Nutriscore e Cancer plan: l’Europa fa arrabbiare i produttori di vino

Le associazioni di categoria contro la proposta di modificare l’algoritmo del sistema di etichettatura dei prodotti alimentari che qualificherebbe come pericolose le bevande alcoliche. L’altro aspetto in discussione è la prossima votazione in Commissione europea del Piano di azione per limitare le cause del cancro. Tra di esse per l'Ue ci sono anche gli alcolici

07 febbraio 2022 | 17:33
di Martino Lorenzini

Levata di scudi delle associazioni che tutelano la categoria vitivinicola italiana contro la proposta di modificare l’algoritmo di Nutriscore, il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari, nato e sviluppato in Francia, pensato per semplificare l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso l'utilizzo di due scale correlate (una cromatica, divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, e una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E). Nello specifico Federvini, Unione italiani vini (Uiv), e Cia-Agricoltori italiani hanno sonoramente bocciato la proposta del suo ideatore, il nutrizionista e docente Serge Herchberg, di marchiare le bevande alcoliche con una nuova lettera, una F in campo nero, ovvero con la più allarmistica delle classificazioni. Per i tre sodalizi Nutriscore vuole demonizzare le bevande alcoliche. Un sistema che già in passato ha "condannato" l’Italia e i suoi prodotti tipici, come il Parmigiano, la mozzarella e il prosciutto di Parma.

Ma non solo, oltre a questo problema c'è anche quello legato alla prossima votazione a cui è chiamata la Commissione europea. Il 15 febbraio dovrebbe infatti arrivare la votazione del Cancer plan, il Piano di azione per la lotta contro il cancro che annovera anche il vino tra i prodotti da non consumare. Anche in questo caso i sodalizi di categoria, pur ritenendo giusto redigere l'atto, vogliono emendarlo affinché il consumo di vino non sia equiparabile, per esempio, al fumo di sigaretta.

 

Le associazioni vitivinicole insorgono contro la proposta di modificare l’algoritmo di Nutriscore per le bevande alcoliche

Stupore e sconcerto, queste le sensazioni provate dalle associazioni italiane di categoria legate a mondo produttivo delle bevande alcoliche e in particolare dei vini sulla recente proposta di Serge Herchberg, il nutrizionista e docente universitario, ideatore di Nutriscore, il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia pensato per semplificare l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare, di abbinare alle bevande alcoliche la lettera F in campo nero, ovvero la classificazione peggiore dal punto di vista della pericolosità per la salute umana. In particolare Federvini, l’Unione italiana vini, Cia-Agricoltori italiani e il Consorzio del vino nobile di Montepulciano. I sodalizi sono insorti perché in questo modo si finisce per criminalizzare anzitutto il vino, senza distinguere tra consumo e abuso e danneggiando prodotti di qualità e della tradizione.

«Abbiamo appreso con stupore e sconcerto il tentativo di voler applicare nel peggior modo possibile un sistema discriminatorio, penalizzante e fondamentalmente sbagliato come il Nutriscore anche alle bevande alcoliche», ha dichiarato Micaela Pallini, presidente di Federvini - Prima di tutto è un affronto all’intelligenza dei consumatori, oltre a rappresentare uno schiaffo per un comparto che rappresenta, da secoli, non solo una ricchezza economica, ma soprattutto un modello di vita e di civiltà. Etichettare in rosso, o addirittura in nero come nel nostro caso, un cibo o una bevanda, significa mettere alla gogna e criminalizzare un prodotto senza associarlo alle modalità o alle occasioni di consumo». E alle sue parole sono seguite quelle di Albiera Antinori, presidente del Gruppo vino dell’associazione: «È l’ennesima espressione di una vera e propria crociata insensata e irresponsabile verso un comparto italiano fatto di prodotti agricoli di qualità, di unicità, di denominazioni di origine e ci lascia perplessi e preoccupati. Ci auguriamo che i rappresentanti delle nostre istituzioni ci difendano in maniera forte e chiara». Ad alimentare il fuoco della polemica ci si è messa anche Cia-Agricoltori italiani: «Le indicazioni in etichetta devono essere chiare ed oggettive, finalizzate a informare e non a condizionare le scelte alimentari - ha dichiarato l’associazione - Così, invece, si creano più danni che benefici, confondendo i consumatori e penalizzando erroneamente l’agroalimentare tipico e di qualità, a partire dal Made in italy. Questo sistema mette in discussione i valori della nostra Dieta mediterranea, patrimonio dell’Unesco, proprio perché combina il corretto stile di vita con un’alimentazione sana e diversificata, basata su un legame unico con i territori, la loro cultura e le loro eccellenze».

La posizione del Ministero delle politiche agricole sul Nutriscore: «Cosa ne pensa il presidente francese?»

Tra i primi a lanciare l'allarme, nel fine settimana era stato il sottosegretario alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, puntando il dito contro la Francia, la nazione dove è stato ideato e realizzato il Nutriscore.

«Vorrei sapere cosa pensa il presidente francese Emmanuel Macron è d'accordo con questa decisione? - ha premesso Centinaio - Neanche un mese fa aveva firmato un elogio del vino, definendolo parte integrante dell'essere francesi e inscindibile dalla loro arte di vivere. Il capo dell'Eliseo ha anche ricordato come sia centrale nell'economia con 500mila posti di lavoro diretti e indiretti legati alla filiera e che i francesi oggi bevono meno, ma meglio. Il vino in Francia come in Italia è espressione di cultura e dei territori ed è parte della Dieta mediterranea. Ne va promosso il consumo moderato e consapevole e non va discriminato in modo ottuso».

 

 

Oltre a Nutriscore sul tavolo c’è anche il voto europeo sul Cancer plan che potrebbe mettere al bando il vino

Oltre alla questione Nutriscone c’è anche quella legata a un’importante decisione che dovrebbe prendere il Parlamento nei prossimi giorni legata al cosiddetto Piano anticancro (o Cancer plan) che l’Unione adotterà per arginare il male del secolo. Nel report il vino è protagonista in negativo. Nel rapporto, infatti, è scritto che «non esiste una quantità sicura di consumo di alcol». Per l'Unione italiana vini (Uiv), se il Parlamento votasse il testo senza emendamenti il «15 febbraio a Strasburgo andrà in scena l’inizio della fine del vino italiano», ha dichiarato il segretario generale di Uiv Paolo Castelletti. Il voto porterebbbe infatti a una serie di conseguenze, etichette con alert sanitari, limitazioni sulla pubblicità, divieto di sponsorizzazione di eventi sportivi, aumento della tassazione, revisione della politica di promozione, «una voce quest’ultima che da sola vale oltre 100 milioni di euro l’anno per le attività delle imprese italiane - ha ripreso  Castelletti – Da parte nostra riteniamo doveroso redigere un piano anticancro, ma dall’altra il report della Commissione, a oggi sul tavolo dei votanti, è un mandato in bianco per equiparare la bottiglia di vino a un pacchetto di sigarette». Sulla stessa linea d’onda si è mosso anche il Consorzio del vino nobile di Montepulciano, per bocca del suo presidente Andrea Rossi: «Siamo d’accordo che l’abuso di alcol sia da combattere, ma sbagliato equiparare questo al consumo corretto di vino, che tra l’altro viene assimilato nel documento al rischio che dà il fumo; a questo proposito siamo ovviamente disponibili a farci parte di una comunicazione contro gli abusi di alcol, ma deve partire in maniera congiunta proprio dall’Unione Europea, la stessa che ogni anno ci aiuta con l’Ocm (l'Organizzazione comune di mercato) a promuovere il nostro vino in tutto il mondo».

Il settore vitivinicolo in Europa da solo vale 2,5 milioni di aziende e 3 milioni di posti di lavoro

Le associazioni di categoria non capiscono come l'Europa voglia mettere in difficoltà un comparto che «tiene vive le comunità locali e che mantiene in attivo la bilancia commerciale dell'Unione - ha spiegato Castelletti, di Uiv - Un settore che in Europa vale 2,5 milioni di aziende con circa 3 milioni di posti di lavoro diretti e sempre più all'avanguardia nelle pratiche ecosostenibili».

 

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Alberto Lupini


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