Non solo enoturismo… I turisti 2.0 sognano l’alpeggio

Le esperienze turistiche legate al formaggio sono in crescita come dimostrano le ricerche in internet e i pacchetti dei tour operator. Da Forme Creative, via al progetto di trekking esperienziali e sinergie tra più enti

21 novembre 2020 | 17:14
Come l’enoturismo insegna, il cibo, in generale, è orami a tutti gli effetti un traino per il turismo. Secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2020, il 48% degli italiani ha fatto, infatti, almeno un viaggio negli ultimi tre anni con questa motivazione. E, addentrandoci un po’ più nei dati il 75% degli italiani ha fatto questo tipo di viaggi solo in Italia, solo l’8% sia in Italia sia all’estero.

Ma soprattutto, novità interessante di questi ultimi anni è che i nuovi viaggiatori gourmet hanno allargato i loro interessi oltre al vino e alle visite in cantina, puntando anche, ad esempio, ai frantoi, alle distillerie, ai birrifici e ai micro-caseifici e alla transumanza.



Alpeggi e micro caseifici: nuova meta del turismo
«Proprio il tema delle esperienze turistiche legate al formaggio è sempre più rilevante ai fini della scelta delle destinazioni e l’analisi del web indica un forte interesse verso i prodotti italiani: Gorgonzola e Parmigiano Reggiano sono rispettivamente al 1° e 3° posto per volume di ricerca tra i prodotti ad Indicazione Geografica nel periodo 2017-2019; Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano figurano tra i trend topic di Internet tra Novembre 2019 e Gennaio 2020 per gli utenti di Stati Uniti, Cina, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito (dati SEMrush) – spiega Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione italiana turismo enogastronomico, Board of Directors World Food Travel Association, Board of Advisor World Gastronomy Institute – Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Scienze del Turismo (SISTUR), in occasione dei Cheese Forum, organizzati da Forme Creative il progetto che da cinque anni si dedica alla valorizzazione e promozione dell’intero comparto lattiero-caseario – Basti pensare, ad esempio che il 70% dei pacchetti turistici di tour operator stranieri include spesso visite ai caseifici».


Roberta Garibaldi

Obiettivo lanciare i trekking delle Vie del Latte
In nome di questa nuova richiesta, Forme ha lanciato un progetto di ampio respiro per la valorizzazione del formaggio come driver turistico e occasione di sviluppo economico del territorio.

Il punto di partenza sono il recupero e la valorizzazione delle Vie del Latte, percorsi storici che trasformati in percorsi di trekking conducano il turista alla scoperta di alpeggi, prodotti, territori e contesti naturalistici unici.

L’obiettivo, attraverso sinergie tra casari, produttori, piccoli e grandi imprenditori e istituzioni locali e nazionali, è diventare un’occasione di salvaguardia e di sviluppo di intere filiere territoriali.

E così, cavalcando intelligentemente le richieste di questi nuovi turisti, essere un traino per la ripresa del turismo, che, non solo per necessità, si delinea profondamente diverso nel post coronavirus.

Proprio nella Bergamasca, Città Creativa Unesco per la Gastronomia e culla di numerosi formaggi famosi al mondo, si stanno studiando e testando questi trekking sperimentali alla scoperta, ad esempio, della produzione e dei territori storici dello Strachitunt Valtaleggio, del Taleggio del Bitto, degli Stracchini all’antica, del Formai de Mut o dell’Agrì di Valtorta.

«Si tratta di cammini che ripercorrono la Dorsale orobica e che conducono alla scoperta di alpeggi, musei etnografici, luoghi di arte e di cultura alpina oltre che del paesaggio naturale – racconta Michele Corti dell’Università Statale di Milano, docente di Zootecnia e Presidente del Festival del Pastoralismo – Anzi il nostro obiettivo è costruire la dorsale orobica dei formaggi».

Percorsi che, grazie alle forti basi dal punto di vista storico della conoscenza delle tradizioni oltre che della produzione, creano quello che, oggi si definisce, storytelling e che cattura l’attenzione dei turisti.

Servono sinergie per costruire lo storytelling dei formaggi
Proprio un esempio di storytelling vincente è stato la nascita del consorzio Consorzio Tutela Strachítunt Valtaleggio che ha portato al successo nella valorizzazione di questo importante formaggio.

Il presidente Alvaro Ravasio ha messo in luce i passi avanti fatti per la valorizzazione del settore, come la crescente attenzione dei cittadini comuni e delle istituzioni locali e nazionali, suggerendo però la necessita di «un maggiore coinvolgimento di giovani o imprenditori, anche di settori diversi da quello caseario, che possano dare spunti, idee, fondi e che stanno investendo, ad esempio negli alpeggi, nei micro caseifici o nell’allevamento». Con l’obiettivo di creare un sistema a 360 gradi che attiri e soddisfi le curiosità e le nuove idee di esperienze di viaggio.

L’esempio dei musei interattivi
Ne è un esempio il Museo interattivo del formaggio nato ad implementare il punto vendita del Caseificio Capriz a Vandoies (Bz) in Val Pusteria. Thomas Demetz ha sottolineato come «rendendo emozionale il formaggio, il cliente acquista più volentieri il prodotto», specificando anche quanto sia imporrante avere un forte collaborazione con «le aziende di soggiorno e con gli alberghi che sono i nostri moltiplicatori, suggerendo spesso le attività da fare oltre alle gite in montagna, o con le aziende di pullman. Per un museo che nasce ora, suggerirei di renderlo ancora più interattivo e di non dividerlo dal negozio, ma fare in modo che museo e punto vendita siano ancora più integrati».


Thomas Demetz

Importante formare nuove figure trasversali
Cambiamenti nei consumi, nelle esigenze, nei desideri che le aziende casearie devono cogliere per valorizzare al meglio i lori prodotti come suggerisce anche Valeria Annoni, ABF Bergamo, responsabile Servizi per le aziende – Apprendistato, che sottolinea come «l’acquisizione continua di nuove competenze e professionalità sia una leva strategica e competitiva che permette alle imprese e alle persone di emergere e di differenziarsi sul mercato».


La rete tra le aziende del settore, le associazioni, le università, le scuole e le istituzioni formative

Da qui il progetto di formare una figura nuova, dei tecnici della filiera lattiero casearia che mettano in correlazione le aziende e la domanda e di creare un Paterniato, una vera e propria rete tra le aziende del settore, le associazioni, le università, le scuole e le istituzioni formative.

Come conquistare il turista enogastronomico oggi
Anche perché per conquistare il turista enogastronomico oggi non basta solo il cibo: «Il turista enogastronomico è un turista eclettico che vuole vivere tipologie diverse di viaggi legati al food, ma che non disegna esperienze di altro tipo, dallo shopping alla cultura», aggiunge Roberta Garibaldi.

Fondamentali, dunque, le sinergie sul territorio come nel caso di Bergamo, città creativa per la gastronomia e i formaggi con patrimi Unesco, primi fra tutti le Mura venete. Per Monica Resmini del Museo delle Storie di Bergamo: «Le Mura di Bergamo sono un punto di osservazione privilegiato per altri panorami che non sono solo fisici, ma di saperi, conoscenze, abilità tecniche, militari, di esigenze, di opportunità».

Il patrimonio immateriale e immateriale della transumanza
Così come le Mura di Bergamo, anche la transumanza è, dal 2019, patrimonio immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento che, come ha ricordato Alberto Gottardi, vicepresidente del progetto Forme durante il Cheese forum online “Transumanza Patrimonio Unesco / Alpfoodway Candidatura Unesco” interessa tre Stati (l’Italia, l’Austria e la Slovenia) ma che nel dossier «cita la Lombardia e nello specifico le Provincie di Bergamo e Brescia, terra di bergamini (popolo di grandi allevatori e produttori di formaggi, ndr)». Sottoposto a candidatura, invece, Alpfoodway, progetto che raggruppa più Stati (Italia, Germania, Svizzera, Austria e la Slovenia) e ha come scopo lo studio delle tradizioni alimentari dell’arco alpino.

Ed è proprio al prodotto principe della tradizione alpina, il formaggio, che è legata, appunto, la transumanza: spostare gli animali alla ricerca dei pascoli migliori significa ottenere prodotti la cui qualità è fortemente unita a quella del pascolo, alla grande ricchezza di specie botaniche che esaltano le componenti salutistiche e sensoriali del formaggio finito.

Ma non solo, formaggio e transumanza diventano le chiavi per la costruzione di itinerari culturali e gastronomici che si snodano attraverso i paesaggi rurali storici, i luoghi di produzione artigianale, riproponendo quelle relazioni tra città e montagna, tra pianura e montagna, raccordando pascoli, itinerari, luoghi di stagionatura, centri tradizionali di fiere e mercati.


Michele Corti e Alberto Lupini

«Oggi la transumanza sta tornando grazie a coraggiosi imprenditori – spiega Alberto Lupini, giornalista, economista, storico della gastronomia. Direttore di Italia a Tavola – Non sarà la soluzione per il sistema, ma farà la differenza in qualche modo».

Sono molte le tradizioni casearie legate alle migrazioni periodiche del bestiame da latte nell’ambito delle catene montuose e tra queste e le pianure. Un fenomeno storicamente legato alle tante catene montuose (Alpi, Carpazi, Pirenei, …). Questo sistema, praticato tra le Alpi e la Pianura Padana a Sud (ma anche in Svizzera verso i fondovalle), ha diffuso, in aree pedemontane e di pianura, le tecniche di caseificazione elaborate nel corso di un’evoluzione millenaria sui pascoli di montagna.

«La forma più antica di transumanza è probabilmente quella di Uruk in Mesopotamia nel 5mila a.C. – ricorda Michele Corti – legata appunto alle tradizioni lattiero casearia – La transumanza oggi è legata, in particolare ai bovini da latte e degli ovini in Sardegna. Tra le transumanze più famose quella, appunto, dei bergamini (bergamaschi, bresciani) che nei loro spostamenti raggiungevano anche l’Emila, culla del Grana, e il Veneto».

Lo stesso Grana, appunto, è legato storicamente alla transumanza ed è frutto di un’innovazione introdotta dai malghesi transumanti medievali. Alla transumanza sono legati i poi i più importanti formaggi del Nord e del Sud Italia (al Nord i vari Raschera, Bra, Asiago, Montasio, Gorgonzola, Taleggio, Quartirolo, Bitto, Formai de Mut), al Sud il Caciocavallo.

La storia di una mandriana molisana
E dal sud proviene un saldo esempio di tradizione, dedizione e attaccamento alle radici: Carmelina Colantuono, mandriana molisana, tra i principali sostenitori della candidatura Unesco di questa antica pratica: «Da quattro generazioni portiamo avanti questa tradizione. Noi abbiamo sempre fatto allevamento allo stato brado e la transumanza, conservando anche una razza autoctona, la podolica. La nostra è una transumanza di tipo orizzontale, perché ci spostiamo da una zona di montagna a circa 1400 metri a una zona di pianura sul Gargano tra i 100 e i 400 metri sul livello del mare. La facciamo due volte all’anno, e quando mio padre e mio fratello hanno smesso di farlo, siamo subentrati io, i miei fratelli e i miei cugini. La nostra forza è essere una famiglia patriarcale allargata. Il viaggio dura quattro-cinque giorni per circa 180 chilometri di tragitto. Utilizziamo gli antichi tratturi (“strade” dei pastori, ndr), alcuni dei quali come in Molise ancora integri, Durante il nostro viaggio, un mini giro d’Italia a tutti gli effetti, che attraversiamo due regioni, tre province e venticinque comuni, ai quali dobbiamo chiedere l’autorizzazione come l’aiuto delle forze dell’ordine. La cosa bella di questi ultimi anni è che se 30 anni fa mio padre non trovava una persona disposta ad aiutarlo durante la transumanza, adesso abbiamo tantissima gente che vuole venire a fare questa esperienza con noi, anche se noi non ne abbiamo fatto un prodotto turistico. Abbiamo avuto persone che sono venute dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Germania, dalla Grecia. A seguito anche della risonanza che abbiamo avuto anche a livello internazionale, ora ci sono alcune aziende che fanno la transumanza con le pecore anche a livello turistico e arrivano tantissimi turisti».


La transumanza di Carmelina Colantuono

Un valore quello della transumanza riconosciuto anche dall’Unesco che l’11 dicembre 2019, dopo anni di impegno e di sollecitazioni a vari livelli, la finalmente iscritta nella Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Un riconoscimento fondamentale a un “bene” che in effetti non è solo “immateriale” ma anche materiale e tangibile nella qualità del formaggio stesso e per l’economia in generale. Perché afferma Roberto Rubino, presidente Associazione Anfosc – Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, «la transumanza non è solo poesia, perché i prodotti della transumanza (formaggi e carne) sono poi, in concreto, di livelli superiori rispetto agli animali alle stalle».

Valorizziamo la dieta alpina
E proprio intorno a questi cibi, che rappresentano la “dietaalpina, che ruota il progetto AlpfoodWay, oggi oggetto di una candidatura transnazionale Unesco, e che vanta, di fatto, testimonial importanti come lo chef Norbert Niederkofler: «Noi vogliamo partire da chi si occupa di filiere produttive, dalle comunità che hanno conoscenza di pratiche, saperi, abilità che trasmettono alle nuove generazioni, talvolta in contesti difficili. Il nostro progetto prevede la partnership di 14 partner in sei nazioni (Francia, Italia, Svizzera, Austria, Germania e Slovenia) e abbiamo indagato filiere produttive comuni, dove di fatto sono stati individuati tratti e valori culturali simili. Tra gli obiettivi, ad esempio, la valorizzazione dei prodotti di filiera corta che garantisce in termini di sostenibilità. Oggi, un valore più che mai attuale, insieme ad altri come economia circolare, Green deal europeo. Fondamentali per la candidatura Unesco nel patrimonio alimentare alpino».

Non solo “passato”, ma elementi fondamentali per il futuro dell’agricoltura e del turismo
Cultura, storia, tradizioni, natura, paesaggio ma anche salvaguardia dell’ambiente e dell’economia, temi più che mai attuali nella situazione di emergenza mondiale. Per Giovanni Malanchini, consigliere segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Lombardia: «è fondamentale capire l’importanza delle potenzialità di eventi e progetti come questi che va al di là della rievocazione storica e della valorizzazione delle tradizioni del territorio e del cibo, ma che sono fondamentali anche per l’agricoltura del futuro».

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Alberto Lupini


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