Il Rapporto, nella sezione “consumi in casa” rileva che in una giornata tipo il tempo che si dedica alla cucina è di 37 minuti, mentre quello che si dedica al consumo dei pasti è di 29 minuti. Meno di mezzora sommando pranzo e cena. Un terzo dato: quasi la totalità del campione intervistato si dichiara molto ed abbastanza d’accordo sul fatto che “la nostra salute ed il nostro benessere dipendono da ciò che mangiamo”. Per il 60% degli intervistati “salutare” è la caratteristica più importante che un alimento deve avere.
Dati che sembrano creare un paradosso, della serie “presto e bene”. Insomma, gli italiani a pranzo e a cena non hanno né tempo, né voglia di cucinare e di stare seduti a tavola, tuttavia pretendono che quello che mangiano sia buono, ma soprattutto salutare.
Lecito pensare che soddisfare questa necessità sia possibile solo consumando tra le mura domestiche soprattutto piatti che arrivano a domicilio, oppure acquistati in modalità take away o comunque portati a casa già pronti.
La discriminante tuttavia è che il cosiddetto “take away” sia di qualità, il consumatore vuole essere certo che quel piatto sia salutare e cucinato coi sacri crismi della cucina italiana. Di qui l’ipotesi che l’acquisto di un piatto pronto non possa che avvenire in un ristorante. Ma il ristorante di oggi è pronto a soddisfare una richiesta così “futurista”?
Forse sì in qualche isola felice, ma più probabilmente no. E allora è necessario che il ristoratore di oggi si aggiorni e crei un locale d’avanguardia che offra il servizio di cibo d’asporto, munendosi prima di tutto di quei servizi che rendono facile la prenotazione al consumatore. E quindi app e quindi comunicazione e quindi pubblicità efficace, anche a suon di influencer, per farsi conoscere e, successivamente, apprezzare.
Il settore del “fuoricasa” tuttavia non sta morendo e va coltivato. La spesa delle famiglie per consumi alimentari fuori casa è stata nel 2018 appena conclusosi di 85 miliardi di euro. All’incirca il 36% della spesa alimentare totale. Di questi 85 miliardi, all’incirca la metà, 43 miliardi, costituiscono il valore aggiunto. E fin qui diciamo che siamo in una situazione fisiologica. La nota dolente è data dalla produttività. È una produttività bassissima che molto svela circa il reale (non apparente) stato di salute della ristorazione. Sì, stiamo parlando di circa 17 euro per ora lavorata.
È un dato aggregato, dentro c’è di tutto, se andassimo a segmentare vedremmo ben altro. Sì, diciamo che siamo d’accordo ed allora compiamo un azzardo, ma dobbiamo essere consapevoli che di azzardo si tratta. Ci pilotano buonsenso ed esperienza ma non ci supportano, in quanto non ne disponiamo, i dati disaggregati. Dunque, azzardiamo che se tenessimo sotto lente solo la ristorazione di qualità, la produttività sarebbe raddoppiata e parleremmo allora di 34 euro per ore lavorate. Cambia qualcosa nel senso che lo status cessa di essere preagonico, ma di certo non siamo andati a posizionarci nel quadrante del benessere. Si sopravvive agevolmente, ma non si vive brillantemente e non si hanno i mezzi e forse neanche la voglia per investire.
E allora? Sovvengono aiuti? Diciamo che sovvengono aiuti a chi sa coglierli ed a chi si prodiga per duttilmente riposizionarsi a fronte dell’evolvente scenario. Il primo aiuto, e chiudiamo il cerchio, è quello che proviene dall’analisi dei consumi in casa. Ristorante inteso come fornitore di fiducia, a pranzo ed a cena. È, lo si ribadisce, allinearsi e adeguarsi ad nuovo scenario a sua volta frutto di emergente lifestyle soprattutto per i Millennials e la Generazione Z, ma non può essere una soluzione soddisfacente e completa. Il grosso della soluzione, piaccia o meno, sta nel divenire fruitori consapevoli delle nuove tecnologie che la società digitale, e per essa la rete, rendono disponibili. E ciò sia per il back-office che per il front-office.
Adoperarsi con strumenti adeguati affinché si possa essere attrattivi in tutti i giorni di apertura e non fare affidamento solo sul sold-out del fine settimana. A fronte di quel costo fisso che è l’allestimento di una cucina e di una sala, ampliare le ore di apertura sapendo coerentemente, in funzione delle fasce orarie, variare l’offerta. Minimizzare i tempi della gestione di un’attività, dimenticando lungaggini dettate dalla burocrazia e conti fatti con carta e penna, ma servendosi - ancora una volta - di quello che la tecnologia può dare, “presto e bene” appunto. Sì può già fare tutto questo? Siamo ragionevolmente certi che sì può fare, armandosi di professionalità e competenza. Sì deve fare? Sì, senza dubbio, si deve. E se non lo si fa? Forse non si muore, ma diventa una lunga e faticosa lotta per la sopravvivenza.