Rifiutati perché responsabili di genocidio. Non si tratta, però, di criminali, ma di semplici turisti israeliani, ritenuti colpevoli della guerra in corso a Gaza in virtù della propria nazionalità. E per questo non graditi in una struttura del Bellunese. Si tratta di un caso emblematico di come il pregiudizio travalichi il buon senso per approdare alla discriminazione, quando non al razzismo.
Turisti israeliani rifiutati, cosa è successo
L'episodio più recente arriva da Selva di Cadore, in Veneto, dove una coppia di turisti israeliani è stata invitata dal titolare di un hotel a cancellare la prenotazione perché "gli israeliani non sono graditi" in quanto “responsabili di genocidio”. È questo l'assurdo messaggio che una coppia israeliana si è vista recapitare prima del proprio soggiorno in Italia in occasione del ponte di Ognissanti.
Dure le reazioni della politica veneta e della comunità ebraica, a partire dal governatore regionale Luca Zaia, mentre il titolare della struttura, che secondo il Corriere del Veneto avrebbe anche inviato successivi messaggi sarcastici alla coppia, ha deciso di chiudere i profili social della struttura e di rendersi irreperibile, anche se in un post (poi cancellato) avrebbe rivendicato la propria azione e spiegato i aver ricevuto minacce da parte di “enti israeliani”.
Turisti israeliani rifiutati, un fatto che si ripete
A luglio, sempre nella zona e più precisamente a San Vito di Cadore, una famiglia israeliana, composta da genitori e tre figli, ha ricevuto un messaggio offensivo da un host su Airbnb che negava l'ospitalità con la frase: “Potete stare nel vostro forno”. Il messaggio, chiaro riferimento all'Olocausto, era chiaramente gravemente offensivo. In quel caso, però, il titolare si era giustificato adducendo ad un equivoco e secondo Airbnb, la frase incriminata potrebbe essere stata frutto di un errore di traduzione. La risposta, originariamente riferita a un fornello a gas, sarebbe stata inviata alla famiglia per sbaglio.
Turisti rifiutati, il paradosso del pregiudizio politico
Siamo insomma al paradosso del pregiudizio politico dove il sostegno al popolo palestinese si trasforma in discriminazione. Posta la gravità di discriminare i turisti per la propria nazionalità - un atto che non ha alcuna giustificazione -, rimane anche l'assurdità di una posizione come quella assunta dall'albergatore bellunese. Essere israeliani non significa appoggiare automaticamente la politica del Governo di Benjamin Netanyahu, al di là che possa essere condivisibile o meno.
Sarebbe come discriminare a prescindere turisti russi per opposizione al presidente Vladimir Putin, anche se in questo senso dalla Norvegia che dal 29 maggio intendeva introdurre restrizioni per i cittadini russi in risposta alla guerra in Ucraina. L'accesso sarà vietato per turismo o altri motivi non essenziali, con eccezioni limitate a visite di parenti stretti residenti nel Paese. Il ministro della Giustizia, Emilie Enger Mehl, ha sottolineato che la misura riflette il sostegno norvegese a Ucraina e alleati. Preoccupazioni per il controspionaggio e possibili sabotaggi, soprattutto contro aziende che producono armi per l'Ucraina, hanno spinto il rafforzamento delle regole, come indicato dal PST (agenzia di sicurezza interna). E anche altri Paesi sembravano considerare una norma di questo tipo.
Turisti rifiutati, un danno al turismo
Questi episodi, già gravi di per sé, rischiano di trasformarsi anche in un clamoroso autogol per il comparto turistico. In particolare, gli episodi del Bellunese rischiano di rappresentare un duro colpo per l'immagine del Cadore, soprattutto in vista delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, evidenziando l'urgenza di prevenire atteggiamenti discriminatori e tutelare i valori di inclusività e rispetto. Anche perché in quell'occasione in Italia arriveranno turisti da tutto il mondo che, naturalmente, non possono essere discriminati per le proprie origini né essere considerati responsabili delle azioni dei propri Governi.
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Alberto Lupini
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