Notti romane addio... I gestori vedono un futuro nero
Anche a Roma le rigide restrizioni alla movida imposte dall'ultimo decreto (che dovrebbero ulteriormente inasprirsi) faranno soffrire ulteriormente i cocktail bar e i locali di fascia notturna
E se le misure di controllo prima erano abbastanza soft - come aveva promesso il prefetto Matteo Piantedosi - ora sarà più difficile comportarsi irresponsabilmente, con lo spauracchio del verbale: da 400 a mille euro per le persone e la chiusura del locale. Misure che sembrano facciano più effetto del timore del contagio. Ma come la pensa chi ha investito tutto su un esercizio e sull'accoglienza e che aveva sperato nell'autunno per una ripresa, nonostante il vuoto di cassae l'incertezza sul futuro dei dipendenti? E se l'ultimo decreto, valido vino al 13 novembre dovesse essere prorogato o, ancora peggio, se fosse in vista un nuovo lockdown?
ORO WHISKY BAR: IL NUOVO DECRETO È UN DANNO ENORME
Più che i ristoranti, poco frequentati dopo la mezzanotte, i più colpiti dal provvedimento del 12 ottobre sono i locali della notte, come i cocktail bar che aprono in alcuni casi proprio all'ora in cui invece dovrebbero chiudere. Ne parliamo con Andrea Fofi, titolare dell'appena inaugurato Oro whisky Bar di Viale Giotto, alla Piramide Cestia, che è anche direttore artistico del Roma Bar Show e del Roma Wisky Festival. «Questo dpcm - ci ha detto- ai cocktail bar e ai locali di fascia notturna - fa un danno enorme che si somma a quello già subìto nei mesi scorsi. Il Covid non uccide soltanto la notte. Gli assembramenti ci sono soprattutto di giorno, nelle strade, nei mezzi pubblici, non certo in un club dove si va per rilassarsi, per bere qualcosa, e dove il distanziamento è rispettato e fatto rispettare. E poi non si possono escludere futuri provvedimenti regionali ancora più restrittivi di questo del governo. Il decreto ci ha stroncato ma restiamo positivi. Con grande sforzo siamo riusciti ad aprire due settimane fa l'Oro, dopo infiniti rinvii. Doveva essere un locale per il dopo cena, aperto fino a tarda notte, ma ora siamo stati costretti ad anticipare l'orario, almeno per tutta la durata del decreto. Quindi dalle 19 puntiamo agli aperitivi con un pairing abbinato alla nostra specialità che è soprattutto il whisky, miscelato o non. Offriamo ostriche e formaggi erborinati, collaborando con chef per mantenere alta la qualità. I clienti sono diminuiti ma vengono perché il locale nasce da un percorso importante come il Roma Wisky Festival e da una storia fatta di persone come Pino Perrone, mio socio anche nel Festival e del Wisky&Co di Via Margutta, e come Daniele Gentili, il nostro bar manager con una esperienza ultraventennale».
THE JERRY THOMAS SPEAKEASY: ABBIAMO AVUTO IL COLPO DI GRAZIA
CHIOSCO DI SAN LORENZO: SPIRITO DI SACRIFICIO E FIDUCIA
Ma c'è anche chi aspetta con fiducia una normalità, con ottimismo e spirito di sacrificio. È Pier Quarto, del "Chiosco" di San Lorenzo, un quartiere popolare da qualche anno diventato di moda. «Nonostante i tavolini all'aperto e la vicinanza del parco – dice - il lavoro è molto diminuito ma si deve andare avanti. Prima chiudevamo all'una di notte ma con il nuovo decreto dovremo anticipare. Certo, questo ha provocato un certo sconcerto tra i nostri clienti, ma più per la prospettiva di una diffusione del virus che per la riduzione dell'orario. I nostri affari peggiorano, ma se questo può servire a contenere la pandemia lo accettiamo perché siamo parte di una società. Da parte nostra osserviamo tutte le regole del distanziamento sociale e della sanificazione – dice - ma dobbiamo continuamente controllare che tutti portino la mascherina. Soprattutto i più giovani tendono a ignorare le misure di sicurezza, ma piano piano cresce comunque la loro sensibilità al problema». Meno clienti, dunque, ma al "Chiosco" resta la soddisfazione del gradimento della qualità offerta: cartocci di fritti, supplì, pizzette, salumi, panini che prepara il gastronomo, una vasta scelta di bevande e si fanno anche i pop corn in diretta.
OSTERIA FRATELLI MORI: È UNA DISFATTA GENERALE
Abbastanza moderate sono state le reazioni dei ristoranti alla nuova stretta perché la maggior parte dei clienti a mezzanotte hanno lasciato il locale e le cucine chiudono. Alessandro Mori dell'"Osteria Fratelli Mori" accetta le nuove disposizioni pur ammettendo la disfatta generale della ristorazione e il danno subìto dal locale che gestisce con il fratello Francesco e la mamma, tra il Testaccio e l'Ostiense. «All'inizio del lockdown, è stata durissima – dice - più di quando avevamo aperto 15 anni fa. E difficile è stata la riapertura. Solo con la concessione dei tavolini all'esterno le cose sono un po' migliorate e ora vanno abbastanza bene perché la gente ha riacquistato fiducia. Ma viene solo di sera, perché a pranzo il locale è deserto con un fatturato diminuito del 75% rispetto a prima. Per fortuna i nostri clienti continuano ad apprezzarci per la cucina della tradizione romana ma certamente a soffrire più di noi sono i locali del centro frequentati da turisti e chi lavora fino a notte inoltrata. Questa ulteriore stretta del Governo che anticipa la chiusura a mezzanotte non ci colpisce più di tanto perché di solito prima di mezzanotte i clienti vanno via, forse con qualche eccezione il sabato. Penso però che il nuovo decreto abbia contribuito a diffondere un certo allarmismo, ma non in senso negativo perché le persone più sensibili così sono spinte ad alzare la guardia, a tenere la pressione alta. Se venisse prorogato? Io sono ottimista. Ho fiducia in quello che sta facendo il governo e nel senso di responsabilità delle persone. All'estero, anche con provvedimenti più rigidi, non stanno raccogliendo risultati migliori dei nostri».
ALFREDO ALLA SCROFA: PUNTIAMO SULLA CREATIVITÀ PER REINVENTARCI
Generalmente comunque è il pessimismo a prevalere tra i protagonisti del mondo della ristorazione e dell'accoglienza. Il futuro è un'incognita perché nulla all'orizzonte fa ben sperare in una vera ripartenza, in un sostegno concreto delle istituzioni. Il recovery fund, anche se sarà ben amministrato, non potrà cancellare i costi della crisi e neppure la ricerca frenetica nei laboratori di tutto il mondo, per trovare un vaccino, è ancora in grado di dare fiducia.
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Alberto Lupini