno caratteristiche similari. È compito del ristoratore scegliere il materiale idoneo, è compito nostro verificare ed evitare gli sbalzi caldo-freddo».
Serve una norma verticale sul food delivery
«Il fatto che manchi una norma verticale sul food delivery fa pensare e, lo dico da addetta ai lavori, andrebbe affrontato. La consapevolezza dei consumatori può fare la differenza, perché lancia un segnale sia all’esercente che al legislatore - conclude Serena Pironi - Ormai siamo abituati a dare i voti a qualsiasi cosa: la bontà del piatto, l’efficienza della consegna, la cortesia del rider. Perché non introdurre anche un rating di qualità e sicurezza per i ristoranti?».
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Alberto Lupini
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