Con il progressivo
passaggio in zona bianca delle Regioni italiane si allentano sempre più le maglie del regime restrittivo che ha imposto la chiusura o la parziale riapertura dei locali pubblici. Una
situazione che giova anche alle sale gioco e sale bingo. Alcune delle quali non riaprivano dall'estate 2020.
Parliamo di migliaia di locali sparsi per tutto il territorio nazionale: circa 50mila esercizi Awp (Amusement with prizes, letteralmente: divertimenti a premi) a cui si aggiungono migliaia di sale scommesse e sale da gioco in generale. Punti vendita la cui chiusura non è pesata solo sulle casse dei singoli imprenditori ma pure su quelle delle Stato che ha registrato un ammanco di almeno 5 miliardi di euro.
Riaprire per contrastare la concorrenza di gioco online e illegale
Le
chiusure, inoltre,
hanno lasciato spazio, da un lato, al gioco online e, dall'altro, a quello illegale. Nel primo caso, si parla di un boom del 40% dell'utenza con un giro d'affari di milioni di euro. Nel secondo caso, soltanto nel 2020 sono state arrestate circa 1200 persone per attività correlate al gioco clandestino: un numero impressionante, oltre il 250% in più rispetto al 2019.
Fenomeni che a maggior ragione richiedono il ritorno all'attività di quelli che a tutti gli effetti sono dei presidi fisici del gioco legale. Come le gaming hall associate a Epg (Esercenti giochi pubblici), l'associazione di categoria nata in seno alla Fipe e con cui condivide, oltre al fatto di rappresentare i pubblici esercizi, anche l'attenzione alla
ristorazione «sebbene
nel nostro caso valga qualcosa come il 5-10% del fatturato di una singola sala bingo o sala scommesse», afferma il
presidente di Epg, Emmanuele Cangianelli.
Il 20% delle sale non riaprirà, ma i clienti affezionati non mancano
Certo, da sola
l'offerta food&beverage delle gaming hall non basta a radrizzare le sorti del settore. Serve che i clienti tornino a giocare in sala. E su questo, il sentiment è positivo: «Il nostro è un settore che vive sui clienti abituali e devoi dire che gli affezionati non vedono l'ora di tornare a giocare. In questi giorni in cui molte sale si rimettevano in moto prima dell'apertura ufficiale al pubblico, molti gestori mi raccontavano che c'era già chi, vedendo un minimo movimento, chiamava per chiedere quando si sarebbe riaperto. Un feedback che aiuta le aziende ferme da ottobre delle scorso anno ormai. Anche se
stimiamo che il 20% non riaprirà oppure avrà difficoltà a garantire la continuità aziendale per difficoltà di ordine finanziario», racconta Cangianelli.
Regole elaborate con Fipe più stringenti di quelle di un ristorante
D'altronde, avendo a che fare con un tema come quello del gioco d'azzardo,
il settore è fortemente regolato e richiede un grado di organizzazione ed efficienza burocratica e finanziaria non irrilevante. Limiti a cui si aggiungono quelli dei pubblici esercizi e, soprattutto, della somministrazione:
«Con l'aiuto di Fipe abbiamo adottato un protocollo molto rigido per il servizio dei clienti. Fortunatamente, rispetto alle regole imposte dai vari decreti e linee guida,
il nostro era già un servizio al tavolo. Inoltre,
rispetto al dibattito che sta montando sulla movida, anche in quelle zone in cui le amministrazioni sono pronte a sottoscrivere delle limitazioni alle attività di somministrazione così da evitare eventuali assembramenti ed episodi di violenza, soprattutto fra i giovani, le sale da gioco sono considerate un presidio di legalità. Tanto che non subiremo possibili restrizioni di orario», commenta Cangianelli.
Solo poche sale possono contare su un'offerta di ristorazione completa
Ma
cosa si consuma all'interno di una gaming hall? «Difficilmente si fa una pasto completo. Nella maggior parte dei casi i clienti ordinano qualche drink e, al massimo, uno snack. Inoltre, solo pochissime sale in Italia possono vantare un'offerta ristorativa ampia, capace di offrire una cena che si avvicini al ristorante. Negli ultimi 20 anni, infatti, le sale bingo sono sorte spesso fuori dai centri cittadini, in location commerciali prettamente leisure come i retail park. Insomma, avevano una destinazione d'uso ben specifica che permane ancora oggi. D'altronde, la parte del leone sul fatturato è quella sul giocato», precisa Cangianelli.
Green pass? «Per l'accesso alle sale puntiamo a normative più tringenti per la selezione dei clienti»
Infine,
il tema del green pass. In attesa di capire quali siano i contorni del suo utilizzo (vedi il tema delle discoteche, degli stadi e dei grandi eventi), le sale da gioco non lo reputano uno strumento necessario per gestire i flussi di clientela: «Pensiamo di poterne fare a meno. Da qui a fine anno, inoltre, ci aspettiamo che il covid ci dia ancora maggiore tregua e che la campagna vaccinale arrivi a toccare una quota di popolazione così ampia da permetterci di vivere serenamente con l'immunità di gregge. Piuttosto, puntiamo a elevare maggiormente la qualità delle sale. Per farlo, stiamo lavorando sugli aspetti normativi. L'obiettivo è quello di selezionare maggiormente il pubblico all'ingresso così da fornire ai nostri clienti l'esperienza di svago che si attendono», conclude Cangianelli.