Montano: Aperti, ma non sereni Economia, rimbalzo da marzo 2022

Torna a parlare il presidente del Mercato Centrale sulla situazione attuale dell'Horeca: ristoratori che hanno resistito e imparato a fare squadra, gente che cerca la normalità ma ha ancora paura La situazione quest'anno è diversa: da una parte la campagna vaccinale galoppa, ma dall'altra la variante Delta fa tremare turismo e Paesi interi

02 luglio 2021 | 05:00
di Marco Di Giovanni

Riaperture, sì. Le limitazioni con l'estate si attenuano. Lo sappiamo: l'anno scorso abbiamo vissuto una situazione simile, per poi ripiombare in un'ulteriore crisi epidemiologica ed economica appena la bella stagione ha ceduto il passo ai più freschi venti autunnali. La situazione quest'anno è diversa, nel bene e nel male: da una parte la campagna vaccinale galoppa, ma dall'altra la variante Delta fa tremare turismo e Paesi interi, e non siamo nemmeno ad agosto. La voglia di libertà c'è, ma la gente non ha smesso di aver paura. Insomma, seppur le restrizioni vengano allentate di netto e la ristorazione e in generale il settore dell'accoglienza riprendano il loro mestiere quotidiano, difficilmente possiamo parlare di serenità ritrovata. La pensa così anche Umberto Montano, presidente del Mercato Centrale.




Avevamo già sentito Umberto. Prima a maggio 2020, quando già la vedeva lunga, preoccupandosi in primis non di come recuperare nell'estate i guadagni persi nei mesi precedenti, ma del modo in cui sopravvivere negli anni a venire. Poi a dicembre 2020, quando ha preso parte nel dibattito "riaprire o non riaprire", propendendo per la seconda, puntando su aperture meno altalenanti, più stabili e durature nel tempo, anche a costo di sacrificare "qualche altro giorno"...

Una normalità ritrovata solo con una serenità riacquisita

Oggi Umberto, con (quasi) tutti i suoi "Mercati" aperti, continua a sostenere quanto già detto ormai più di un anno fa: «Lo dissi già a maggio. Le cose torneranno "normali" quando verrà riconquistata non la sicurezza, ma la serenità, una serenità che non è ancora arrivata. Ora siamo nella fase in cui riapriamo, rantolando tra le macerie, per rimetterci in piedi e superare le difficoltà della pandemia. Perché non è uno scherzo restare chiusi un anno e mezzo. A mio parere sperare che tutto torni come prima, con la serenità del 2019, già a settembre, significa essere ottimisti». Le sedi del Mercato Centrale in giro per l'Italia, tra Firenze, Torino e Roma, sono aperte, sì, ma «le stazioni non le riapro fino a settembre, così come il Mercato Centrale di Milano».

Manca la serenità, manca l'economia di rimbalzo. Diceva, a maggio: «Bene faremmo ad aspettarci poi quel tipico rimbalzo delle economie che escono dalle crisi e vedere così i consumi perfino aumentare, quando ci saremo naturalmente lasciati alle spalle questa crisi». Ebbene, quel poi per Umberto non è affatto arrivato, e non è nemmeno dietro l'angolo. «Quel rimbalzo ce lo aspettiamo nel 2022 inoltrato. Abbiamo ancora le mascherine sul viso, potremmo non tenerle all'aperto ma quasi tutti le tengono ancora. C'è timore, non c'è una ritrovata serenità che è indicatore principale di quell'economia di rimbalzo che agognamo. A parere mio dobbiamo aspettare almeno la primavera del '22». Montano non parla della variante Delta, che già oggi sta destando nuove inaspettate preoccupazioni; si proietta a settembre: «L'autunno porta le incertezze del tempo che muta, lo sappiamo dall'esperienza pregressa dell'estate scorsa. Questo timore incide sui fenomeni di spostamento, che sono dopotutto quelli che permettono alle nostre attività di stare in piedi. In assenza di spostamenti il nostro mondo ne risente».

I tre vertici del triangolo: ristorazione, clientela e politica

Umberto, supponendo la situazione attuale del mondo Horeca sia sintetizzabile in un triangolo con vertici la politica, la clientela e la ristorazione, come credi si stia comportando il ristoratore in relazione alle altre due parti e al sistema tutto?
Il ristoratore ha avuto l'occasione, in quest'anno e mezzo, di avvicinarsi alla mentalità di un agricoltore, di un viticoltore, di un uomo che lavora con la terra. A loro può capitare, senza preavviso, di avere annate pessime. Queste stimolano chi le subisce a farsi più ingegnoso, a fare di più, a dare di meglio. Noi nel campo della ristorazione ci eravamo illusi la nostra fosse solo una parabola ascendente, ma adesso sappiamo che non è così. Ci siamo attrezzati, ci siamo mostrati forti, capaci di reagire ad una situazione di crisi. Abbiamo tenuto duro mettendo in campo ogni idea per dare la forza che la ristorazione italiana stava perdendo. Saper resistere è l'unico indicatore che in questa situazione conta. Ci siamo anche un po' avvicinati, tutti noi del mondo del food business. Più vicini, più solidali tra noi. Avvicinandoci, resistendo, ci siamo accorti che siamo bravi e che meriteremmo di più.

Tra gli strumenti estratti dal cilindro ci sono, in ordine - dal meno al più estremo rispetto alle nostre "vecchie" abitudini -, il take away, la delivery, le ghost kitchen. Tutti fenomeni che stanno prendendo sempre più piede. Come le vedi applicate nella serenità di un domani - speriamo - non troppo lontano?
Personalmente io vorrei continuare a fare, nel modo migliore possibile, quello che ho fatto fino a ieri, reagendo alla pandemia sì, ma senza cambiare attività, piuttosto ottimizzando la mia per fare ancora meglio. Le ghost kitchen sono attività diverse, delle opportunità indubbiamente, ma non sono vera e propria ristorazione. Lì, ad esempio, le problematiche sono altre: il trasporto, il packaging, la shelf-life di un prodotto... Non è un'evoluzione della ristorazione, è proprio un'altra professione. Personalmente io voglio continuare a fare quello che ho sempre fatto: ristorazione italiana. Personalmente non voglio ritrovarmi in un Paese che si convince che la tagliatella portata a casa in una confezione di carta riciclata, seppur bella, sia migliore di un piatto di tagliatelle su di una tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi... Io sono per questa ristorazione italiana, quella della tradizione, qualcosa di inestimabile nel nostro patrimonio di conoscenze. Una ristorazione che non perderà mai il suo appeal, non c'è crisi che tenga. Poi chiaro, questo non significa non adeguarsi al momento o alle esigenze degli ospiti: al Mercato Centrale di Milano abbiamo pensato al servizio di take away o di consegna a domicilio, già prima della pandemia.

E come si comporta la clientela, in questo confuso momento di passaggio?
C'è indiscutibilmente un bisogno esasperato di tornare alla normalità, un bisogno forte, ma caratterizzato da quel titubare tipico di chi è appena caduto e si è fatto male. Un po' come un bambino, che se cade e non si fa nulla ricomincia a correre immediatamente, ma se si fa male... Noi ci siamo fatti male e così il nostro ritorno alla normalità è quello di chi ha subito il colpo: il distanziamento, l'attenzione, la prudenza a cui ci invita costantemente il Comitato tecnico scientifico non mancano. È chiaro ormai che la maggior parte degli italiani seguano queste accortezze con estremo rigore. Personalmente non mi sento di rimproverare nessuno... Potrei farlo con i giovani, in alcuni casi, quelli che può capitare affrontino la vita senza perpercirne i rischi, penso alla mala movida... Ma infondo li capisco anche, non è facile, a quell'età, essere chiusi in prigione. Devo comunque dire che, complessivamente, il pubblico nei Mercati è rigoroso e attento».

E qui chiaramente ci riferiamo agli italiani, anche perché il "pubblico" di cui parliamo è al momento per lo più nazionale... E gli stranieri?
Li vedo con lo stesso spirito, ma ne vedo talmente pochi... Un altro motivo per cui possiamo certamente dire che l'economia di rimbalzo non è assolutamente ancora cominciata: dovremo aspettare gli americani, i turisti dall'Oriente, dall'America Latina. Nelle grandi città italiane, come nelle località stagionali per quest'estate avremo un segno positivo soprattutto per quanto riguarda il turismo interno. Da settembre forse ci sarà un miglioramento, con maggiori afflussi dall'estero... Ma ripeto, per una vera e propria normalizzazione dei flussi turistici dovremo aspettare almeno marzo 2020. Basta pensare che chi si occupa di retail in aeroporti e stazioni parla addirittura del 2024...

Se la normalità sarà, ottimisti nel '22, pessimisti nel '24, ora in che fase ci troviamo?
Siamo nella fase della sostenibilità: ora siamo sostenibili. Significa che aprire abbiamo aperto, accogliere i clienti, li accogliamo, ma dobbiamo avere una gestione delle nostre risorse a dir poco scrupolosa. I numeri della sostenibilità sono arrivati, per quelli del successo dobbiamo aspettare marzo.

Ultimo punto del vertice, la politica. Avevi espresso diversi malcontenti per la mancanza di un tavolo riservato all'Horeca durante il Governo Conte bis. Ora, con Draghi, come vanno le cose?
In generale un imprenditore non può che essere filogovernativo: da ogni Governo deve trarre i suoi vantaggi, i suoi benefici. Devo dire che in questa fase, mi ritegno soddisfatto del Governo Draghi, perché dalla parte della qualificazione professionale.



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Alberto Lupini


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